Francesco Specchia, Libero 4/12/2013, 4 dicembre 2013
PRIVILEGIATI PER STATUTO
Il problema delle aziende italiane (una decimazione omerica: 34 chiusure al giorno e 500mila partite Iva vaporizzate all’anno) non è la Germania. È il Trentino Alto Adige.
Prendete il caso della Bonfiglioli Machatronic spa, multinazionale emiliana da 700 milioni di fatturato; trasferendo il suo cuore tecnologico a Rovereto pare abbia costretto alcuni dei suoi dipendenti a dimettersi; e le loro liquidazioni, riducendogli le tasse a percentuali di due cifre, gliel’ha pagate il Trentino Alto Adige. Coi soldi dei trasferimenti dello Stato, cioè i nostri. Ecco. È l’immagine plastica di quanto le regioni a statuto speciale - tutte e cinque, una fantastica casta invisibile - stiano cavalcando la crisi. In virtù di privilegi che prevedono un rapporto dei pagamenti allo Stato tra regioni ordinarie e speciali di 1 a 25 (e dal 1948 ad oggi, fatevi due calcoli...); e il trattenimento del 9/10 dell’Irpef (in Sicilia, per dire parliamo di 5 miliardi, in Sardegna di 2,8); e il dimezzamento dell’Imu; e l’azzeramento dell’Irap e i mutui favolosamente agevolati che spinge le imprese a dichiarare:«Qui abbiamo trovato le condizioni ideali». E ti credo. Di ’sti tempi è utile sfogliare il libro oggi sugli scaffali, La Casta a statuto speciale (Rubettino) compilato con dovizia certosina dal collega Pierfrancesco De Robertis del Giorno, già autore di un pamphlet sulle nefandezze economiche delle regioni, che anticipò gli scandali di tutti i Fiorito d’Italia. De Robertis lancia un’idea semplice: le magnifiche cinque stanno affondando lo Stato italiano. Aboliamole. Tramite un meccanismo banale e diabolico tutte le imposte statali restano alle Regioni speciali per finanziarie le competenze autonome (nel 2011 solo l’Irpef delle 5 era di 25,5 miliardi) mentre nelle ordinarie vanno allo Stato per la fiscalità generale. Welfare da sogno caricato sui dieci milioni di spalle di tutti (gli altri) cittadini.
«Esistono due italie. Nella prime le imprese lottano con il mercato, pagano le tasse, chiudono», spiega De Robertis «nella seconda o si è assunti dallo Stato (il caso dei 20mila dipendenti della Sicilia, 7 volte più della Lombardia); o le aziende fronteggiano pressione fiscale inferiore (in Trentino per le start up l’Irap è azzerato per cinque anni) o possono contare su salvagenti pubblici inimmaginabili. In Val d’Aosta esiste la romanzesca figura della «tata familiare », laddove il genitore può portare il figlioletto in locale pubblico ultrattrezzato quasi a gratis.
Sempre qui c’è il contributo di riscaldamento, i bon de chaufage, i buoni-benzina (un migliaio di litri a l’anno esentasse con abbattimento del prezzo fino al 45%) risalenti al dopoguerra; erano talmente scandalosi che oggi il buono è rimasto solo per consorzi e cooperative agricole; ma, considerato che in Val d’Aosta gli agricoltori sono più delle vacche al pascolo, la situazione non cambi molto. Il reddito minimo, cavallo di battaglia di Grillo, in Trentino è realtà da 4 anni per 10mila famiglie; è il «reddito di garanzia » per cui una famiglia con reddito di 700 euro mensili viene integrata con 400, per un massimo di 4 mesi, rinnovabili. Che parrebbe una conquista sociale. Ma se «il modello Trentino» fosse applicato in tutt’Italia, l’onere per le casse pubbliche sarebbe di 5 miliardi (1 miliardo al nord, 0,6 al centro e 3,7 al sud). Solo in Sicilia il costo sarebbe di 1 miliardo, che si sommerebbe al leggendario debito di 5 miliardi dell’Ars. Speriamo di non aver messo la pulce nell’orecchio a Crocetta. Trento e Bolzano, poi, sono concorrenziali fra loro anche nel concedere aiuti. Aiuti fantastici, sempre a spese nostre. Cito random: contributi per il canone di locazione, le colf, le badanti, l’acquisto di mezzi di locomozione per non deambulanti, i buoni per le vacanze al mare, il dentista e l’ortodonzia rimborsata, l’esenzione del ticket per terzo figlio, il congedo parentale per i padri fino all’ottavo anno di età del bambino compreso il buono-pannolino a 1 euro al giorno. Ma la parte più interessante rimane quella per le imprese. La delocalizzazione, grazie ai contributi e alle detrazioni (es. sgravi per gli affitti del 75%) dello statuto speciale, è un mantra. Bolzano nel 2009 ha stanziato per l’Eos, l’«ente per l’internazionalizzazione delle aziende» 8,6 milioni di euro (dal ’92sonoarrivati 245 milioni di investimenti pubblici per 1,61 miliardi d’investimenti). Concorrenza sleale, diciamolo. «La provincia di Belluno correva il rischio di sparire: 50 Comuni su 69 confinanti al Trentino hanno chiesto di essere annessi, anche se l’Alto Adige vorrebbe per sè soltanto Cortina. Anni fa il governo Prodi diede circa 50 milioni di euro per l’ippodromo di Merano, noi ci avrebbe sfamato l’intera provincia» commenta Maurizio Paniz, onorevole e avvocato forzista e bellunese che da tre legislature propone di cancellare le fantastic five. Ma non c’è nulla da fare. Anzi, è accaduto che, per tacitare le associazioni dei comuni confinanti,Prodi (non che Berlusconi abbia fatto meglio) abbia creato un «fondo di perequazione». Soldi. Senonché ad incazzarsi furono i confinati dei confinanti. Altri soldi. Fino a quando non sono finiti. Modo bizzarro di trattare il problema. Continua Paniz: «Nel Trentino, in un momento di cui si tendono a tagliare le poltrone, le hanno aumentate coi “consigli valle”: e la regione gode di disponibilità economica straordinaria, al punto che, se un contadino trentino gode di agevolazioni nell’acquisto dei beni agricoli, uno veneto paga e non gode affatto»; e lo stesso vale per hotel, beauty farm, opere urbane.... Idem per la Val d’Aosta e il Friuli. Naturalmente c’è il problema, enorme, di Sardegna e Sicilia, e l’abbiamo già denunciato allo stremo.
Ma la situazione di tale forma di parassitismo autorizzato non cambia. Chi lo tocca, muore. Ci provò l’ex ministro Roberto Calderoli: «In Trentino sono riuscito a ridurre i trasferimenti annuali di 1,3 miliardi. Tra 15 giorni toccherà alla Val d’Aosta; sto trattando per ridurre i loro di 180 milioni. Poi toccherà alla Sicilia, e sarà un casino. Conto di portare a casa un risparmio di 2,5 miliardi ..le Regioni con statuto prendevano l’Iva sull’importazione nonostante, col libero mercato, questa non esista più. Io me ne sono fottuto e gli ho bloccato i trasferimenti, così siamo arrivati a trattare ». Si sa com’è andata a finire...