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 2013  dicembre 03 Martedì calendario

TROPPI FIGLI PER LA CINA, IL REGISTA ZHANG YIMOU SI SCUSA


Zhang Yimou, il regista di Lanterne rosse, ammette di avere violato la legge sul figlio unico, e si dice pronto ad accettare le pesanti multe previste dai codici cinesi. «Zhang e la moglie Chen Ting – si legge in un comunicato diffuso sul sito online Weibo – confermano di avere due figli e una figlia». Segue un mea culpa probabilmente finalizzato a ottenere uno sconto di pena: «Per le conseguenze negative delle mie azioni, vorrei esprimere pubblicamente le mie più sentite scuse».
Coraggioso nelle sue espressioni artistiche, Zhang evita prudentemente di sfidare le autorità su un terreno in cui la partita è persa in partenza. E si rassegna a pagare una multa salata. Poche ore dopo l’annuncio, il fisco intimava al reo confesso di denunciare tutti i suoi redditi per poterne calcolare con precisione l’ammontare. Di norma la somma da versare allo Stato è pari a otto o dieci volte il reddito medio annuale nella zona di residenza dell’imputato.
Lo scandalo, se tale si può chiamarlo, scoppiò sei mesi fa, quando cominciarono a circolare illazioni sulle paternità multiple di Zhang. Ben sette, con il concorso di diverse partner femminili oltre alla moglie. Ma nel rompere finalmente il muro di silenzio intorno alle proprie vicende private, l’autore delle coreografie inaugurali alle Olimpiadi di Pechino, nega tanta prolifica promiscuità: tre i rampolli, e tutti nati dalla stessa donna.
Probabile che la decisione di venire allo scoperto sia legata al cambio di rotta emerso recentemente al terzo plenum del Comitato centrale comunista in materia di controlli demografici. Presto diventeranno due i parti consentiti agli abitanti delle città, così come già è consentito da tempo alle famiglie contadine e alle minoranze etniche. Più in generale il governo sembra orientato a scelte più concilianti rispetto a questioni su cui esiste una forte sensibilità sociale. E Zhang avrà ritenuto che sia opportuno cogliere il momento favorevole.
L’allentamento dei vincoli alla procreazione avrà certamente tra gli effetti una minore frequenza dei trucchi cui molti cinesi erano costretti a ricorrere per aggirarli. Ce ne sono di particolarmente spericolati, per lo più costosi, e spesso funzionano solo grazie alla complicità di qualche funzionario disposto a certificare il falso. Uno dei più comuni, particolarmente diffuso secondo le cronache a Canton e dintorni, è l’accorpamento di lieti eventi avvenuti in epoche diverse, nella registrazione di un presunto unico parto gemellare. Le proibizioni di legge infatti si riferiscono non al numero di figli messi al mondo, ma al numero dei parti. Naturalmente occorre che all’anagrafe una mano amica, normalmente in cambio di congruo compenso, ometta di documentare la prima nascita. Un altro sistema è la finta disabilità. Se il primogenito è handicappato, la madre ha diritto a procreare nuovamente. Anche qui il raggiro va in porto solo se corrompi qualche pubblico ufficiale. È ovvio che normalmente ad avventurarsi lungo sentieri così tortuosi e rischiosi siano individui con buone disponibilità finanziarie e ottime protezioni negli apparati statali per minimizzare il rischio di essere scoperti. Un trucco da ricchi è anche il parto fuori sede. Per la precisione a Hong Kong, il cui regime di speciale autonomia esime dalla rigida osservazione di certe norme vigenti nella madrepatria. Bisogna spostarsi con ragionevole anticipo e attendere che il bebè venga alla luce nell’ex-colonia britannica, registrandone la nascita in loco. Ma presto, con i cambiamenti giuridici in arrivo, simili acrobazie al limite e spesso ben oltre la legalità, potrebbero risultare superflue.