Alessandra Comazzi, La Stampa 6/12/2013, 6 dicembre 2013
TV & TV - Detesto le polemiche preventive, genere «non l’ho visto e non mi piace». «Mission», al debutto l’altra sera su Raiuno, doveva essere per forza brutto sporco cattivo e irrispettoso, grondante denaro mal speso
TV & TV - Detesto le polemiche preventive, genere «non l’ho visto e non mi piace». «Mission», al debutto l’altra sera su Raiuno, doveva essere per forza brutto sporco cattivo e irrispettoso, grondante denaro mal speso. Il parterre dei «testimonial», tocca dirlo, non aiutava. Risultato: programma niente affatto irrispettoso, anzi controllatissimo. Lo scabro studio di Torino evoca cartone, lamiera, pietre riarse. Donne tutte vestite, e pure di nero. Conduttori, Michele Cucuzza e Rula Jebreal, composti e consapevoli. Gli ospiti dal mondo della cooperazione, Mauro Celladin, Alessandra Morelli, ineccepibili. I primi partecipanti, Albano Carrisi con le figlie Cristel e Romina (in Giordania), Francesco Pannofino e Caterina Morvillo (in Mali) si sono comportati con misura, portando la visione di chi si occupa nella vita di altro, ma che non può non soffrire di fronte ai rifugiati. Non hanno fatto i beceri. Sappiamo come la tv sia un mezzo potentissimo, e ci lamentiamo che la Rai, servizio pubblico, non si occupi di cose serie in prima serata. Questa volta Raiuno l’ha fatto, avendo anche il coraggio di affrontare ascolti bassi (2 milioni 165 mila spettatori, che restano pur sempre una bella platea). La cosa sbagliata non è la mancanza di rispetto nei confronti della cooperazione, ma i soliti cliché e difetti della prima serata, primo dei quali la lunghezza.