Monica Mazzotto, TuttoScienze, La Stampa 4/12/2013, 4 dicembre 2013
“E ADESSO LA VERITÀ: OGGI QUANTE VOLTE HAI DETTO UNA BUGIA?”
[Robert Trivers]
Difficile ammetterlo, ma l’inganno e le bugie fanno parte della vita di ognuno di noi. Alcuni studi sostengono che, nelle interazioni quotidiane, mentiamo una volta su cinque e che le persone che incontriamo ci mentono mediamente dalle 10 alle 200 volte al giorno. «Siamo profondamente bugiardi, mentiamo persino a noi stessi», sostiene Robert Trivers, uno dei più influenti biologi evoluzionisti e docente di Antropologia alla Rutgers University. «Il nostro bene più prezioso, il linguaggio, non solo ha rafforzato la nostra capacità di mentire, ma ne ha estesa la gamma. Possiamo mentire riguardo ad eventi lontani nel tempo e nello spazio, possiamo mentire riguardo ai comportamenti altrui e riguardo ai nostri pensieri». A questo tema Trivers ha dedicato il suo ultimo libro, «La follia degli stolti. Inganno ed autoinganno nella vita umana», pubblicato da Einaudi.
Professore, perché mentiamo?
«Il perché inganniamo il prossimo è un problema facilmente spiegabile in termini evolutivi ed è un fenomeno diffuso in natura a tutti i livelli, dai batteri e dai virus che mimano parti del nostro corpo per non essere aggrediti dal sistema immunitario ai predatori che usano il mimetismo per cacciare. Per capire quale vantaggio ne traiamo le faccio un esempio».
Ci spieghi.
«Immagini: io e lei siamo fidanzati e io le dico che lei è l’unica donna della mia vita, ma in realtà io ho un figlio in ogni paese vicino a dove viviamo. Oppure, per parità, lei mi dice che ha sempre amato soltanto me, ma in realtà il figlio che stiamo crescendo insieme non è mio. Evolutivamente parlando, è facile comprendere l’importanza e la finalità dell’inganno. Chi mente ha un guadagno nella propagazione dei propri geni, mentre chi viene ingannato ha solo un costo da pagare. E’ una lotta tra chi inganna e chi è ingannato; una coevoluzione, dove l’ingannatore deve diventare sempre più bravo nel mentire e l’ingannato diventa sempre più bravo ad individuare le menzogne».
Se il vantaggio evolutivo dell’inganno è chiaro, più difficile è capire perché spesso raccontiamo bugie anche a noi stessi. Che cosa ci guadagniamo?
«L’autoinganno è diverso. Mi sono sempre chiesto perché la selezione naturale avrebbe favorito i nostri meravigliosi organi di percezione, se poi l’immagine che arriva al cervello viene sistematicamente distorta dalla mente. Cosa ha aumentato, in passato, il successo genetico degli individui che attuavano questo comportamento? La mia idea è che l’autoinganno possieda il vantaggio di rendere l’inganno più efficace, più difficile da individuare. Mentiamo a noi stessi per mentire meglio agli altri. Infatti, quando mentiamo consapevolmente, il nostro corpo ci tradisce con tanti segnali: siamo tesi, la voce diventa più acuta, chiudiamo di meno gli occhi, facciamo pause nel discorso».
Altri studi sostengono che la funzione dell’autoinganno sia quella di farci vivere meglio soprattutto in situazioni difficili. Cosa ne pensa?
«Non sono d’accordo, perché l’autoinganno è offensivo e non difensivo. Gli psicologi sociali statunitensi affermano che la funzione dell’autoinganno sia quella di farti sentire bene e difenderti dai pensieri negativi. Ma questa visione è priva di una qualsiasi comprensione evolutiva riguardo alle funzioni. Non credo che un’emozione così importante per noi, come la felicità, possa essere regolata da qualcosa come l’autoinganno, che ha anche degli aspetti altamente negativi. Mentire è un gioco rischioso e mentire a se stessi probabilmente è ancora più rischioso, perché deliberatamente rimuovi te stesso dalla realtà e questo può essere letale».
L’autoinganno non porta dei benefici neppure nel caso in cui si manifesti sotto forma di sovrastima di se stessi?
«Forse ci sono alcune situazioni in cui raccontare a se stessi delle menzogne può portare dei vantaggi e sono abbastanza convinto che l’eccessiva sicurezza sia stata selezionata positivamente in epoche lontane, molto prima del linguaggio e dell’evoluzione dell’uomo, almeno in due contesti: nei conflitti aggressivi e nei corteggiamenti. Pensi che nei gamberi di fiume i maschi, che sono più sicuri di sé nell’affrontare o meno una lotta, sono spesso i vincenti, mentre quelli che si sottostimano sono spesso i perdenti. E tuttavia sono convinto che la sovrastima di se stessi sia una delle più antiche forme di autoinganno e possa portare al disastro».
A quali disastri si riferisce?
«Parlo di un’ampia gamma di disastri che vanno dai matrimoni falliti agli incidenti aerei, fino a disastri globali come le guerre».
A volte, però, ci comportiamo all’opposto, sminuendoci: anche questa è una forma di autoinganno, ma in questo caso con quali vantaggi?
«E’ un ottimo punto. Se è vero che il 70% della gente è convinta di essere più bella della media e nell’ambiente universitario il 94% dei docenti è convinto di essere migliore della media, ci sono persone che al contrario si sottostimano e anche in questo caso di autoinganno potrebbero esserci dei concreti vantaggi. Per esempio in alcune specie di insetti, di rane e di pesci i maschi riducono le loro dimensioni per assomigliare alle femmine e approfittare così di qualche accoppiamento “furtivo”. Per quanto riguarda l’uomo, invece, posso assicurarle che gli studenti che vengono da me con un atteggiamento dimesso, alla fine rubano molto più del mio tempo rispetto a quelli più aggressivi, che però magari sarebbero anche più bravi».
E’ più facile mentire a se stessi oppure agli altri?
«Una risposta semplice potrebbe essere nessuno dei due o tutti e due. Se l’inganno fosse solo vantaggioso, saremmo tutti dei bugiardi, e se al contrario fosse un comportamento costoso, perché facilmente smascherabile, allora questo sarebbe stato eliminato e saremmo tutti onesti. La stessa cosa vale per l’autoinganno. C’è è un equilibrio: quando i bugiardi sono rari, sono rari anche gli individui specializzati nell’individuarli. Se diventano troppo numerosi, aumenta la selezione per scoprirli e aumentano gli individui in grado di smascherarli e i costi si ribaltano».
Mentire è una capacità che richiede abilità cognitive elevate. C’è qualche legame dimostrato tra menzogna e intelligenza?
«Certo, mentire richiede un notevole potere della mente. Più i bambini sono intelligenti, più mentono. La maggiore evidenza di questo legame viene da uno studio sulle scimmie, dove è emerso che le specie che possiedono le dimensioni maggiori di una parte del cervello associata con l’intelligenza sociale, la neocorteccia, sono anche quelle che usano maggiormente l’inganno».
Se il mentire agli altri e a se stessi è un fenomeno plasmato dall’evoluzione per il nostro interesse, allora perché lo si dovrebbe ostacolare?
«La nostra evoluzione, in passato, ha favorito anche lo stupro, le guerre o l’abusare dei nostri bambini e altri comportamenti che possono essere vantaggiosi geneticamente per noi, ma che ovviamente non condivido in alcun modo. Con l’inganno e l’autoinganno è la stessa cosa: non credo in una vita o in una relazione oppure in un’intera società costruita sulla menzogna».
Uno studio sostiene che nell’interazione tra persone che si parlano per la prima volta si raccontano, in media, tre bugie ogni 10 minuti. Noi stiamo parlando da quasi un’ora: lei ha detto qualche bugia?
«Bella domanda. Diciamo che io dovrei avere un po’ di tempo per pensarci e poi individuarle! Quello che devo ammettere, però, è che pratico spesso l’autoinganno e infatti penso di essere molto intelligente!».