VARIE 6/12/2013, 6 dicembre 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - LA MORTE DI MANDELA
REPUBBLICA.IT
PRETORIA - I funerali di Stato di Nelson Mandela, l’uomo che ha sconfitto l’Apartheid diventando il primo presidente nero nella storia del Sudafrica, morto ieri all’età di 95 anni, si terranno il 15 dicembre a Qunu, il piccolo villaggio nella provincia dell’Eastern Cape dove "Madiba" trascorse l’infanzia e dove fu iniziato a quella che si sarebbe rivelata una vita difficile e straordinaria. E lì, a Qunu, Mandela sarà sepolto, come desiderava. Il sudafricano Mail & Guardian ha ricordato come "Madiba" abbia lasciato, già 20 anni fa, istruzioni precise: una cerimonia sobria, solo una pietra a segnalare la sua tomba.
Le solenni esequie saranno precedute martedì 10 dicembre da una grande celebrazione nazionale allo stadio di Soweto, dove Mandela fece la sua ultima apparizione pubblica, nell’estate 2010, in chiusura della Coppa del Mondo di calcio. Il programma è stato annunciato dal presidente Jacob Zuma, che ha inoltre indicato in domenica prossima, 8 dicembre, un giorno di preghiera e riflessione per lo scomparso Padre della Nazione.
Nei dieci giorni che separano dai funerali, i sudafricani potranno rendere omaggio a Mandela dall’11 al 13 dicembre a Pretoria, quando il feretro resterà esposto presso la sede della Union Buildings, sede della Presidenza della Repubblica.
Intanto, le sedi diplomatiche sudafricane aprono i libri delle condoglianze ed espongono le bandiere a mezz’asta. Anche a Roma, dove presso l’ambasciata sudafricana in via Tanaro 14, il libro di condoglianze per "Madiba" resterà aperto da oggi fino al 15 dicembre.
Con la morte di uno degli uomini più amati, citati, rispettati, indicati, cantati e ricordati del mondo, il Sudafrica si è ritrovato di nuovo al centro dell’attenzione globale. Come era accaduto quando la salute di Mandela aveva quasi ceduto di colpo. Come in quel giorno di febbraio del 1990, in cui fu liberato dopo 27 anni di prigionia. Come in quel giorno di primavera del 1994, in cui divenne il primo presidente nero al termine delle prime elezioni a suffragio universale nella storia del Sudafrica, "one person, one vote", grazie al diritto di voto conquistato dai circa 40 milioni di neri che erano da sempre stati esclusi.
Mandela, l’uomo che vinse il razzismo guidando il suo popolo non alla vendetta ma alla riconciliazione con chi lo aveva oppresso. Un esempio per tutta l’umanità. Ecco perché il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, partirà la prossima settimana per il Sudafrica con la first lady Michelle per rendergli omaggio sia allo stadio di Soweto, sia partecipando ai funerali, come precisato dal portavoce della Casa Bianca, Jay Carney.
Guidati dal "loro" presidente nero, gli Usa si sentono particolarmente vicini al dolore dei sudafricani. Ma nessuno, neanche i repubblicani, in queste ore ricorda che fino al luglio 2008, quando sul finire del suo mandato presidenziale George W. Bush ne decretò la rimozione per manifesto imbarazzo, il nome di Nelson Mandela, premio Nobel per la Pace e simbolo di libertà, figurava ancora nella lista di quelli che l’America considerava "terroristi". Questo per il credo nella lotta armata che ne aveva caratterizzato a lungo la militanza nell’African National Congress, in gioventù e per alcuni anni anche durante il carcere. E che per quel marchio, "terrorista", il venerato Mandela aveva avuto bisogno di speciali autorizzazioni per recarsi in America.
Più a sud, in Brasile, ricollegandosi ai Mondiali sudafricani del 2010, la cerimonia del sorteggio per i prossimi campionati, svoltosi a Costa do Sauipe, è stata aperta da un minuto di silenzio e da un video-tributo a Mandela, un montaggio di 90 secondi in cui si rivede il leader nero impugnare la coppa quando la Fifa assegnò al Sudafrica l’organizzazione della manifestazione. Con la presidentessa Dilma Rousseff dichiarare: "Il Brasile e il popolo brasiliano si inchinano davanti alla sua memoria".
Ma è il mondo intero a rivolgere un omaggio commosso a Nelson Mandela, da Soweto a Mosca, da Oslo a Washington, dal Papa al Dalai Lama. Bandiera a mezz’asta al Palazzo di Vetro dell’Onu, a New York. Minuto di silenzio a Wall Street e a Parigi, dove è in corso all’Eliseo il summit sulla pace e la sicurezza del continente africano, con 53 capi di Stato e di governo. Il Quai d’Orsay è stato avvolto in una gigantografia del leader sudafricano scomparso e Hollande ha aperti i lavori del vertice omaggiando il "combattente" Mandela.
Tre giorni di lutto nazionale dalla Nigeria al Portogallo, tre giorni di bandiere a mezz’asta in tutti i palazzi delle istituzioni Ue. Tre giorno di lutto nazionale anche a Cuba, dove le autorità piangono un "amico intimo che all’isola nel luglio 1991, riservò uno dei suoi primi viaggi dopo l’uscita di prigione. In India i giorni di lutto nazionale saranno addirittura cinque per onorare la morte di un "vero gandhiano" e un "grande amico".
Il presidente dell’Anp, Abu Mazen definisce Mandela "il sostenitore più coraggioso e importante" dei palestinesi. Per il Comitato del Nobel per la Pace, che gli assegnò il prestigioso premio nel 1985, Mandela è stato uno dei più grandi nomi nella lunga storia del riconoscimento. Per il presidente russo Vladimir Putin Mandela è stato "uno dei più grandi uomini politici dei tempi moderni".
Nel 1996, il principe Carlo, erede al trono britannico, accompagnò Mandela in una storica visita a Brixton, il quartiere "nero" di Londra teatro di violenti scontri a sfondo razziale, che quel giorno abbracciò il suo "eroe" con una marea umana di 10 mila persone. Oggi, sul municipio di Brixton è issata una bandiera sudafricana a mezz’asta. "Impersonificava il coraggio della riconciliazione" ricorda Carlo d’Inghilterra che, anche grazie a quell’incontro, conserva di "Madiba" l’immagine di "un uomo di grande spirito e con una grande gioia di vivere".
DE KLERK (Repubblica.it)
i ENZO CURSIO*
CAPE TOWN - Dopo una notte insonne attaccato ai network internazionali, la mattina corro al porto di Cape Town. Ogni sudafricano sa che il 6 dicembre sarà un giorno differente. Mi fermo alla banchina davanti a Table Bay. Sono agli imbarchi di Robben Island, l’isola dove per 18 anni fu rinchiuso Madiba. Volevo vedere dove è iniziato quel cammino verso la libertà che ha portato il Sud Africa tra le nuove potenze del terzo millennio. L’unica cosa che ho capito però è che quell’uomo, finalmente libero, quando cominciò a passeggiare su quella banchina mano nella mano con la propria compagna, era il leader che rigettava l’odio e pensava che non c’era alcuna alternative alla Pace, alla riconciliazione. Questo fu il regalo di Mandela ad un paese che ancora oggi non esita a riconoscersi unito nelle differenze quando invece in altre parti del pianeta, per le stesse ragioni, continuano a morire migliaia di esseri umani. Il suo miracolo fu quello di governare la transizione alla democrazia in modo quasi del tutto pacifico, puntando sopratutto a una non scontata riconciliazione. Non fu semplice.
Fu un percorso complesso che riuscì solo grazie all’amicizia con uno dei leader bianchi più illuminati, di quel momento, un brillante avvocato Afrikaner, Frederik Willem De Klerk, il Presidente bianco che gli diede la libertà e che grazie al suo passo indietro permise la riunificazione di un paese lacerato e diviso. Lo incontro poco dopo in un Hotel del centro, al termine della Conferenza stampa convocata in fretta e in furia per commemorare Madiba, l’amico scomparso da poche ore.
"Quando incontrai per la prima volta Nelson Mandela - racconta De Klerk - fu nel mio ufficio a Cape Town, il 13 dicembre 1989. Ero appena diventato Presidente. Non mi aspettavo un uomo così alto. Continua De Klerk. La cosa che più mi colpì fu questa presenza che chiaramente sintetizzava in sé autorità ed un indiscutibile carisma. In quel momento pensai: "quest’uomo, mi piace". Durante questo incontro non parlammo assolutamente di politica. Lui cominciò a interloquire in afrikaner, la lingua dei bianchi, l’aveva perfezionata in prigione e discutemmo a lungo della resistenza afrikaner contro l’Impero britannico. Ci piacemmo entrambi e capii in quel momento che potevo fidarmi di lui. Compresi che con quell’uomo, lavorando insieme, tutto poteva cambiare. Da quel momento diventammo amici e lo siamo rimasti fino a ieri. Ci siamo incontrati spesso in questi anni, ricordavamo il passato, ma ogni volta rinnovavamo quell’amicizia che ha permesso al nostro Paese di camminare unito verso la riconciliazione ed il cambiamento".
"Abbiamo cercato di cambiare insieme, continua a raccontare De Klerk. Ma tutto questo è successo grazie alla ostinata capacità di negoziare senza interruzione. Mandela credeva fermamente che alla fine di ogni discussione, ogni soluzione è possibile. Non bisogna mai smettere di cercarla. Nonostante fossimo oppositori, con differenti idee politiche, eravamo convinti che dovevamo comprendere ognuno le preoccupazioni dell’altro ed in questo trovare una via d’uscita. La sua mente aperta e la sua umanità sono stati alla base del processo che ha portato alla riconciliazione nazionale e all’approvazione della nuova Costituzione. Ciò che fin dall’inizio mi colpì fu che quest’uomo, in qualsiasi situazione, anche la più conflittuale, aveva un rispetto assoluto verso di me. Questo fu la base della nostra reciproca amicizia fino alla fine. Nelson Mandela deve rappresentare oggi, per ogni Sud-africano, per ognuno di noi, il desiderio del rilancio di una politica che deve vedere nell’unità del paese la base per una nuova fase di sviluppo".
*L’autore dell’articolo è vicepresidente del Forum Internazionale dei Nobel per la Pace