"Costruire la pace. Discorsi dei premi Nobel per la Pace", a cura di Simone Barillari, Minimum fax 2008, 6 dicembre 2013
MANDELA, IL DISCORSO PER IL PREMIO NOBEL PER LA PACE 1993
Vostra Maestà,
Vostra Altezza Reale,
Stimati Membri del Comitato norvegese per il Nobel,
Onorevole Primo Ministro, signora Gro Harlem Brundtland, Signori Ministri, Membri del Parlamento e Ambasciatori, signor Frederik Willem de Klerk, distinti ospiti,
Amici, signore e signori,
porgo i miei più sentiti ringraziamenti al Comitato norvegese per il Nobel per averci elevati al rango di vincitori del premio Nobel per la pace.
Colgo inoltre l’occasione per congratularmi con il mio compatriota e copremiato, il presidente dello stato Frederik Willem de Klerk, per l’alto riconoscimento che gli è stato conferito.
Insieme ci uniamo a due illustri sudafricani vincitori del premio Nobel per la pace, il compianto Capo Albert Lutuli e Sua Eccellenza l’arcivescovo Desmond Tutu, ai quali avete reso meritato omaggio per l’importante contributo alla lotta pacifica contro il malvagio sistema dell’apartheid.
Non saremo presuntuosi se aggiungeremo ai nomi dei nostri predecessori anche quello di un altro eminente vincitore del premio Nobel per la pace, il compianto reverendo Martin Luther King. Anch’egli si impegnò e morì nel tentativo di fornire un contributo alla giusta soluzione dei grandi problemi dei nostri giorni, che noi, in quanto sudafricani, ci siamo trovati ad affrontare.
Stiamo parlando della sfida posta dalle dicotomie di guerra e pace, violenza e non violenza, razzismo e dignità umana, oppressione e repressione, libertà e diritti umani, povertà e libertà dal bisogno.
Noi siamo qui oggi come semplici rappresentanti dei milioni di persone che hanno avuto il coraggio di sollevarsi contro un sistema sociale fondato su guerra, violenza, razzismo, oppressione e repressione, oltre che sull’impoverimento di un intero popolo.
Io sono qui oggi anche come rappresentante dei milioni di persone di tutto il mondo, del movimento anti-apartheid, dei governi e delle organizzazioni che si sono uniti a noi, non per combattere contro il Sudafrica come nazione o contro i suoi abitanti, ma per opporsi a un sistema disumano e sollecitare una rapida fine di quel crimine contro l’umanità che porta il nome di apartheid.
Questi innumerevoli esseri umani, all’interno e all’esterno dei nostri confini, hanno dimostrato un animo così nobile da opporsi alla tirannia e all’ingiustizia senza cercare alcun tornaconto personale. Hanno riconosciuto che un torto commesso ai danni di un singolo è un torto commesso ai danni di tutti, e quindi hanno agito insieme in difesa della giustizia e di una comune dignità umana.
Grazie al coraggio e alla lunga perseveranza dimostrati da costoro, oggi siamo persino in grado di stabilire il giorno in cui tutto il mondo si unirà per celebrare una delle più straordinarie vittorie nostro secolo.
Quando verrà quel momento, esulteremo tutti insieme per la comune vittoria su razzismo, apartheid e dominazione della minoranza bianca.
Tale trionfo porrà finalmente termine a cinquecento anni di colonizzazione africana, cominciati con la fondazione dell’impero portoghese.
Tutto questo segnerà dunque un grande passo avanti nella storia, e porrà inoltre le basi per il comune impegno dei popoli del mondo a combattere il razzismo, in ogni luogo e sotto qualunque forma esso si presenti.
All’estremità meridionale del continente africano, una ricca ricompensa, un dono inestimabile si stanno preparando per coloro che hanno sofferto in nome di tutta l’umanità, sacrificando ogni cosa per la libertà, la pace, la dignità e la realizzazione dell’essere umano.
Questa ricompensa non verrà misurata in denaro. E non può nemmeno essere calcolata in base al valore dei metalli rari e delle pietre preziose nascosti nelle viscere del suolo africano che noi calpestiamo sulle orme dei nostri antenati. Sarà e dovrà essere misurata in base alla felicità e al benessere dei bambini, che sono al contempo i cittadini più vulnerabili di ogni società e il nostro tesoro più prezioso. I bambini devono finalmente poter giocare nel veld, non più torturati dai morsi della fame, decimati dalle malattie o minacciati dal flagello dell’ignoranza, delle molestie e degli abusi, e non più costretti a svolgere compiti inadatti alla loro tenera età.
Davanti a questo pubblico illustre, noi impegniamo il nuovo Sudafrica al deciso perseguimento degli obiettivi definiti dalla Dichiarazione mondiale per la sopravvivenza, la protezione e lo sviluppo dell’infanzia.
La ricompensa di cui abbiamo parlato sarà e dovrà essere misurata anche in base alla felicità e al benessere delle madri e dei padri di questi bambini, che devono poter andare per il mondo senza timore di venire derubati, uccisi per motivi di convenienza politica o materiale, o disprezzati per la loro povertà.
Anch’essi debbono venire liberati dal pesante fardello di disperazione che portano nel cuore, generato dalla fame, dalla mancanza di una casa e dalla disoccupazione.
Il valore del dono elargito a tutti coloro che hanno sofferto sarà e dovrà essere misurato in base alla felicità e al benessere di tutti gli abitanti della nostra nazione, che avranno abbattuto le mura disumane sorte a dividerli.
Queste grandi masse avranno voltato le spalle a quel grave insulto alla dignità umana che consisteva nel designare alcuni come padroni e altri come servi, trasformando ognuno in un predatore la cui sopravvivenza dipendeva dalla distruzione dell’altro.
Il valore della nostra ricompensa condivisa sarà e dovrà essere misurato in base alla gioiosa pace che trionferà, perché la comune umanità che unisce neri e bianchi in un’unica razza umana avrà dimostrato a ognuno di noi che potremo vivere tutti insieme come i figli del paradiso.
E così vivremo, perché avremo creato una società in cui vige il principio secondo cui tutte le persone sono nate uguali, e con uguale diritto alla vita, alla libertà, alla prosperità, ai diritti umani e al buon governo.
Tale società non dovrà mai più permettere che vi siano prigionieri di coscienza, o che vengano violati i diritti umani.
Né dovrà più succedere che la strada del cambiamento pacifico venga di nuovo bloccata da usurpatori, che cercano di togliere il potere al popolo per conseguire i loro ignobili fini personali.
A questo proposito, facciamo appello a coloro che governano la Birmania perché liberino un’altra vincitrice del premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, e si impegnino in un serio dialogo con lei e con le persone che rappresenta, per il bene di tutti gli abitanti della Birmania. Preghiamo coloro che detengono il potere affinché le permettano, senza ulteriore indugio, di usare i suoi talenti e le sue energie a favore dei suoi compatrioti e dell’intera umanità.
Lontano dalle risse politiche del nostro paese, vorrei cogliere l’occasione per unirmi al Comitato norvegese per il Nobel nel rendere omaggio a colui che condivide con me questo premio, il signor Frederik Willem de Klerk.
Egli ha avuto il coraggio di ammettere che l’imposizione del sistema dell’apartheid ha rappresentato una terribile ingiustizia nei confronti del nostro paese e della nostra gente.
Ha avuto la lungimiranza di comprendere e accettare che gli abitanti del Sudafrica devono decidere tutti insieme, attraverso negoziati condotti da pari a pari, cosa vogliono dal proprio futuro.
Ma c’è ancora qualcuno, nel nostro paese, che crede erroneamente di poter contribuire alla causa della giustizia e della pace aggrappandosi a idee ormai screditate, che hanno dimostrato di portare soltanto sciagura.
Continuiamo a sperare che anche costoro siano sufficientemente ragionevoli da rendersi conto che la storia non verrà negata, e che la nuova società non potrà essere creata riproducendo un passato abominevole, per quanto ripulito o riconfezionato in maniera allettante.
Vorrei anche approfittare dell’occasione per rendere omaggio alle numerose organizzazioni che compongono il movimento democratico del nostro paese, compresi i membri del nostro Fronte Patriottico, che hanno svolto un ruolo centrale nel portare il Sudafrica sempre più vicino a una trasformazione democratica.
Siamo lieti che molti rappresentanti di queste organizzazioni, tra cui persone che hanno prestato o prestano servizio nelle strutture delle homeland, siano venuti con noi a Oslo. Anch’essi debbono godere del riconoscimento rappresentato dal premio Nobel per la pace.
Viviamo con la speranza che, mentre si sforza di ricostruirsi, il Sudafrica diventi un microcosmo del nuovo mondo che lotta per nascere.
Questo dovrà essere un mondo di democrazia e rispetto dei diritti umani, un mondo privo degli orrori della povertà, della fame, delle privazioni e dell’ignoranza, libero dalla minaccia e dal flagello delle guerre civili, delle aggressioni esterne e dell’enorme tragedia rappresentata da milioni di profughi.
I progressi compiuti dal Sudafrica, e dall’Africa meridionale nel suo insieme, ci chiamano e ci esortano ad approfittare del momento favorevole per trasformare questa regione in un esempio vivente del mondo futuro auspicato da tutte le persone di coscienza.
Noi non crediamo che questo premio Nobel per la pace debba essere inteso come un encomio per fatti accaduti nel passato.
Ascoltiamo le voci che lo definiscono un’invocazione da parte di tutti coloro che, in ogni parte dell’universo, hanno cercato di porre fine al sistema dell’apartheid.
Comprendiamo l’appello che costoro ci rivolgono, affinché dedichiamo il tempo che ci resta da vivere a dimostrare nella pratica, sfruttando l’esperienza unica e dolorosa del nostro paese, che la normale condizione dell’esistenza umana è fondata sulla democrazia, sulla giustizia, sulla pace, sull’assenza di razzismo e sessismo, sulla prosperità per tutti, sulla cura dell’ambiente, sull’uguaglianza e la solidarietà tra i popoli.
Stimolati da quell’appello, e ispirati dall’onore che ci avete conferito, anche noi ci impegniamo a fare il possibile per contribuire al rinnovamento del nostro mondo, affinché nessuno, in futuro, venga più descritto come un «dannato della terra».
Perché le generazioni future non possano dire che l’indifferenza, il cinismo o l’egoismo ci hanno impedito di tener fede agli ideali umanitari simboleggiati dal premio Nobel per la pace.
Perché il nostro impegno comune dimostri che Martin Luther King aveva ragione, quando disse che l’umanità non può più essere tragicamente vincolata alla notte senza stelle del razzismo e della guerra.
Perché i nostri comuni sforzi dimostrino che non era un mero sognatore, quando affermava che la bellezza dell’autentica fratellanza e della pace è più preziosa dei diamanti, dell’oro o dell’argento.
Perché sorga una nuova era!
Grazie.