Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 04 Mercoledì calendario

IL GIOCO SMACCATO DEL COMMISSARIO UE, CANDIDATO DI ANGELA


Troppe parti in commedia, stavolta, per Olli Rehn. L’intervista di ieri, in cui ha dichiarato di essere preoccupato per l’andamento del debito pubblico italiano è tardiva, contraddittoria ed inutilmente petulante: sa tanto di campagna elettorale personale, e soprattutto di captatio benevolentiae. Strizza tutti e due occhi gli occhi alla Germania, che ha un disperato bisogno di un candidato alla presidenza della Commissione di cui possa fidarsi ciecamente. Olli Rehn è il candidato perfetto: avendo interpretato senza deflettere il ruolo di mastino del rigore, può ben annunciare la candidatura al Parlamento europeo, nella tornata elettorale di maggio, mirando al ruolo di Presidente della Commissione. Se occorrono sponde forti in Germania, si spiega così la sollecitazione rivolta al Governo Letta affinché proceda ad abbattere il debito con la spending review e con le privatizzazioni, dando come scadenza febbraio. Un diktat contraddittorio, perché non riconosce che in questi ultimi due anni il debito italiano è aumentato, in rapporto al pil, a causa delle insane ricette adottate dalla Commissione, a cominciare dalla decisione di imporre il pareggio strutturale del bilancio a partire dal 2014. Una misura che è stata ritenuta unanimemente controproducente in un momento di recessione, e che l’Italia ha dovuto addirittura anticipare di un anno, su richiesta congiunta da parte della Bce e della Banca d’Italia nell’agosto del 2011. Da allora, manovra dopo manovra, il pil italiano è cominciato a scendere senza soste: né ci sono più coperture finanziarie che bastino, visto che le entrate continuano a scendere. Non solo ci troviamo nel paradosso più assoluto, visto che il Parlamento Europeo in scadenza si è già votato il bilancio pluriennale, dal 2014 fino al 2017, legando così mani e piedi all’Assemblea che verrà eletta a maggio, ma si capisce bene che l’obiettivo ulteriore di Olli Rehn è quello di piantare da subito un cuneo tra l’Italia e la Francia da una parte e gli altri Paesi mediterranei dall’altra, Grecia, Spagna e Portogallo. Mentre i primi sarebbero ancora in ritardo con le misure strutturale, questi ultimi hanno registrato progressi cospicui. È chiaro che si tratta di una carota, grande assai, per evitare che si realizzi una saldatura politica contro il Blocco del nord, composto ormai solo da Germania, Lussemburgo e Finlandia, visto che anche l’Olanda ha appena perso la tripla A. Gli alleati della Germania, nella prossima tornata, si conteranno sulla punta delle dita, ed è difficile immaginare la disponibilità di un esponente spagnolo, portoghese o greco, e tantomeno francese o italiano, che voglia mettere la faccia sul ruolo di Presidente della Commissione, con una prosecuzione della politica del rigore nei prossimi anni: non perché non ci siano personaggi politici che per ambizione personale che non farebbero di tutto, anche contro gli interessi del proprio Paese, ma perché il loro futuro politico in patria sarebbe compromesso per sempre. Serve un burocrate, dunque, un nominato affidabile, che si faccia eleggere per essere rinominato. Olli Rehn, con questa intervista, ha fatto cadere la maschera della strategia tedesca. In Germania è chiaro, come nel resto del continente, che le prossime elezioni al Parlamento europeo faranno esplodere il malcontento a mala pena sopito, e che si rischia di avere una ampia rappresentanza di euroscettici: occorre quindi provvedere per tempo, con candidature preconfezionate. Il pelo lisciato a Grecia, Spagna e Portogallo, mentre non si risparmiano ruvidità a Francia ed Italia, cela un ulteriore messaggio: né il Governo Letta né quello di Hollande si sognino di avere vita facile in futuro, e soprattutto non si illudano su un cambio di strategia. I viaggi che entrambi hanno compiuto a Berlino, come primi atti dopo l’entrata in carica, sono stati considerati una pubblica ammissione di debolezza ed una esplicita accettazione della politica del rigore. Sono considerati vassalli da tenere doppiamente sotto controllo, mentre agli spagnoli, ai greci e ai portoghesi, che neppure osano fiatare nonostante la situazione di grave sofferenza sociale, è stato dato atto della mansuetudine con cui hanno accettato il sacrificio del rigore. Olli Rehn ha compiuto però un errore a rilasciare l’intervista: è evidente la strumentalizzazione eccessiva che ha fatto della questione del debito pubblico, di cui si accorge solo ora. Nonostante il pareggio strutturale, ci troviamo con il 3% di deficit congiunturale; e ci chiede addirittura di forzare ancora la mano, con un avanzo strutturale di mezzo punto sul pil. Vuole l’Italia in perenne recessione, un regalo alla Germania che ha bisogno di un euro perennemente debole per poter esportare meglio nel resto del mondo. Passi pure per l’apertura della campagna elettorale che si è fatto gratis, utilizzando ancora per qualche giorno il ruolo di Commissario, ma chiederci addirittura di fare l’agnello sacrificale per sostenere l’export della Germania, questo no. È davvero troppo, neppure i tedeschi avrebbero osato tanto. Tra ambizione e presunzione, il confine è spesso assai labile, ma per fortuna è sempre tremendamente palese.