Maria Serena Natale, Sette 6/12/2013, 6 dicembre 2013
NOZZE SEGRETE, TRADIMENTI, INTRIGHI: LA TORMENTATA SAGA DEI KENNEDY D’INDIA
Quando il 25 febbraio 1968 Sonia sposa Rajiv, indossa un sari rosa di khadi, il cotone filato a mano al quale il Mahatma Gandhi intrecciò il destino dell’India. Il sari tramandato dalle donne della famiglia che ha incarnato riscatto e tragedia, il fascino fatale di una nazione. Una dinastia popolare come i Windsor, leggendaria come i Kennedy, i Nehru-Gandhi.
Era stato il nonno di Rajiv, Jawaharlal Nehru, a tessere il sari durante uno dei lunghi periodi di detenzione tra 1921 e 1946 per il suo impegno indipendentista sulle orme del padre Motilal, appartenente alla casta dei bramini del Kashmir e leader del partito del Congresso dopo la Grande guerra. L’elegante Jawaharlal – avvocato con studi a Cambridge immerso nelle atmosfere dorate del Raj britannico, l’uomo che adorna di petali di rosa le lettere all’amica Edwina Mountbatten, ultima viceregina d’India – sceglie la politica dopo il massacro di Amritsar del 1919 e diventa l’erede spirituale del Mahatma, che sfida l’impero con marce pacifiche e filati simbolo di autosufficienza produttiva. Dalla mezzanotte del 15 agosto 1947, il Pandit Nehru è il primo capo di governo della nuova India: «Quando il mondo dorme, noi ci sveglieremo alla vita e alla libertà». L’ora celebrata nel capolavoro di Salman Rushdie del 1981, I figli della mezzanotte, recentemente ripreso dal film di Deepa Mehta.
Nehru sollecita l’iniziativa privata ma assicura al governo i settori strategici dell’economia, nella Guerra fredda opta per il non allineamento. Un pragmatismo che trasmette alla figlia Indira. Quando la ragazza s’innamora dell’umile musulmano Feroze Khan, il padre dell’India unita si scopre incapace di accettare un amore al di fuori di caste e religioni. Nella versione romantica di questa saga politico-sentimentale, è l’amico Mahatma a escogitare la soluzione offrendo in dono il proprio cognome: un affidavit, e Khan diventa Feroze Gandhi. Dopo un matrimonio segreto a Londra, si celebrano anche le nozze indiane. A Indira il sari del padre e il nome della Grande Anima.
Nel 1966 la Prima figlia diventa primo ministro, nel 1975 affronta proteste e tensioni secessioniste proclamando lo stato d’emergenza. Al suo fianco l’astro nascente Sanjay, secondogenito appassionato di auto sportive che entra in politica per dovere filiale. Nel 1977 Sanjay scampa a un attentato e nel 1980, a 33 anni, muore in un incidente d’aereo lasciando la moglie Maneka e un figlio di tre mesi, Varun. Quattro anni dopo, Indira è uccisa da guardie del corpo legate al movimento sikh per l’indipendenza del Punjab. Il testimone passa al figlio maggiore Rajiv, il pilota che ha sposato l’italiana Sonia Maino, conosciuta nella vibrante Cambridge anni 60. Sonia è timida, riservata, bellissima. Nei brevi intervalli trascorsi da Indira in carcere per corruzione, era la sola autorizzata a farle visita. «Noi Nehru siamo sempre andati a trovare i nostri parenti in prigione» diceva la suocera. «Le tradizioni vanno rispettate».
Nel 1991 Rajiv perde la vita in un attacco kamikaze delle Tigri Tamil. Nel ’98 Sonia assume la guida del Congresso, il partito del popolo ritrova lo slancio.
Il presente ha i volti di Rahul, vicepresidente del partito, e Priyanka, 41enne buddhista madre di due figli, un ruolo finora più defilato. All’opposizione in Parlamento, Maneka, ex modella che non ha mai superato la rivalità con la magnetica Sonia. La vedova di Sanjay siede nelle file del partito nazionalista Bjp con Varun, la pecora nera che nel 2009 si fece arrestare per propaganda anti-musulmana. Priyanka gli consigliò di rileggere i testi sacri. La storia continua.