Francesco Carlà, La Gazzetta dello Sport 6/12/2013, 6 dicembre 2013
CITTA’ FALLITE: DETROIT E ROMA, CHE DIFFERENZA
Un giudice americano ha concesso a Detroit la possibilità di non pagare miliardi di dollari di debiti contratti negli anni. O perlomeno: sotto la protezione del programma per la bancarotta, Detroit può rinegoziare questi debiti. Parliamo di oltre 13 miliardi di euro di impegni che la città ha contratto, tra l’altro, anche con sindacati e pensionati. Le pensioni non saranno tagliate, ma valgono il 20% del totale. Quindi è probabile che vengano rinegoziate. La città non può pagare. E la spiegazione è chiara: per ogni dollaro incassato da Detroit il 40% se ne va per i debiti. Una quota che, senza la protezione della legge sul fallimento, sarebbe salita al 65%. Il Comune pensa di vendere le collezioni d’arte dei musei e la società dell’acqua per ridurre il debito. Ecco che cosa succede, in America, quando una città fallisce.
E in Italia? Nell’ultimo ventennio sono stati quasi 500 i comuni italiani che hanno dichiarato fallimento per l’impossibilità di ripagare i propri debiti. Città come Napoli, Catania, Messina, Cosenza, Foggia, Benevento, Reggio Calabria, Chieti, e Potenza: quasi un miliardo di euro di aiuti pubblici. Roma ha più o meno gli stessi debiti di Detroit. Ma la differenza tra gli Stati Uniti e l’Italia è decisiva: il debito dei comuni finisce nel calderone del debito pubblico : circa cento miliardi di euro sul totale di oltre duemila. Le nostre città devono solo prendere un impegno per la riduzione delle spese correnti tra il 5 e il 15% e ridurre le uscite per trasferimenti ad altri enti del 25/30%.