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 2013  dicembre 03 Martedì calendario

VIOLETTA, ONORE ALL’EROICA CORTIGIANA CHE ISPIRÒ IL VERDI PIÙ AUDACE


Alphonsine Duplessis esistette davvero: morì di tisi a ventitré anni: prima arrivò a essere la più importante cortigiana (ch’è ben altra cosa da prostituta) parigina, di paesana e operaia ch’era in origine. Ne sappiamo l’immensa bellezza ma anche un tratto di naturale distinzione che la rendeva simile a una Duchessa del Fauburg Saint-Gérmain. Il Dramma a lei dedicato di Alessandro Dumas fils ebbe il suo battesimo nel 1852; e Verdi assistette a una rappresentazione. È preceduto da un Romanzo, La dame aux camélias , la lettura del quale è indispensabile per comprendere la Traviata . Un punto in particolare: ella si rifiuta ad Alfredo, il giovane innamorato, in quello che diverrà il I atto, giacché il suo treno di vita è tale che nemmeno un milionario potrebbe permettersi di pagarlo: solo una cooperativa di amanti lo potrebbe; ma Alfredo rilutta ad introdurvisi, sia pure a titolo gratuito.
La vicenda della mondana redenta per amore e per amore spintasi sino all’estremo sacrificio è la più audace mai affrontata da Verdi: e davvero occorreva un coraggio sovrumano per puntarvi tutto il capitale artistico, come Verdi fece. Il terzo titolo della trilogia popolare ebbe, com’è noto, un iniziale insuccesso alla Fenice nel 1853 ma risorse nella stessa Venezia al San Bartolomeo. Mai era accaduto che una morte avvenisse in scena come al III atto (adesso tutti gli snob si riempiono la bocca di Traviata in tre atti, io quando parlo con me stesso e coi miei amici continuo a dire che Violetta muore al quarto atto); e una morte così dolorosa; né che particolari d’insuperabile crudezza realistica fossero oggetto di narrazione musicale: uno per tutti, la festa da Flora del II atto, ove Alfredo coram populo tira in faccia a Violetta il denaro vinto al giuoco e grida di aver pagato la donna. Per comprendere il lusso pacchiano degli ambienti nei quali primo e secondo atto si svolgono occorre aver letto L’educazione sentimentale di Flaubert: Rosanette è una mondana senza la sublimità di Violetta ma la descrizione ambientale alla Traviata si attaglia.
Ma v’è un altro rapporto con Flaubert finora non colto da nessuno e che mostra come Verdi sia avanti rispetto al più grande romanziere francese dell’Ottocento. Siamo nel I atto, alla cruciale confessione d’amore di Alfredo a Violetta. Essa avviene sopra la musica della banda interna, alla quale è affidato il compito di connotare la festa e la sua atmosfera: quindi la capitale confessione avviene su di uno sfondo neutro, oggettivo. Ebbene, nella Madame Bovary , che sarà del 1857, Rodoplhe Boulanger fa la corte a Emma nel corso dei Comizî agricoli e le loro parole, false e, appunto, bovaristiche, scorrono sopra il blaterare dell’oratore governativo: sfondo neutro e oggettivo. Solo che per Verdi la verità dell’amore di Alfredo disgrada l’oggettività della realtà esterna: quindi egli fa l’esatto opposto di quel che il Normanno non sarà per fare.
La realtà sociale immonda alla quale la Traviata viene sacrificata si mostra nel duetto-colloquio del II atto tra Violetta e Germont, padre di Alfredo: ricevitore generale delle imposte di Provenza, apprendiamo dal Romanzo. Costui, uomo giovane e bello, che chiama se stesso veglio e di crin canuto solo per retorica, come apprendiamo da tutti i Fa disseminati nella sua parte, richiede alla Traviata il sacrificio del suo amore per Alfredo perché altrimenti una pudica vergine , l’altra sua figlia, non potrà concludere il matrimonio di convenienza ch’egli le ha preparato. L’orribile stato di subordinazione in che Violetta, donna e cortigiana, si trova rispetto al ricco borghese, è mostrato dal fatto ch’ella cerca in ogni modo l’approvazione del suo persecutore. Ma Verdi quanto pesi il di lei sacrificio lo dice con la musica. Germont in Un dì quando le veneri ricorre al sozzo argomento che Violetta, invecchiata, non interesserà più al suo amante: ed ella risponde contritissima con Così alla misera ch’è un dì caduta in Re bemolle minore: ossia nella tonalità con la quale l’Opera si chiude sulla sua morte. Violetta è morta in questo preciso istante!
Quando Alfredo resta solo col padre, questi gli rappresenta le luci illusorie di una falsa vita rievocandogli la Provenza della sua infanzia: e Verdi glielo fa fare in Re bemolle maggiore!
Mentre che Violetta attinga statura eroica e più che umana (ben potrebbe con Orazio dire: sublimi feriam sidera vertice , «toccherò il sommo della volta stellata») Verdi vuol dichiarare nel modo più aperto: in Prendi quest’è l’immagine , ultimo suo atto, Verdi l’accompagna con una solennissima marcia funebre che potrebbe addirsi a un Sigfrido, non che a una donna.
La Traviata è stata sempre un cavallo di battaglia dei più grandi soprani e dei più grandi direttori d’orchestra. Le somme Violette sono state Claudia Muzio, Magda Olivero, Renata Tebaldi, Montserrat Caballé, Renata Scotto, Raina Kabajwanskaja; Maria Callas lo è nella registrazione Eiar del 1953 diretta da Gabriele Santini, il più grande fra i maestri, insieme con Herbert von Karajan e Riccardo Muti, avere inciso il capolavoro e capace di ottenere da lei il meglio e al tempo stesso la disciplina musicale. Ma Muti ha purtroppo come Germont il fiacco e retore Renato Bruson (che già nelle sue mani è comunque trasfigurato e non ha l’onnipresente catarrino sul passaggio ), laddove Santini ha Ugo Savarese, un grande baritono napoletano di cui all’inizio degli anni Settanta divenni intimo amico e che purtroppo aveva la sventura del vizio del giuoco. Carlos Kleiber, al quale dal vivo ho ascoltato dirigere grandi Traviate , l’ha purtroppo incisa in modo assai infelice. In una di esse a Monaco capitò che il grande tenore Giacomo Aragall avesse un vuoto di memoria nel II atto dopo Dei miei bollenti spiriti e la recita dovette interrompersi: Kleiber, freddissimo, ricominciò dallo sbaglio. Giuseppe Patané applaudì ostentatamente dal podio Editha Gruberova che aveva fatto una corona volgarissimamente lunga oltre il lecito. Il Maestro Richard Bonynge, marito di Joan Sutherland e da lei imposto ovunque cantasse, ebbe a Genova durante una Traviata una crisi isterica e la recita s’interruppe per non più riprendere. Il Maestro Siciliani si cavò una volta un piacere sadico: riuscì a far fare una buona Traviata a Wolfgang Sawallisch il quale era per natura quanto di più lontano vi fosse da questa partitura; pur se da giovane nella provincia tedesca ne aveva macinate, di Traviate.