Angela Camuso, il Fatto Quotidiano 4/12/2013, 4 dicembre 2013
QUESTURA DI ROMA, CRONISTI DI NERA ADDIO
I cronisti romani di “nera” sfrattati dalla Questura scendono sul piede di guerra. Dopo una raccolta di una quarantina di firme, il presidente del Sindacato Cronisti Romani ha fatto appello con parole severe al questore Fulvio Della Rocca perché da più di un mese, in via San Vitale, non esiste più una sala stampa, il luogo da dove generazioni di giornalisti hanno seguito in diretta i delitti consumati nella Capitale. Non era mai successa una cosa del genere dal luglio del ‘45, quando fu riaperta la Questura ai giornalisti, dopo la fine della guerra e dell’occupazione tedesca del nord d’Italia. “È sopraggiunta la sorprendente decisione di chiudere la sala stampa in prospettiva di impalpabili, almeno a nostro avviso, trasferimenti altrove – ha scritto Romano Bartoloni, il presidente del Sindacato Cronisti Romani, in una lettera inviata il 25 Novembre scorso al questore. “Offrire ai giornalisti spazi di lavoro indipendente – afferma Bartoloni – è vitale ed essenziale per garantire l’esercizio del diritto dovere di cronaca”.
Dal momento che dal questore non è giunta mai, finora, una nota ufficiale in merito, le notizie, ufficiose, dicono che il proposito sarebbe quello di allestire una nuova sala stampa nella stanza attigua alla sede precedente, sempre al piano terra di via San Vitale, dov’era l’ex ufficio posta che adesso ha preso il posto della sala cronisti. Sede più piccola, di un terzo, dell’altra, che aveva pure i bagni privati e che è già diventata il nuovo ufficio posta. L’ambiente è stato rivoluzionato tranne che per la targa bronzea, che ancora ieri era lì, avvitata al muro a imperitura memoria: “Questura di Roma 1945 -2005 – c’è scritto –. Nei giorni della rinascita della democrazia e delle libertà, un gruppo di cronisti, al lavoro nella sala stampa pose le fondamenta ideali per la ricostruzione”.
“La decisione di chiudere è stata preannunciata con una telefonata gentile di circa un paio di mesi fa da parte dell’ufficio stampa ai diretti interessati, tutti invitati a portar via tutti i propri effetti personali e i documenti. In molti, avendo le chiavi di accesso riservato allo stanzone, tenevamo infatti piccoli archivi nei cassetti delle scrivanie”. La motivazione è stata una nuova riorganizzazione degli spazi: quello stanzone, secondo la Questura, era diventato troppo grande rispetto alla frequenza con cui veniva utilizzato. Dice Giorgio Lascarachi, cronista da una vita, 87 anni: “Io ho finito il mio lavoro il 23 settembre 2013, quando sono andato a prendere la mia roba. Ma la causa siamo stati noi... La maggior parte di noi ha abbandonato la frequenza. La prima sala stampa era una stanzetta del secondo piano. Il giorno che ho iniziato sentivo i cannoni sparati dagli americani che festeggiavano. All’epoca telefonicamente ci arrivavano i fonogrammi; naturalmente la polizia prima di dettarceli faceva una cernita. Da lì si è scesi al piano terra dove ora c’è la banca. Questo fino al ‘58, quando andammo al Campo Marzio. Lì c’era la casa del questore e anche la squadra mobile. Si rientrò quindi in Questura e si ebbe una stanza di fronte all’ingresso del capo della mobile. Ma era proprio di fronte, per cui potevi controllare benissimo. In più c’era un’altra stanza, dotata di cabine telefoniche. L’ultima sede è stata inaugurata nel ‘92, quando ancora noi giornalisti avevamo la possibilità di girare liberamente. Fino a un certo periodo si faceva il cosiddetto ‘giro’ cioè si andava, tutti insieme, prima dal capo di gabinetto, poi dal capo della omicidi, ecc. Per non parlare dei tempi ancor tempi più remoti quando si telefonava all’allora questore Marocco e si andava tutti in pizzeria, si pagava ‘alla romana’ e poi si correva a scrivere il pezzo”. Fino a una decina di anni fa, la sala cronisti era un via vai, con la ricetrasmittente sintonizzata sulle frequenze del 113 a fare perennemente da sottofondo. Si lavorava insieme, pur se per testate concorrenti e dunque si riuscivano a scoprire più cose. A un certo punto però il gruppo dei “questurini” è diventato sempre più sparuto, fino in pratica a sparire e ora i giornalisti entrano con una tesserina di accredito, alla squadra mobile si accede solo su appuntamento, le frequenze radio delle volanti sono per la maggior parte criptate e non si leggono più i brogliacci ma si mandano ai cronisti comunicati via mail, che vengono rilanciati sulla rete.
Marco De Risi, storico cronista de Il Messaggero, è uno che in Questura continua ad andarci tutti i giorni perché questo è il suo lavoro. “Che si utilizzi attualmente o no, è importante comunque che ci sia uno spazio a nostra disposizione – dice De Risi –. Mi risulta però che la Questura si stia adoperando per ridarci questo spazio. Per il resto penso che la cronaca nera è la quintessenza della realtà. E la sala stampa in Questura ha un valore simbolico altissimo”.