Massimo Gaggi, Corriere della Sera 6/12/2013, 6 dicembre 2013
I TAGLI ALLE PENSIONI CHE SALVANO LE CITT
Le pensioni sono sacre, ma se per pagare interamente l’assegno di quiescenza ai suoi ex dipendenti una città con le casse vuote deve spegnere i lampioni nelle strade o lasciare in garage le auto della polizia, rinunciando a pattugliare i quartieri, quel diritto «intangibile» può anche svanire come neve al sole. È la lezione che viene da Detroit, la capitale Usa dell’auto in bancarotta da cinque mesi dove, nonostante opposizioni sindacali e ricorsi a raffica in tutte le sedi giudiziarie, un giudice federale ha appena sentenziato non solo che la drastica strategia del commissario straordinario della città, Kevyn Orr, è legittima, ma anche che le pensioni non godono di protezioni particolari, nonostante la Costituzione del Michigan dica il contrario.
Secondo il giudice Steven Rhodes — la cui sentenza è già un modello per molte altre città Usa che non stanno molto meglio di Detroit, da Chicago alle metropoli della California — quello tutelato dalla Carta fondamentale dello Stato è un diritto astratto che, però, non può essere materialmente applicato ai trattamenti previdenziali dei dipendenti pubblici che hanno una natura squisitamente contrattuale. I sindacati hanno già annunciato, su questo, un ricorso alla Corte Suprema, ma la sentenza consente al commissario Orr di procedere speditamente al varo delle misure di salvataggio per la città. Un piano che verrà presentato ai primi di gennaio: azzeramento di parte delle obbligazioni previdenziali di Detroit (ammontano a 3,5 miliardi di dollari), per consentire alla città di trasferire risorse al ripristino dei servizi pubblici. Indispensabile per rendere Detroit più vivibile e sicura.
La sentenza Rhodes ha messo in moto una serie di reazioni a catena nelle città che stanno affondando sotto il peso delle obbligazioni previdenziali nei confronti di insegnanti, impiegati pubblici, ma soprattutto poliziotti e pompieri (che possono ritirarsi con largo anticipo e con trattamenti assai generosi). E non parliamo solo di amministratori locali repubblicani desiderosi di sfidare i sindacati: l’alternativa tra continuare a destinare gran parte delle risorse municipali alle pensioni e investire sul futuro delle città togliendo qualcosa agli anziani fin qui molto tutelati non fa dormire molti amministratori democratici. Un problema certamente non solo americano. Destinato a presentarsi, in modi diversi, anche nell’Europa della popolazione che invecchia e della crescente disoccupazione giovanile. Basti pensare, per venire all’Italia, all’insofferenza di Matteo Renzi per una Cgil (sindacato per il 52% di pensionati) che si comporta da «azionista di riferimento» del Pd. Il banco di prova per i progressisti viene ora da Chicago il cui sindaco Rahm Emanuel, l’ex capo di gabinetto di Obama alla Casa Bianca, deve decidere se negoziare un taglio delle pensioni pubbliche o se aumentare le tasse immobiliari del 35 per cento solo per pagare le indennità di quiescenza di polizia e vigili del fuoco. «Senza una riforma previdenziale» ha detto ieri Emanuel, «non potremo mai investire per dare un futuro ai nostri figli né fare di Chicago la città che vogliamo».
@massimogaggi