Cinzia Dal Maso, Il Venerdì 6/12/2013, 6 dicembre 2013
PERCHÉ LE TRE GRAZIE SONO UN PO’ FRANCESI, UN PO’ INGLESI. E RUSSE
«Lo voglio», disse ammirato il Duca di Bedford quando vide le Grazie in lavorazione nella bottega romana di Antonio Canova. Ma quell’opera, forse la più emblematica del grande artista neoclassico, era destinata a prendere la via della Francia perché commissionata a Canova da Giuseppina Beauharnais, prima moglie di Napoleone. Poco male: Canova possedeva il modello in gesso plasmato con le proprie mani (mentre lasciava che la scultura in marmo venisse lavorata dai suoi allievi, e lui dava solo tocco finale), così da quel gesso trasse una seconda scultura per il Duca, identica alla prima ma molto più bella. Forse per la migliore qualità del marmo o chissà, lui amava di più le Grazie «inglesi». Non solo volle andare a casa del duca, a Woburn Abbey, per ammirarle, mentre in Francia non andò mai. Ma ne fece anche un calco in gesso, solo per averlo e trarre da lì (e non dall’altro) le incisioni che descrivevano il capolavoro. Così oggi noi abbiamo due gessi importanti delle Grazie, giunti entrambi nella casa natale di Possagno per volere del fratello di Antonio a dar vita, assieme agli altri gessi della bottega, a quel luogo incredibile e unico che è la Gipsoteca Canova. Un vero tempio dell’arte che, soprattutto negli ultimi anni, dalla pedemontana veneta dialoga «alla pari» con i più grandi musei del mondo. Così il direttore Mario Guderzo ha trovato porte aperte al Museo di Edinburgo, dove sono conservate oggi le Grazie «inglesi » (in comproprietà con il Victoria & Albert Museum di Londra), quando ha chiesto di farne un calco con un’avveniristica tecnica di reverse engineering che non intacca l’opera. Gli è servita per completare il gesso «inglese» che è stato pesantemente danneggiato dalle bombe durante la Prima guerra mondiale: i volti di due delle Grazie sono sfigurati. Ma da oggi si può ammirare la scultura di nuovo integra («non definitivamente: le integrazioni si possono togliere in due minuti» precisa Guderzo) nella mostra che Possagno, Treviso, dedica alle Grazie e alla passione di Canova per il tema delle Grazie (Le Grazie di Antonio Canova, Museo e Gipsoteca Antonio Canova, da oggi al 4 maggio 2014, www.museocanova.it)
Figlie di Zeus, erano simbolo di splendore, gioia, prosperità. Rappresentano tutto quel che di bello e gioioso ci giunge dal mondo antico. E Canova le aveva già disegnate nel 1799, e aveva fatto già altri disegni e bozzetti in terracotta prima di ricevere, nel 1813, la commissione dalla Beauharnais. Così fece prestissimo: da giugno ad agosto il gesso era fatto. E oggi, a duecento anni da quell’impresa, Possagno ha raccolto tutto ciò che la fantasia di Canova ha prodotto sulle Grazie. E a cent’anni dallo scoppio della Grande Guerra, ci ha restituito un capolavoro che pareva perduto per sempre.