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 2013  dicembre 01 Domenica calendario

AIDS, LA BATTAGLIA PUNTA ALLO ZERO


QUEST’ANNO È IL PREMIO NOBEL PER LA PACE DAW AUNG SAN SUU KYI IL TESTIMONE DELLA CAMPAGNA DELL’UNAIDS, l’Agenzia delle Nazioni Unite, per la giornata mondiale contro l’Aids. Lo slogan: zero discriminazione. Abbattere la discriminazione è solo uno degli obiettivi a lungo termine che l’Unaids si è dato nel programma «Getting to zero», ovvero «arrivare a zero». Gli altri sono, se possibile, ancora più ambiziosi: zero persone che muoiono di Aids, zero nuove infezioni da Hiv. È dura, ma si può fare, dicono gli esperti. E allora perché non provarci?
L’ottimismo deriva da alcuni dati: le nuove infezioni nel mondo sono crollate dal 2001 al 2012 del 33%, e addirittura del 52% nel caso dei bambini; le morti per Hiv sono diminuite del 30% dal 2005 ad oggi; nei paesi a basso e medio reddito nel 2012 ben 9,7 milioni di persone hanno avuto accesso alle terapie; l’anno scorso la lotta all’Aids ha avuto a disposizione 18,9 miliardi di dollari. C’è però il rovescio della medaglia: nel solo 2012 in tutto il mondo si sono infettate 2 milioni e trecentomila persone; nello stesso anno ne sono morte a causa della malattia 1 milione e seicentomila e, cosa davvero preoccupante, nella fascia d’età che va dai 10 ai 19 anni la mortalità è cresciuta del 50%; i quasi dieci milioni di pazienti che possono accedere alla cura nei Paesi poveri rappresentano solo il 34% di quelli che ne avrebbero bisogno secondo l’Oms; i soldi che servirebbero ogni anno per battere l’epidemia sono tra i 22 e i 24 miliardi di dollari. E, aggiunge l’Oms, i teenager sono particolarmente a rischio. Con le parole del direttore del dipartimento Hiv dell’agenzia delle Nazioni Unite: «Gli adolescenti sono sottoposti a pressioni sociali ed emozionali difficili da sopportare durante il passaggio dalla giovane età a quella adulta. Hanno una minore probabilità degli adulti di fare il test e spesso serve loro un maggiore supporto per poter seguire regolarmente le terapie».
La strada quindi è lunga e accidentata. Per capire quali sentieri si possono percorrere, l’Unaids insieme alla rivista medica The Lancet ha messo in piedi una commissione, ma nel frattempo gli obiettivi per il 2015 già ci sono: ridurre la trasmissione dell’Hiv della metà, ad esempio, o rendere l’accesso ai farmaci possibile a tutti coloro che ne hanno bisogno. Per quanto riguarda la discriminazione, un obiettivo fondamentale, dicono all’Unaids, è quello di avere tolleranza zero per la violenza di genere: su donne, omosessuali, transgender.

EUROPA IN RITARDO
Paradossalmente, in Europa e in Italia le cose vanno più a rilento che in altre parti del mondo. Per quanto riguarda le nuove infezioni, infatti, il Centro di controllo e prevenzione europeo (Ecdc) ha fatto sapere che nel vecchio continente nel 2012 si è registrato un aumento dell’8%. «Il 49% delle persone che ricevono la diagnosi – sottolinea Marc Sprenger, direttore dell’Ecdc – scopre troppo tardi di essere sieropositivo, quando ormai il sistema immunitario ha cominciato a cedere. Questo dimostra che dobbiamo rendere il test più disponibile in tutta Europa per assicurarci diagnosi precoci e quindi trattamenti più efficaci».
E in Italia? Per quanto riguarda la discriminazione, non sembra che il nostro Paese brilli per iniziative che vadano nella direzione auspicata dall’Unaids, mentre le nuove infezioni non calano: sono circa 4000 all’anno e sono stabili da anni. Inoltre, circa il 25% delle diagnosi vengono fatte tardi.
Le cure oggi permettono di condurre un’esistenza praticamente normale ad una persona con Hiv, ma vanno prese per tutta la vita e, sul lungo periodo, potrebbero dare problemi all’organismo. Si iniziano quindi a studiare strategie per eradicare, ovvero guarire definitivamente, l’infezione da Hiv. Sono ricerche stimolate anche dal recente caso di una bambina infettata dalla madre che aveva iniziato una terapia alla nascita e, alla sospensione della terapia dopo alcuni anni, non mostra più i segni della presenza del virus. Ma si studiano anche interventi che possano permettere all’organismo di controllare l’infezione senza l’ausilio dei farmaci. Un esempio è il vaccino sperimentato all’ospedale Bambino Gesù di Roma che non protegge dall’infezione, ma stimola risposte immunitarie che potrebbero contrastare la replicazione del virus anche in assenza di farmaci. Per quanto riguarda il vaccino vero e proprio invece le notizie non sono buone: il numero del 28 novembre del New England Journal of Medicine riporta i risultati di un’ulteriore sperimentazione di un vaccino che anche questa volta non ha mostrato alcuna efficacia protettiva.
Gli esperti di salute pubblica oggi parlano sempre più spesso di un approccio combinato alla prevenzione: «Si tratta – spiega Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani di Roma – di un approccio che si basa sull’informazione, la modifica dei comportamenti a rischio e la promozione dell’uso del condom, su un’offerta allargata del test per identificare tempestivamente le persone contagiate, sulla terapia antivirale che non solo migliora la salute delle persone con Hiv ma riduce anche il rischio che trasmettano l’infezione. Per questo il nostro istituto, aderendo all’iniziativa della European Hiv Testing Week, domani offre la possibilità di accedere ad un test rapido per l’infezione all’interno dell’ospedale dalle 10 alle 18».