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 2013  dicembre 06 Venerdì calendario

NUZZI, ORA TORNO ALLE INCHIESTE


[Gianluigi Nuzzi]

Chiude la prima stagione di Quarto Grado targata Gianluigi Nuzzi. Ma il programma riprenderà il 10 gennaio, sempre in prima serata su Rete 4. Pausa natalizia durante la quale il giornalista, vicedirettore di Videonews, si concentrerà sulla preparazione del format di un nuovo programma di inchieste da realizzare per Mediaset; poi sul suo nuovo romanzo-thriller per l’editore Mauri Spagnol. E magari pure nell’ideazione di qualche scherzo con i suoi amici Giuseppe Cruciani e David Parenzo.

Domanda. Infatti lei ha una voce profonda, un viso che incute rispetto, grande professionalità. Insomma, sembrerebbe una persona seria. Ma chi lo conosce bene dice che è anche un grande amante del cazzeggio_
Risposta. Ma sì, certo, amo anche divertirmi.
D. Per esempio? È tifoso sfegatato di calcio tipo Mario Giordano, suo direttore a Videonews?
R. Sono un tiepido tifoso del Milan. Mi ringalluzzisco quando porto allo stadio mio figlio. Lui, invece, è tifosissimo, sa tutto di calcio. No, io sono più appassionato di scacchi.
D. Questo mi interessa meno, fa parte del Nuzzi serio e riflessivo. Ero più interessato all’inedito Nuzzi_
R. Beh, io adoro fare gli scherzi. E nell’ultimo anno la mia vittima preferita è stata l’avvocato Carlo Taormina. Io, David Parenzo e Giuseppe Cruciani lo abbiamo messo in mezzo. E lui è una persona di buon cuore, che ci sopporta. Una volta, per esempio, l’ho chiamato al telefono fingendo di essere Marcelo Rodriguez, giornalista spagnolo di «Radio Cataluña Libera» e l’ho intervistato per un’ora sulla sua rottura con Silvio Berlusconi. Io parlavo un italiano con accento spagnolo, lui mi rispondeva in uno spagnolo un po’ così, sembravamo Totò e Peppino.
D. Cruciani-Parenzo: come si spiega il loro flop su Rete 4 con Radio Belva?
R. Sono un po’ viziati, genio e sregolatezza. Loro hanno le carte giuste per diventare i nuovi Arbore 2.0. Ma non erano convinti. Dovevano buttarsi anima e corpo nel progetto televisivo, invece non l’hanno fatto e si sono fatti male.
D. Torniamo a Quarto Grado. Soddisfatto degli ascolti? Media oltre il 7%, circa un punto sotto rispetto alla media della edizione precedente_
R. Le storie e il mondo di Quarto Grado hanno una certa continuità. I cambiamenti, quest’anno, erano già tanti, non ho toccato troppo. Mi raffronto con i talk tradizionali, e tutti, in questa stagione tv, hanno perso 2-3-4 punti di share. Noi abbiamo tenuto, e siamo ampiamente sopra la media di rete. Al venerdì, poi, su Rai Uno, il programma Tale e quale show ci copre tantissimo, hanno fatto punte del 40%, tipo Festival di Sanremo. Anche per questo io sono soddisfatto e ottimista. E poi siamo cresciuti rispetto alla prima puntata, questo mi rincuora. L’indice di concentrazione del pubblico laureato è aumentato di dieci punti. Infine, sul nostro target di elezione, che è composto dalle donne over 55, siamo oltre il 9,5% di share.
D. La tv crea dipendenza in chi la fa. È già diventato un tossico del video?
R. È vero, la tv crea dipendenza, hai a che fare col grande pubblico. Ma questo lo vivo in chiave adrenalinica, non di dipendenza, tengo i piedi per terra, conservo l’umiltà del primo giorno e capisco che la tv è uno strumento che asciuga, che consuma energia. Noi siamo portatori di notizie, questo è il nostro lavoro. E a Quarto Grado, in questa stagione, abbiamo privilegiato le notizie, i fatti, con tante esclusive e più arrosto che fumo.
D. I programmi di cronaca spesso si concentrano sempre sugli stessi casi. Morbosità o pigrizia delle redazioni?
R. I mattinali delle questure grondano di storie e di gialli. Sta a noi saperli individuare. I grandi casi diventano tali perché si innesca un processo di immedesimazione. Noi, poi, abbiamo tirato fuori tanti cold case, portando nuovi elementi, riaprendo casi.
D. Lei se ne stava nella sobria La7. Mai avuto tentennamenti quando le è arrivata l’offerta Mediaset, quando l’ha chiamata Crippa?
R. In realtà non sono stato chiamato da Crippa quando Sottile è andato via da Mediaset e ha lasciato Quarto Grado. Io ero stato contattato da Giordano settimane prima: mi aveva chiesto di andare con lui a Videonews per fare un programma di inchieste. Non avevo ancora firmato, stavamo parlando dei contenuti. Poi si è aperta la possibilità di Quarto Grado, mi è stata offerta la conduzione, e allora ho dato la priorità a Quarto Grado.
D. E il programma di inchieste?
R. L’azienda mi ha appena chiesto di pensare al format di questo programma, dove tornerò anche ad argomenti più vicini alle mie vecchie passioni (scandali finanziari, Vaticano, ndr). Mi piace questa contaminazione. È bello scrivere libri per Chiarelettere, la casa editrice di Travaglio e socia del Fatto quotidiano, e mi piace lavorare a una rete generalista Mediaset, dove magari portare i lettori dei miei libri. Mi hanno assunto quando in Mediaset non assumono più nessuno, c’è un progetto a medio termine. E Quarto Grado si occupa di cronaca nera, una cosa guardata in storto da quelli con la puzza sotto al naso, ma che poi tutti seguono. Ricordiamo chi ha condotto programmi legati alla cronaca nera in passato: Enzo Biagi, Enzo Tortora, Corrado Augias.
D. Pudore nel seguire casi di cronaca particolari?
R. C’è un rapporto col dolore, con famiglie condannate a non sapere nulla sul destino di un figlio, di una madre. Tu ti trovi lì con loro, devi preservare il loro dolore, fare informazione, farla in maniera professionale. Tutto questo è impegnativo, io mi emoziono, affianco mamme a volte culturalmente non attrezzate che si trovano nell’abisso della vita. E comunque la tv aiuta, la pressione mediatica funziona.
D. Conducendo Quarto Grado è diventato molto popolare. Cosa è cambiato?
R. Rimango quello che sono.
D. Quello che agli inizi della carriera scriveva su Topolino?
R. Anche, quello mi piacerebbe molto, tornerei a lavorare su Topolino. Mah, ripeto, la popolarità la vivo con molta naturalezza, sono poco mondano, poco presenzialista, sto con la mia famiglia, sto in redazione, faccio i libri. E poi, tra poco, tornerò a scrivere per un quotidiano, Il Messaggero.
D. Su di lei fioccano leggende metropolitane. Eccone una: Nuzzi ha lavorato per anni nella Guardia di finanza_
R. Guardi, io ho fatto l’obiettore di coscienza, non ho mai lavorato nella Gdf. Il fatto è che mi sono occupato per dieci anni di inchieste Unipol, furbetti del quartierino, Bnl, Popolare di Lodi. Riuscivo ad avere molte notizie in esclusiva e qualcuno ha messo in giro la voce che io fossi un ex della Gdf.
D. Altra voce: Nuzzi è un agente dei servizi segreti sotto copertura_ Ovviamente, anche se lo fosse, non lo direbbe in una intervista. Ma la vulgata narra che la cicatrice che porta sul viso se l’è fatta durante un’operazione come agente segreto_
R. Poveri servizi segreti se avessero un agente come me. La cicatrice me la sono fatta a Paros, in Grecia, incidente in scooter nel pomeriggio di un giorno d’estate. Ero in vacanza, stavo raggiungendo un amico che faceva surf, mi sono distratto e sono caduto.
D. Capitolo libri: cosa bolle in pentola?
R. Lavoro da due mesi a un romanzo thriller.
D. Ahi, dopo le inchieste è già passato alla fiction, la tv ha iniziato a contaminarla_
R. No, attenzione. È una storia talmente vera da sembrare un romanzo. Tutto vero o verosimile.
D. I suoi ultimi due titoli, Vaticano spa e Sua Santità, quante copie hanno venduto?
R. Oltre un milione di copie nel mondo. In Italia, circa 250 mila a testa.
D. Perché è finita la sua avventura a La7?
R. Mah, gli Intoccabili è andato bene, ho centrato i bonus da contratto se andavo sopra il 3% e sopra il 3,5% di share. Nella seconda fase, invece, c’erano problemi di budget, ho potuto fare poche cose. Comunque mi sono lasciato bene con La7. Con il direttore Paolo Ruffini abbiamo discusso molto su vari progetti. E pure con Urbano Cairo ho parlato spesso. Ma se l’editore non condivide i tuoi progetti, non è che ha per forza torto. Fa le sue scelte, e io le rispetto.