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 2013  dicembre 06 Venerdì calendario

BITCOIN AL BANDO IN CINA, CROLLA SOTTO I MILLE DOLLARI


Brutto segno. I bitcoin stavano attecchendo nel cuore dello Zhejiang, una provincia nota per la capacità dei suoi abitanti di fiutare il business. Peccato che la piattaforma GBL basata a Hong Kong sia saltata in aria con tutti i suoi 4.493 sottoscrittori, molti dello Zhejiang, e gli 25 milioni di yuan (4,1 milioni di dollari) raccolti, replicando un analogo episodio di qualche mese fa. Dei bitcoin Alibaba iniziava a intuirne le potenzialità e anche il motore di ricerca Baidu ci stava lavorando su. Ma proprio ieri la People Bank of China ha messo in guardia le istituzioni finanziarie dall’utilizzo di bitcoin e ha raccomandato alle banche di non garantire o investire sulla moneta virtuale nata nell’Ovest dopo il crollo di Wall Street e ormai amatissima in Estremo Oriente.
La mossa della Pboc ha innescato un crollo del 22% del prezzo dei bitcoin. Dal precedente picco di 1.240 dollari il bitcoin è crollato a 980 dollari secondo i dati di un’altra piattaforma, la giapponese Mt Gox. Anche la Banca centrale francese nei giorni scorsi ha messo in guardia dal rischio che grava soprattutto su chi li possiede oltre che presentare rischi di money laundering o finanziamento del terrorismo, specie per la loro caratteristica di anonimità. In Cina subentrano anche altri fattori. La messa in guardia cinese nasce soprattutto dalle restrizioni del mercato finanziario e dallo shadow banking con il quale il sistema cinese deve fare i conti e che non può certo alimentare con nuovi strumenti di questo tipo.
Spiega la Pboc: «Anche se alcuni lo chiamano moneta, non è emesso da una autorità centrale e non possiede gli attributi di una divisa con corso legale come la capacità di essere strumento di pagamenti. Quindi in base alla sua natura, il bitcoin è uno specifico prodotto virtuale. Non ha lo status legale di moneta e non deve essere autorizzato a circolare sul mercato come moneta». Più chiaro di così. Le bitcoin, che sono anonime, irrintracciabili e che possono essere scambiate con un click sui tasti del computer, hanno avuto un grande successo in Cina. Non sono disponibili dati precisi ma gli esperti del mercato virtuale affermano che circa la metà delle bitcoin in circolazione nel mondo sono nelle mani di cinesi.
C’è poi un problema legato alle piattaforme, basate su server a Hong Kong, un’area sulla quale Pechino non ha giurisdizione piena. La Pboc ha infatti aggiunto che in futuro verrà richiesto ai siti che trattano le bitcoin di registrarsi presso le autorità della telecomunicazione. Sarà una bella sfida, quella di costringere le piattaforme a denunciarsi alle autorità di controllo di mainland China.
Bitcoin é infatti un network finanziario, usato soprattutto online per effettuare pagamenti. Il suo utilizzo somiglia a quello di una carta di credito anche se non é contabilizzata come una valuta, ma appunto come un bitcoin, il cui valore varia a seconda della quantità di transazioni effettuate globalmente. Non é emesso da un’autorità monetaria, né da una specifica società, ha una struttura decentralizzata simile a quella della rete Internet e viene accettata come mezzo di pagamento internazionale solo all’interno di un network che accetta pagamenti in bitcoin. Le stazioni di servizio per il rifornimento di bitcoin avviene soprattutto su Internet, secondo procedure simili all’emissione online di un biglietto aereo.