Elena Rinaldi, TuttoScienze, La Stampa 4/12/2013, 4 dicembre 2013
LA SFIDA DELLA SFERA TAGLIATA
A volte in matematica il procedimento conta più del risultato. A testimoniarlo è la scoperta di un dottorando della Cornell University, Yash Lodha, che con il suo professore, Justin Moore, ha trovato un nuovo controesempio a una congettura che per decenni si è rivelata un vero grattacapo. Si tratta del problema di Day-von Neumann, enunciato da John von Neumann nel 1929 e riscoperto 20 anni dopo dal matematico Mahlon Day.
Tanto affascinante quanto spinoso, il problema si fonda sul paradosso di Banach-Tarski, secondo il quale, se si considera una sfera e la si taglia in un numero finito di pezzi (minimo cinque), ricomponendo questi stessi pezzi si ottengono due nuove sfere della stessa dimensione di quella iniziale. A chiunque abbia anche una minima esperienza in fatto di puzzle l’affermazione risulterà assurda. Tuttavia questa corrisponde a verità, in quanto è stata dimostrata attraverso un procedimento logicamente coerente con il sistema di assiomi considerato. La differenza tra il puzzle e la sfera è che, mentre il primo può essere ricostruito sul tavolo, in uno spazio in due dimensioni, la seconda ha bisogno di un ambiente tridimensionale. Inizialmente i matematici ritenevano che a rendere possibile il paradosso fosse proprio la geometria tridimensionale. Von Neumann, invece, comprese che era solo la sfera ad avere questa caratteristica, grazie alle proprietà delle simmetrie che contiene.
L’insieme che descrive le simmetrie degli oggetti è un ente matematico che gode di proprietà ben definite e che prende il nome di gruppo: tutti i gruppi che si comportano come la sfera hanno proprietà di «amenabilità». Von Neumann notò che i «gruppi amenabili» hanno strutture che godono della proprietà commutativa (quella per cui se anche si scambiano gli elementi in un’operazione il risultato non muta) e si chiese se fosse anche vero che tutti i «gruppi non amenabili» contengono una struttura non commutativa. In sostanza, la causa della non «amenabilità» sono le strutture non commutative?
La domanda impegnò a lungo i ricercatori fino a quando, una decina di anni fa, Maxim Olshanskii e Mark Sapir trovarono esempi di gruppi «non amenabili» che non contengono strutture non commutative. Il più recente, ora, è il gruppo di Lodha e Moore, che, oltre a dare un ulteriore contributo al problema di Day-von Neumann, ha un interesse aggiunto, perché è stato dimostrato con tecniche geometriche che permettono nuove procedure per la classificazione di questi stessi gruppi. E, sebbene si tratti di uno studio totalmente astratto, le applicazioni sono concrete: un esempio è la crittografia per «blindare» le comunicazioni via web.