Umberto De Giovannangeli, l’Unità 1/12/2013, 1 dicembre 2013
LE ARMI CHIMICHE SIRIANE SMALTITE NEL MEDITERRANEO
Quattromila container in giro per il mare (Mediterraneo?). Carichi di sostanze tossiche. Un «regalo» avvelenato di Bashar al-Assad. Gli Usa hanno offerto una loro grande nave ausiliaria, la «Mv Cape Ray», per effettuare in mare le operazioni per rendere innocue le sostanze pericolose, circa 1.300 tonnellate, del regime di Damasco. Tra queste, paradossalmente, le meno invasive sono le 30 tonnellate di precursori chimici del gas nervino Sarin (che fino a quando sono tenuti separati sono innocui). Diverso il discorso per le 30 tonnellate di gas vescicante iprite, meno letale ma essendo già conservato pronto all’uso, più pericoloso da gestire. Sulla nave, lunga 197,5 metri, larga 30 e con una stazza di 30.500 tonnellate, si potrà montare un impianto per l’idrolisi, in grado di separare i componenti chimici pericolosi che si trasformeranno però in 7.700 litri di scarichi, da steccare in 4.000 container, come riferisce l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac).
AZIENDE PRIVATE
II governo di Washington, si legge in una nota, ha proposto di contribuire con «tecnologia per la distruzione, sostegno operativo totale e finanziamenti per neutralizzare» le armi di Damasco. La distruzione, si apprende, avverrebbe in mare, nel Mediterraneo con ogni probabilità, da quanto si deduce dalle dichiarazioni di Sigrid Kaag, la diplomatica olandese che coordina la missione congiunta Onu-Opac in Siria: «L’operazione si terrà fuori dalle acque territoriali siriane». Il processo di smaltimento, da realizzarsi con la partecipazione della Siria, dovrebbe concludersi entro il 31 dicembre. L’Opac vuole anche che circa 800 tonnellate di sostanze chimiche, normalmente smaltite in strutture industriali civili nel mondo, siano distrutte da compagnie private come parte del piano per eliminare del tutto le armi chimiche dalla Siria entro la metà del 2014.
Nel frattempo, è salito a 35 il numero delle aziende private che si sono dette disponibili a distruggere le sostanze chimiche che la Siria ha dichiarato essere parte del suo programma di agenti tossici. Lo ha dichiarato un funzionario dell’Opac. In precedenza il direttore dell’organizzazione delle Nazioni Unite, Ahmet Uzumcu aveva riferito durante un incontro che 28 aziende private avevano inviato manifestazioni di interesse per distruggere parti delle scorte delle sostanze chimiche meno pericolose provenienti dalla Siria. L’Opac la scorsa settimana aveva chiesto di farsi avanti alle aziende che vogliono avere un ruolo nel «trattamento e smaltimento di prodotti chimici pericolosi e non pericolosi, organici e inorganici» della Siria.
In questi giorni sono stati divulgati numerosi dettagli logistici su come verranno distrutti i materiali considerati prioritari. Nelle prossime settimane verranno immagazzinati in Siria, nel porto di Latakia, e quindi trasporti a bordo della nave Cape Ray, che si troverà nel Mediterraneo, fuori dalle acque territoriali siriane. Il trasporto a Latakia deve ancora avvenire e potrebbe essere ritardato da eventi imprevedibili, come ad esempio la chiusura della strada Homs-Damasco a causa dei combattimenti.
Nel frattempo la Cape Ray si completano i preparativi per ospitare un macchinario chiamato «Field Deployable Hydrolysis System» («sistema da campo per l’idrolisi»). Si tratta di un sistema sviluppato dal Pentagono che utilizza un reattore di titanio, con acqua ad alte temperature e componenti chimici per rendere inoffensivi i materiali più pericolosi. Due di questi sistemi verrebbero montati a bordo della nave. Secondo le fonti che hanno rivelato i dettagli di questa operazione, il sistema non è mai stato testato sul campo.
Una notevole forma di opposizione potrebbe però giungere dalle associazioni ambientaliste e anche da alcuni Paesi del Mediterraneo, specie nel caso venisse usato il processo di elettrolisi che secondo gli esperti produrrebbe una grande quantità di fluidi tossici. Resta inoltre il rompicapo di come trasportare oltre mille tonnellate di materiali e componenti per armi chimiche attualmente steccati in container da una o due tonnellate passando in una regione montuosa dove le forze lealiste e quelle ribelli si combattono ferocemente.
Nei giorni scorsi le forze del regime siriano hanno affermato che se ne occuperanno loro e sembrano in grado di farlo, ma secondo analisti di intelligence e Pentagono un convoglio militare rischia comunque di essere attaccato da ribelli o terroristi desiderosi di crearsi un proprio arsenale di gas letali. Un altro funzionario Usa ha sostenuto al New York Times che ci sono due possibilità: «O lasciamo quella roba dove sta e speriamo bene, o la portiamo via e speriamo bene. E questa è l’opzione meno negativa».