Giulia Zonca, La Stampa 4/12/2013, 4 dicembre 2013
CORRUZIONE E SPRECHI ESCE IN RUSSIA IL FILM SUI “GIOCHI DI PUTIN”
C’è un documentario che racconta gli sprechi e la corruzione dietro le Olimpiadi di Sochi. E non sarebbe una novità visto che ogni edizione dei Giochi si porta dietro retroscena simili. Il documentario in questione però è ironico, denuncia sullo stile del primo Michael Moore. Il tono scelto è già anomalo, ma quel che davvero sorprende è che tra un paio di giorni il film, intitolato «I Giochi di Putin», sarà presentato a Mosca. Uscirà indisturbato nella terra della censura.
È l’effetto olimpico che trasforma ogni Paese. La Russia è sotto il riflettore, ogni mossa viene vivisezionata e anche le alte sfere si sono convinte che è ora di offrire meno spunti possibili alle critiche. Una settimana fa Vitaly Mutko, il ministro dello sport, ha persino ammesso che sarebbe stato meglio occuparsi della legge «anti gay» dopo i Giochi e ha annunciato che il governo di Mosca non avrebbe fatto altri errori di valutazione. L’obiettivo è congelare ogni tensione fino a che non si spegnerà il braciere: accantonare e fingere indifferenza. Così all’ArtDocFest si stende il tappeto rosso per un lavoro che ridicolizza Vladimir Putin. In realtà il protagonista non è proprio lui e va detto che il comitato olimpico esce molto peggio del presidente da questo ritratto. Il regista russo-israeliano Alexander Gentelev finge di voler seriamente spiegare come mai l’ex riviera sovietica è diventata la città dei Giochi invernali e costruisce una parodia grazie al montaggio tra surreale voce narrante e vere interviste a chi vive nei posti stravolti dai lavori in corso e a chi dalle altre città assiste stupefatto alla trasformazione. Il presidente è sempre evocato, descritto, cercato per conferme e smentite che non arrivano mai, spiato in conferenze stampa e uscite pubbliche. Ci sono un paio di scene quasi comiche, come quelle in cui, in un crescendo di musica, Putin rilancia il budget che ormai si dice giri intorno ai 50 miliardi (coperti in gran parte dagli sponsor di stato come l’onnipresente Gazprom). E c’è pure qualche battuta destinata a circolare nei passaparola come il serafico commento del campione di scacchi Garry Kasparov (avversario politico di Putin): «Visto quanto costa è probabile che la nuova strada che collega le montagne al paese sia lastricata d’oro puro o forse l’hanno fatta in caviale».
Il produttore tedesco dice che nei mesi precedenti all’anteprima di «I Giochi di Putin» (ad Amsterdam, a metà novembre) ha ricevuto offerte milionarie per ritirare la pellicola: «Molti più soldi di quanti ne potrebbe mai fruttare il film. Ho rifiutato, ho evitato anche di incontrare l’intermediario che di certo agiva per conto dei politici e non avrei mai creduto che il film si sarebbe davvero visto a Mosca». È stato osteggiato, minacciato, insultato ma ormai il riflettore è puntato su Sochi 2014 e lasciarlo circolare è il male minore. Al Cremlino devono reggere ancora due giorni di pubblicità, poi la proiezione dove sono attese le seguaci delle Pussy Riot. Anche loro sono finite in un documentario, «Pussy Versus Putin» firmato dal collettivo «Le mogli di Gogol» e in circolazione solo fino a che la fiamma brucia.