Furio Zara, Corriere dello Sport 4/12/2013, 4 dicembre 2013
ARRIVA BRAZUCA L’EVOLUZIONE DELLA SPECIE
Tutto merito del maiale, e ti pareva. In principio fu una vescica di maiale gonfiata. La vescica stava dentro la palla: dovete immaginare un boero, quel cioccolatino vintage, ebbene, un boero indurito dal tempo con una ciliegia andata a male lì dentro. Rimbalzava un po’ dove gli pareva, poi – quasi subito – si afflosciava stremata. Era come prendere a calci un copertone sgonfio. Ha del miracoloso il fatto che nessuno all’epoca abbia pensato di darsi al golf o alla lettura dei classici russi.
RIMBALZO NELLA STORIA – A metà dell’800 tale Charles Goodyear progettò i primi palloni con vesciche di gomma vulcanizzata. Tutta un’altra vita. Questi perlomeno rimbalzavano. Un piccolo passo per l’uomo, un grande rimbalzo per l’umanità. Da allora non abbiamo più smesso di pensare che rincorrere un pallone – e prenderlo affettuosamente a calci – non sia che un modo per sentirsi vivi, forse felici, del resto fu Gianni Brera a scrivere che l’equilibrio del pallone «mima la prodigiosa armonia dei mondi».
IL BRAZUCA Oggi siamo arrivati a questa meraviglia moderna, il «Brazuca» (significa informalmente «brasiliano», il nome è stato scelto da un milione di votanti), il pallone Adidas del Mondiale, presentato ufficialmente ieri. I pannelli curvi termosaldati traggono ispirazione dai braccialetti portafortuna (fita do Senhor do Bonfim da Bahia) tipici del paese. Al «Brazuca» ci si lavorava da oltre due anni. E’ stato testato da chi se ne intende: Messi, Casillas («E’ un pallone fantastico»), Schweinsteiger e Zidane. L’innovazione strutturale più significativa è una particolare simmetria formata da sei pannelli identici. La tecnologia per la camera d’aria è quella usata per i palloni della Champions League. E’ più leggero, più morbido, più dinamico, più televisivo, più pensato per garantire precisione, stabilità e visibilità. Ma soprattutto, Se si può dire: sembra un pallone più allegro.
ULTIMA TAPPA Il «Brazuca» è l’ultima tappa di una evoluzione della specie che parte da lontano. Passaggi chiave sono stati il primo pallone con l’involucro esterno in cuoio e cucito a mano (fine ’800), quello con la camera d’aria resistente (anni ’20) e la sfera impermeabile degli anni ’50. Erano palloni duri, bitorzoluti, pesanti: calciare era una condanna. La rivoluzione copernicana ci fu con il «Buckyball» (dal nome del suo inventore: Richard Buckminster Fuller), 20 tessere esagonali e 12 pentagonali cucite insieme. Ai Mondiali di Mexico ’70 «Telstar» (prodotto Adidas) segnò un’epoca: fondo bianco e pentagoni neri per esigenze tivù, e infatti il nome deriva da «Star of Television».
ETRUSCO E LE NOTTI MAGICHE – Da allora niente fu come prima. Sono i Mondiali a dettare la punteggiatura della storia del pallone. L’urlo di Tardelli scaturì dopo aver calciato il «Tango España» (evoluzione del Tango 1978), nell’86 c’era l’«Azteca», nel fermo immagine di Totò Schillaci che sgrana gli occhi c’è un «Etrusco» che scivola via nelle notti magiche di un’estate «italianaaaaaa», è un’apparizione il «Fevernova» (Corea-Giappone 2002), con la schiuma sintattica (già provata a Francia 98 con il «Tricolore») che migliora la risposta al tocco e aumenta la carnalità del rapporto tra noi e il pallone. La novità del «Teamgeist» con cui trionfiamo a Berlino (2006) è l’oro, che richiama il colore della Coppa Italia. In Sudafrica c’era lo «Jabulani», maledetto nei secoli dai portieri.
FELICITA’ PRESA A CALCI – In Brasile tocca al «Brazuca». Lo si dice da tempo: il Mondiale in Brasile è il Calcio che torna a casa. Vero, per un popolo che ha più di trenta sinonimi per definire il pallone, come se ogni volta ci fosse un termine migliore per chiamarlo amore. Tra i più belli: la Bambola, la Paffutella, la Pillola, la Rotonda, l’Amica, la Tipa, la Gonfia, la Castagna, la Signorina, la Capricciosa. Piedi educati e milionari tra qualche mese calceranno il «Brazuca», lì dove una volta – ma anche adesso in qualche favelas – si gioca con un’arancia, un involtino di calzini e maglie dismesse, uno straccio riempito di carta. Cambiano i piedi, cambiano i palloni. Ma è sempre felicità da prendere a calci.