Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 03 Martedì calendario

GORBACIOV UNO E DUE IL DOPPIO VOLTO DI UN LEADER


Dopo avere letto il suo articolo su Kennedy, sono interessata a conoscere la realtà sulla figura di Gorbaciov e in particolare sul periodo successivo ai fatti del 1989/90, in Italia narrati con note di entusiasmo. Nel corso di un mio recente viaggio (purtroppo breve!) in Russia ho appreso dalle due guide che abbiamo avuto, a Mosca e a Pietroburgo, che in patria Gorbaciov non è ammirato, anzi lo considerano colpevole della difficile situazione in cui la Russia si era venuta a trovare e questo proprio per la sua incapacità.
Rosalia Naddeo
rosali2@alice.it

Cara Signora,
Esistono in realtà due immagini di Gorbaciov, e ciascuna di esse ha una parabola che è per molti aspetti l’esatto opposto dell’altra. In Russia, quando divenne segretario generale del partito comunista nella primavera del 1985, fu accolto generalmente con grande simpatia. Era molto più giovane dei suoi immediati predecessori. Nei suoi primi viaggi attraverso l’Unione Sovietica era spesso accompagnato dalla moglie, una donna colta e simpatica che recitava accanto al marito una parte molto simile a quella delle first lady americane. Mentre i segretari generali del passato erano quasi sempre impettiti e solenni, Gorbaciov ricercava il contatto con le persone, faceva domande, annunciava riforme, lasciava intravedere un futuro meno grigio di quello a cui i suoi connazionali si erano rassegnati durante la lunga stagnazione brezneviana. La campagna contro il consumo degli alcolici, lanciata agli inizi del suo segretariato, non piacque a una buona parte del Paese, ma su ogni altra considerazione prevalse allora in molti sovietici il sentimento che vi era finalmente qualcuno in cui era possibile riporre speranze.
In Occidente, nello stesso periodo, Gorbaciov suscitò agli inizi molte diffidenze. La maggior parte degli osservatori non era convinta che avesse un coraggioso programma riformatore e sosteneva che occorresse attenderlo alla prova dei fatti, soprattutto sulla questione dei missili di media gittata che i sovietici avevano cominciato a installare nelle regioni occidentali dell’Urss alla fine del decennio precedente.
In meno di due anni le due immagini cominciarono a cambiare. In Occidente il buon esito degli incontri con il presidente americano Ronald Reagan e la conclusione di un accordo al vertice di Reykjavik sui missili intermedi, diffondevano l’impressione che Gorbaciov fosse veramente disposto a cambiare la politica estera del suo Paese. Piacquero molto, ad esempio, il ritiro delle truppe sovietiche dell’Afghanistan e l’insistenza con cui esortava i leader degli Stati satelliti ad ammorbidire la loro linea politica. In Unione Sovietica, invece, il Paese si stava dividendo fra conservatori e riformisti. I primi temevano che le riforme di Gorbaciov e soprattutto la glasnost (chiarezza, trasparenza, un maggiore diritto di parola) avrebbero indebolito il sistema sovietico; mentre i secondi, d’altro canto, constavano che nessuna delle riforme strutturali annunciate da Gorbaciov (la perestrojka) stava dando risultati apprezzabili. La situazione cominciò a precipitare quando i conservatori, al vertice del partito, passarono all’azione e misero in scena una specie di golpe che Gorbaciov affrontò con modi apparentemente esitanti e ambigui. Fu quello il momento in cui un concorrente, Boris Eltsin, riuscì abilmente a sbarazzarsi contemporaneamente di Gorbaciov e dei suoi nemici.
Il dramma della disintegrazione dell’Urss si consumò durante la lunga presidenza di Eltsin e non sarebbe giusto attribuire a Gorbaciov tutti i mali che hanno afflitto la Russia in quel periodo. Ma l’uomo della perestrojka era il padre di una grande riforma fallita e divenne così, agli occhi di una larga parte del Paese, il responsabile di quella che Vladimir Putin ha definito, non senza ragione, una catastrofe geopolitica. In Occidente, invece, molti continuano a riconoscergli il merito di avere creato le condizioni per la fine della Guerra fredda.