Glenn Greenwald e Stefania Maurizi, L’Espresso 6/12/2013, 6 dicembre 2013
DA QUI CI SPIANO GLI AMERICANI
Un’unità speciale che opera sotto copertura, protetta dall’immunità diplomatica, ma con una missione delicatissima: spiare le comunicazioni della leadership italiana. A rivelarlo sono i documenti top secret di Edward Snowden, che "l’Espresso" pubblica in esclusiva per l’Italia in collaborazione con "Repubblica". Un file descrive l’esistenza e le attività dello "Special Collection Service" (SCS) a Roma e a Milano: si tratta dello stesso team che, secondo il settimanale tedesco "Spiegel", ha spiato il telefonino del cancelliere tedesco Angela Merkel. «I siti in cui si trova lo Special Collection Service», recita il documento in possesso de "l’Espresso", «forniscono molta intelligence in presa diretta sulle comunicazioni della leadership, una missione largamente facilitata dal fatto di essere presente nella capitale di una nazione».
Sono documenti molto importanti perché smentiscono le rassicurazioni fornite dal premier al Parlamento. Tre settimane fa, in un’informativa alla Camera, Enrico Letta ha detto: «In base all’analisi della nostra intelligence e dei contatti internazionali, non risultano compromissioni della sicurezza delle comunicazioni, né dei vertici di governo, né delle nostre ambasciate, né risulta che la privacy dei cittadini sia stata violata». Invece questi documenti top secret raccontano un’altra storia.
D OLCE VITA E SEGRETI AMARI. Lo Special Collection Service è forse l’unità più speciale dell’intelligence statunitense. Squadre sotto copertura diplomatica, infiltrate nelle ambasciate-chiave di tutto il mondo per tenere sotto controllo governi amici e nemici. Un documento top secret in possesso de "l’Espresso" rivela che «nel 1988 il programma disponeva di 88 basi, è stato il nostro record», recita il file della Nsa, la più potente agenzia di spionaggio elettronico del mondo. Le operazioni dell’Scs hanno un obiettivo preciso: sorvegliare le comunicazioni della leadership, le personalità che dominano la vita politica e probabilmente economica delle nazioni in cui agiscono. Per questo le centrali della Scs sono in genere nel cuore del potere: nelle ambasciate o nei consolati americani, muovendosi in stretta collaborazione con la Cia. Anche a Roma, nell’edificio di via Veneto, sui tetti che hanno visto scorrere la Dolce Vita.
I file di Snowden rivelano che, almeno fino al 2010, in Italia lo Special Collection Service è presente in ben due siti: a Roma, dove ha uno staff composto da agenti sotto copertura, e a Milano, capitale economica del Paese, dove - secondo un documento pubblicato per la prima volta dallo "Spiegel" - l’unità Scs opererebbe in modo totalmente automatizzato, ovvero senza l’ausilio di agenti. La presenza di ben due postazioni in un Paese relativamente piccolo come l’Italia, è un’eccezione: accade solo in Germania, bersaglio privilegiato dello spionaggio americano in Europa.
Dopo la caduta del Muro di Berlino la rete dello Scs è stata ridimensionata: la stagione degli 007, soprattutto nel Vecchio Continente, sembrava al tramonto. Ma l’11 settembre ha riaperto la sfida globale della sorveglianza. Un file del 2002 illustra che gli Stati Uniti avevano 65 unità attive in tutto il mondo, mentre altre strutture erano in corso di allestimento (future survey site): tra questa viene indicata anche Milano, emersa subito come un crocevia del terrorismo islamico. Nel decennio successivo la potenza dello Special Collection Service è tornata a crescere, sfiorando il primato raggiunto a fine anni ‘80. Nel 2010 risultano attivi circa 80 avamposti in tutto il mondo: Roma e Milano figurano nella lista come postazioni operative.
MISTERO SUL TETTO. A Berlino, le antenne dell’Scs sono state nascoste sui tetti delle ambasciate, da dove potevano captare le telefonate dei cellulari nella sede del governo e agganciare i ponti radio. E a Roma? "L’Espresso" ha fatto esaminare le strutture della sede diplomatica americana a Duncan Campbell, il giornalista specializzato britannico che nel 1988 ha rivelato lo scandalo Echelon, la prima rete segreta di spionaggio globale costruita dall’alleanza dei Five Eyes, tra servizi statunitensi, britannici, australiani, canadesi e neozelandesi. Esaminando i tetti del palazzo di via Veneto, Campbell ha concluso: «La presenza del sistema di raccolta nascosto dello Special Collection Service, sul tetto dell’ambasciata di Roma, è chiara ed è una struttura tipica a quella di altre ambasciate in giro per il mondo. Non ho alcun dubbio che la struttura cubica a forma di tenda individuata dalla freccia è un sistema per nascondere la raccolta di intelligence elettronica (Sigint, ndr), con molte antenne non visibili, capaci di ascoltare: telefoni delle reti Gsm, Gprs, 3G e Cdma, come anche i canali di comunicazione del governo e della polizia e di supportare anche le attività speciali della Cia, come le intercettazioni mirate. La struttura ha probabilmente un rivestimento di plastica o di legno con pannelli dielettrici. La parabola satellitare che si vede all’altro angolo del tetto non è per la raccolta di intelligence elettronica o dello Special Collection Service, ma per le (ordinarie, ndr) comunicazioni diplomatiche, probabilmente attraverso un satellite Us Dscs».
DIPLOMAZIA ITALIANA NEL MIRINO. I file di Snowden smentiscono clamorosamente il premier anche su un altro punto fondamentale: lo spionaggio ai danni della nostra diplomazia. Nonostante fossero già trapelate indiscrezioni sulla stampa inglese, Enrico Letta ha dichiarato alla Camera: «Non risultano compromissioni della sicurezza delle comunicazioni, né dei vertici di Governo, né delle nostre ambasciate». Invece i documenti che "l’Espresso" ha ottenuto descrivono con chiarezza l’attacco alla nostra rappresentanza di Washington.
Un file del settembre 2010 classificato "top secret/ noforn", ovvero "top secret e non rilasciabile a cittadini stranieri", rivela che l’ambasciata a Washington è stata oggetto non di una operazione di spionaggio, ma di ben due: la prima, indicata con il nome in codice "Bruneau" si riferisce alla missione segretissima "Lifesaver", che permetteva alla Nsa di succhiare tutte le informazioni contenute nei computer, duplicando gli hard disk. La seconda, dal nome in codice "Hemlock", invece, indicava la missione "Highlands", che dava accesso alle comunicazioni attraverso sistemi "impiantati" all’interno degli uffici. Il file non specifica se questi "impianti" fossero microspie piazzate nelle strumentazioni elettroniche oppure sofisticati software in grado di infettare le apparecchiature dell’ambasciata, rubando conversazioni telefoniche e email. Tutto questo infatti fa parte di un elenco di missioni definite "Close Access Sigads", che lascerebbe intendere una raccolta dati molto ravvicinata. Infine nelle pagine di Snowden figurano anche sigle non meglio chiarite come il suffisso "PD" e il codice "COOP".
Le operazioni che hanno preso di mira la nostra ambasciata di Washington potrebbero essere state sospese dopo il 2010: nel file, infatti, sono indicate con un asterisco che, secondo quanto riportato nel documento stesso, indica obiettivi che «sono stati o abbandonati oppure messi in lista per essere abbandonati in un futuro vicino». Il testo rimanda, tra gli altri, a una divisione particolare della Nsa, la "Tao", o "Tailored Access Operations" che, ha scritto il settimanale tedesco "Spiegel", gestisce tecniche speciali per obiettivi veramente straordinari, come la posta elettronica dell’ex presidente del Messico, Felipe Calderon. In fondo al documento, infine, risulta che il file del 2010 è "derivato" da un rapporto della Nsa datato 2004: la nostra ambasciata è stata spiata da allora?
SOVRANITÀ LIMITATA. Fin da quando lo scandalo Nsa è scoppiato, gli Stati Uniti hanno sostenuto in tutte le sedi che la Nsa mira a proteggere gli Stati Uniti e i suoi alleati dal terrorismo. Ma cosa c’entra lo spionaggio ai danni di un Paese amico con la lotta al fondamentalismo qaedista? I governi di Roma sono sempre stati considerati affidabili su questo fronte. Nei cablo rivelati da WikiLeaks l’ambasciatore americano Ronald Spogli arriva a scrivere che l’Italia di Berlusconi si «impegna automaticamente nel nostro interesse»: una fiducia così profonda da spingere Spogli ad avvicinare Enrico Letta, all’epoca sottosegretario del governo Prodi, per chiedergli collaborazione al fine di fermare le indagini dei magistrati di Milano sul sequestro Abu Omar condotto dagli agenti Cia. Oggi Letta da Palazzo Chigi si è rivolto persino al presidente Obama e al suo vice John Kerry per ottenere la verità sulle attività di intelligence americane sul nostro territorio: «Sono convinto che ci verranno dati tutti i chiarimenti», ha detto.
"L’Espresso" ha interpellato la Nsa, il Dipartimento di Stato e quella della Giustizia di Washington chiedendo commenti su questi file top secret prima della pubblicazione. A tutti il nostro giornale ha offerto anche la possibilità di sollevare osservazioni precise e obiezioni sulla sicurezza. Mentre il Dipartimento di Stato e quello della Giustizia non hanno risposto, la Nsa ha replicato, chiedendo di «fornire i nomi esatti o i titoli di tutti i documenti che intendete citare (nell’articolo, ndr). Sarebbe d’aiuto capire esattamente cosa state guardando», ci ha scritto via email la portavoce della Nsa, Vanee Vines. Il nostro giornale ha fornito alcuni dei titoli presenti nei quattro documenti che menzioniamo in questo pezzo e che pubblichiamo oggi, a quel punto la Vines ci ha chiesto di «fare luce sull’articolo stesso: cosa avete scoperto? Cosa sostenete nell’articolo?». L’Espresso si è rifiutato di condividere informazioni sul testo prima della pubblicazione, a quel punto la portavoce Vines ha inviato una mail in cui precisa: «Non commenteremo pubblicamente nessuna delle presunte operazioni di intelligence e il governo americano ha chiarito che gli Stati Uniti raccolgono intelligence straniera del tipo di quella raccolta da tutte le altre nazioni». Infine la Vines ci ha chiesto: «Come minimo, per favore, censurate tutti i nomi, i numeri di telefono e gli indirizzi email per ragioni di sicurezza». I documenti top secret esaminati da "l’Espresso" non contengono alcun nome, numero di telefono, indirizzo di posta elettronica.
I TALIA SOTTO SORVEGLIANZA . La sorveglianza di massa della Nsa non ha preso di mira solo il nostro governo e la nostra diplomazia, ma probabilmente anche milioni di cittadini italiani. Un file del programma top secret "Boundless Informant" titolato "Italy" rivela che, tra il 10 dicembre 2012 e il 9 gennaio 2013, la Nsa ha raccolto 45.893.570 metadati telefonici (vedi documento a pagina 38). Stime analoghe erano già circolate, ma ora il documento rivela l’incisività di questo monitoraggio. Tutti i metadati raccolti nel nostro Paese tra il 10 dicembre e il 9 gennaio 2013 si riferiscono alle comunicazioni telefoniche, a differenza delle slide pubblicate in Germania e in Francia, dove risultavano presi di mira i metadati delle comunicazioni via Internet.
La Nsa ha negato questa interpretazione dei documenti relativi a "Boundless Informant" quando sono stati pubblicati in alcuni (ma non in tutti) i Paesi, sostenendo che queste slide dimostrano solo la raccolta fatta a partire dal Paese menzionato nel file, non contro il Paese. Ma gli stessi documenti della Nsa che descrivono il programma recitano che esso ha come scopo quello di mostrare la raccolta di metadati fatta contro quella precisa nazione. Non è chiaro come e perché l’Italia dovrebbe raccogliere e poi consegnare alla Nsa oltre 45 milioni di dati sulle chiamate telefoniche ogni mese e non è chiaro se i servizi di intelligence italiani abbiano collaborato a questa raccolta che poi finisce in mano alla Nsa, ma è chiaro che un programma che la stessa Nsa definisce come «capacità di raccolta contro» la nazione nominata ha prodotto un diagramma che, per l’Italia, mostra un’enorme incetta di dati delle comunicazioni.
Raccogliere i metadati non è un’attività di spionaggio di serie B. Anche se è vero che i metadati non permettono di acquisire il contenuto delle conversazioni telefoniche, permettono comunque di ricostruire le vite delle persone, i loro contatti diretti e indiretti, le loro relazioni, la loro posizione minuto per minuto. Usando i metadati, si possono confrontare i dati per avere informazioni sugli incontri tra i politici, tra i politici e i loro assistenti e di questi a loro volta con imprenditori e altre figure. Insomma si può ottenere una mappa dettagliata delle relazioni istante per istante. In teoria, si può pedinare l’intero Parlamento, i leader dei partiti politici, i ministri, le istituzioni e milioni di cittadini.
METADATI RECORD. I file di Snowden rivelano che la raccolta di metadati telefonici in Italia tra il 10 dicembre 2012 e il 9 gennaio 2013 ha toccato punte quotidiane di oltre quattro milioni nei giorni della crisi politica che ha portato il governo di Mario Monti alle dimissioni. A Parigi la pubblicazione della quantità di informazioni sui telefoni francesi raccolte nello stesso periodo dalla Nsa ha provocato una dura crisi con Washington. In altri Paesi invece l’intelligence locale ha difeso l’iniziativa statunitense: in Norvegia gli 007 di Oslo hanno dichiarato che si trattava di un’attività realizzata da loro per combattere il terrorismo. Questa interpretazione, però, non torna con la descrizione del programma "Boundless Informant" presente nei documenti di Snowden: «Cliccando su una nazione, verrà mostrata la raccolta», recita il documento « che viene effettuata contro quella particolare nazione». Testualmente, si scrive "against": contro una nazione, non in suo aiuto o a partire dal suo territorio.
«I servizi norvegesi stanno manipolando (il dibattito,ndr)», spiega a "l’Espresso" l’ex senior executive della Nsa Thomas Drake. «Il programma "Boundless Informant" è finalizzato a visualizzare semplicemente quanto il sistema di sorveglianza della Nsa soddisfa i requisiti della raccolta di dati. Parte di questa raccolta è fatta in collaborazione con i servizi di sicurezza del Paese, attraverso accordi», racconta Drake, «lo scopo è mappare la sorveglianza di massa fatta contro il Paese ospitante» .
Come Enrico Letta ha escluso lo spionaggio ai danni del nostro governo, della diplomazia e degli italiani, così l’intelligence italiana ha sempre rigettato qualsiasi accusa di complicità. Nel suo discorso alla Camera, il premier Letta è arrivato a sbilanciarsi dicendo: «È ragionevole pensare che l’eventuale pubblicazione di altro materiale non sarà in contraddizione con il quadro attuale». E invece sì. I documenti top secret pubblicati ora da "l’Espresso" disegnano un quadro del tutto diverso.