Alessandro De Nicola, L’Espresso 6/12/2013, 6 dicembre 2013
EUROPEISTI AJO E OJO
Europa! Europa!», declamano il governo italiano, i sindacati, gli imprenditori, gli intellettuali e gli economisti "responsabili". Chi è contro è un populista, un irresponsabile, un grillino che crede all’esistenza delle sirene o un Berlusconi che magari inviterebbe le sirene a cene eleganti.
Come sempre, in politica le semplificazioni non aiutano a capire: si può essere europeisti ma non approvare alcune politiche fondamentali delle istituzioni comunitarie. Queste ultime non sono entità divine: composte da uomini con i loro interessi e idiosincrasie, sono perciò fallaci e le loro azioni sempre opinabili. Cerchiamo di semplificare anche noi: gli italiani, in genere e salvo i recenti rantoli anti-Merkel, sono tradizionalmente abbastanza filo-europeisti non solo per una loro atavica xenofilia (una delle nostre qualità migliori) che a volte deborda in complesso di inferiorità, ma perché hanno identificato le istituzioni comunitarie con il Nord Europa e con la sua classe di governo più efficiente e meno corrotta della nostra.
PECCATO CHE I NOSTRI vizi congeniti si riflettano anche nell’approccio all’Europa. Siamo europeisti a parole ma nei fatti risultiamo i più inadempienti del Vecchio Continente nell’attuare correttamente le norme che provengono da Bruxelles. Il 20 novembre la Commissione ha infatti comunicato l’apertura di ben undici procedure di infrazione contro l’Italia per violazione del diritto comunitario, proprio nella settimana in cui il governo annunciava le (pseudo) privatizzazioni che ci consentirebbero di andare a trattare con Bruxelles i nostri piani di risanamento.
Per dare un’idea, il secondo bersaglio è stata Cipro con sei procedure, a seguire la Romania con cinque e poi tutti gli altri. Peraltro, la Commissione europea ha tuttora in corso nei confronti del Belpaese ben 102 procedimenti di infrazione. Alla fine del 2012 il secondo più inadempiente, il Belgio, ne aveva 92 ma, ad esempio, Francia, Germania e Gran Bretagna stazionano tra le 61 e le 63. Inoltre, se esaminiamo le contestazioni mosse all’Italia, sono spesso per violazioni contro le libertà individuali, specialmente economiche, o per disparità di trattamento.
Tra le ultime, a ottobre, si segnalano quelle sulla inosservanza della parità di trattamento tra generi relativamente al regime pensionistico di uomini e donne e a novembre sulle diverse retribuzioni di insegnanti precari e di ruolo nelle scuole. Il governo italiano è giustamente terrorizzato dalle conseguenze economiche di tale parificazione: in realtà se ci fossero contratti di lavoro flessibili sia dal punto di vista dello stipendio che della mobilità, il problema non si porrebbe.
IN OTTOBRE è poi uscita la notizia che la Commissione si avviava a iniziare un’ulteriore procedura perché, nonostante il chiaro disposto del Trattato europeo che obbliga i giudici nazionali a riferire alla Corte di Lussemburgo, la Cassazione aveva ignorato le doglianze di un imprenditore costretto a pagare una tassa non dovuta ai sensi del diritto comunitario e si era rifiutata di sottoporre ai colleghi europei l’interpretazione della norma Ue: tu quoque Cassazione! Nella tornata di novembre, poi, si è rimproverato all’Italia di non recuperare aiuti di stato illegalmente concessi a imprese di Venezia e Chioggia nonostante che la prima decisione della Commisione in merito risalga addirittura al 1999.
In molti casi inerzia, furbizia, negligenza sono alla radice degli inadempimenti italiani. In altri prevale una palese malafede motivata da ragioni elettorali o lobbistiche. Si prenda il caso degli Ogm. La Corte di Giustizia europea ha chiaramente ribadito che l’Italia non può proibire colture ammesse in Europa se non attraverso una complessa procedura dell’Autorità alimentare europea di Parma che ne accerti la dannosità.
Ebbene, come spiega bene l’associazione Italia Aperta (www.italiaperta.it), il governo ha invece promulgato un decreto che proibisce la coltura del mais transgenico Mon810. Il ministro De Girolamo è consapevole dell’illiceità, ma si è consolata dicendo che finora Bruxelles non ha agito contro la Francia che ha emanato provvedimenti similari.
Insomma, ho l’impressione che a far più danno all’Europa non sia chi vaneggia sull’uscita dall’euro, ma gli europeisti "ajo e ojo" che le sorridono e poi fanno i comodi loro.