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 2013  dicembre 06 Venerdì calendario

STORIA DI UN GENIO CHIUSO IN CANTINA


808.017.424.794.512.875.886.459. 904.961.710.757.005.754.368.000. 000.000. Pensate per un momento di dover affrontare uno schema di Sudoku con così tante righe e colonne… Sarebbe difficile uscirne vivi, o almeno sani di mente. Eppure c’è chi da trent’anni lotta con un simile mostro matematico, ricostruendone l’aspetto, una «squama» alla volta, riuscendo anche a condurre una vita piena e felice, anche se, vista da fuori, decisamente bizzarra. Alexander Masters, fisico inglese con la passione della scrittura di biografie «di eccezionali persone comuni», ha scoperto nel più strano dei modi colui che lotta contro il Mostro. Nel 2007 scese nello scantinato sotto al suo appartamento, in un piccolo condominio di Cambridge, per indagare sulla causa degli strani rumori e odori che provenivano da lì. Si trovò in una casa sporchissima, ingombra fino al soffitto di libri, depliant turistici e orari di mezzi pubblici, con un bagno disastrato e una cucina coperta da una patina di unto. In mezzo al caos un cinquantenne dai capelli arruffati, vestito di abiti sporchi e stracciati, che mangiava solo riso bollito e pesce in scatola e rispondeva per lo più a grugniti. Masters stava per etichettarlo come un pazzoide, e prepararsi a cambiare casa, quando lo sguardo gli cadde su un grosso libro sepolto fra gli altri: era l’Atlante dei gruppi finiti, una monumentale opera di alta matematica che fra i suoi cinque autori annovera anche l’occupante del caotico seminterrato: Simon Norton.
Una ricerca su internet gli rivelò chi fosse veramente quello strano vicino: straordinario talento matematico fin dall’infanzia (prima ancora di parlare ordinava i cubi colorati in complesse strutture regolari), bambino prodigio con 185 di QI a tre anni, a cinque giocava con la tabellina del 91, primo alle Olimpiadi di matematica a 15, 16 e 17 anni, diplomato ad Eton (dove aveva già seguito il corso di matematica universitario), laureato a Cambridge, una delle menti più promettenti degli anni Settanta e fra i massimi esperti mondiali di Teoria dei gruppi di simmetria. Le notizie terminavano con il ritiro di Norton, nel 1985, dall’Università di Cambridge, dove lavorava come ricercatore, a causa di un «tracollo intellettuale».
Masters è diventato amico di Norton, lo ha frequentato, seguito durante i viaggi e intervistato per quattro anni, cercando di ricostruirne la storia. Il risultato è condensato in Un genio nello scantinato (Adelphi), un libro, illustrato da foto e da disegni dell’autore, al tempo stesso tenero e duro, triste e divertente (ottima la traduzione di Andrew Tanzi), che ci ricorda come essere dotati di un talento eccezionale non sia sempre e solo una benedizione.
Simon Norton sembra un po’ il prototipo del matematico con problemi caratteriali, se non psichiatrici, come lo schizofrenico John Nash raccontato in Beautiful Mind. «Ma sono più che altro cliché, in cui ci piace credere per superare il disagio che ci provocano menti eccezionali» dice Masters. «Simon ha certo comportamenti bizzarri ai nostri occhi, ma non è né pazzo né disabile. Vive una vita solitaria, ma felice, occupandosi delle cose che gli interessano: matematica, viaggi, impegno ambientale. Chi lo ha conosciuto lo trova una persona meravigliosa, generosa, geniale, colta. Affascinante proprio perché non si cura dell’impressione che fa sugli altri. A essere strana è forse la nostra eccessiva preoccupazione del giudizio altrui, quel conformismo che ci rende vuoti e noiosi».
Lo ha frequentato per anni: ha capito come vede il mondo un genio matematico?
«In questo ho fallito. Anche se ho un master in matematica applicata e ho tentato ogni mezzo, compresa l’ipnosi, per avvicinarmi alle capacità di Simon, non ci sono riuscito: io non “vedo” le soluzioni come fa lui. Si racconta che una volta due matematici discutevano nel corridoio dell’Università di Cambridge di un complesso problema di cui non riuscivano a venire a capo, Simon li incrociò per pochi secondi e passando disse una formula ad alta voce: era la soluzione. Ecco, credo che quella di Simon sia una forma di arte, un modo di estrarre ordine e bellezza dal caos intorno a noi. Anche se da giovane era un buon musicista e faceva anche notevoli collage, per trarre piacere dalla creazione di armonia ed esattezza per lui non c’è campo migliore della matematica pura. Questa lo soddisfa così tanto da non fargli vedere il disordine materiale che ha intorno».
Forse il caso di Norton ci può insegnare qualcosa su come aiutare i bambini eccezionalmente dotati a sviluppare il proprio potenziale, senza pagare troppo in termini di capacità di relazione.
«Probabilmente i due errori più comuni in questi casi sono quelli di non riconoscere il genio del bambino o, al contrario, fargli troppa pressione perché riesca. Nel caso di Simon questi errori non sono stati fatti, anzi la sua famiglia lo ha assecondato nelle sue aspirazioni, dandogli la migliore istruzione possibile. Purtroppo però questa ha incluso anche anni in un collegio esclusivo, dove quel bambino strano, sensibile e indifeso, lontano dalla protezione della famiglia, è rimasto esposto al bullismo dei compagni. E questo, secondo Simon, ha inciso molto sulla sua autostima. Un altro errore è stato pretendere che invece seguisse i normali percorsi educativi, così da infliggergli anni di noia in classe. Infine non ci si è resi conto di che cosa avrebbe comportato per Simon il completamento della sua opera più importante, l’Atlante dei gruppi finiti, un libro in cui, per dirla nella maniera più semplice possibile, si elencano tutti i modi di base in cui delle figure geometriche possono essere ruotate senza che cambino forma. È l’equivalente, per la Teoria dei gruppi, della Tavola periodica per la chimica. Quando quest’opera fu terminata i ricercatori di cui Simon era diventato amico sono passati ad altro, mentre lui è rimasto solo, ossessionato dall’idea di completare il più grande dei gruppi finiti, il Monster Group, descritto da una matrice di 808.017.424.794.512.875.886. 459.904.961.710.757.005.754.368.000.000.000 righe e colonne, che si sviluppa in 196.883 dimensioni, come scoperto dallo stesso Simon. L’incapacità di passare a un altro e più pratico settore, lo ha portato a perdere il lavoro all’Università e a ritirarsi in quel seminterrato, dove ha sviluppato un’ossessione per gli orari di autobus e treni, ma ha anche continuato a perfezionare la definizione del Mostro, tanto da essere spesso invitato a congressi internazionali».
La famiglia benestante lo ha salvato da una fine miserevole.
«Sì, il denaro gli ha permesso di seguire i suoi interessi, ma lo ha anche danneggiato, perché non ha dovuto apprendere le abilità sociali e pratiche necessarie a mantenere lavoro, casa e relazioni. Negli anni in cui l’ho frequentato, l’ho aiutato a mettere in ordine il suo appartamento e a comportarsi in modo più accettabile. Alla fine del primo viaggio che abbiamo fatto insieme, Simon mi girò le spalle, andandosene senza neanche salutarmi. Dopo l’ultimo, mi ha detto “arrivederci”. Almeno questo gliel’ho insegnato».