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 2013  dicembre 03 Martedì calendario

L’EROINA IN LACRIME PREMIATA A BERLINO «A LAMPEDUSA TROPPI AFFARISTI»


Sono passati due mesi esatti dal naufragio di Lampedusa con i 366 migranti annegati a mezzo miglio dall’isola dei Conigli. E una delle immagini che simboleggiano la tragedia è quella di Grazia Migliosini, commerciante e turista, quel giorno per caso in zona. La prima a intervenire, con sette amici, riuscendo a salvare 47 disperati. La prima a rientrare con quel carico dolente al Molo Favorolo. Lei, dritta a prua, le lacrime asciugate col dorso di una mano e una rabbia subito denunciata «per il ritardo di motovedette che invece di salvare vite umane aspettavano ordini da Roma», come disse allora e ripete oggi.
Una denuncia inquietante seguita dal silenzio su quell’equipaggio di giovani che per fortuna, avendo deciso di passare la notte in rada per pescare, all’alba si erano accorti del dramma lanciando il primo allarme. Elogi, citazioni ufficiali ed encomi a tanti non ne sono mancati. Ma Grazia e i suoi amici sono rimasti un po’ oscurati, dalle nostre parti. Mentre in Germania li hanno chiamati perfino per la notte delle stelle, i «Bambi Awards», i riconoscimenti più importanti dei media tedeschi. E lei si è ritrovata sullo stesso palco con Bill Gates e Robbie Williams, come racconta appagata: «I tedeschi si sono accorti di noi. Hanno proiettato un filmato commovente, con le immagini sul mio arrivo, in piedi sulla barca, in lacrime. Ed erano lacrime di dolore perché si poteva fare di più. Per questo ci siamo permessi di criticare chi non è arrivato in tempo per aiutarci a salvare altre decine di migranti».
Eccola a Catania, appena rientrata da Berlino, lontana da Lampedusa dove ha saputo di Domenico Colapinto, il pescatore in analisi che, dopo aver partecipato ai soccorsi, non riesce più ad andare per mare: «Io spero di riaprire la boutique in aprile, di tornare nell’isola, ma so che quelle immagini restano impresse nell’anima e tornano la notte. Così, prendo le distanze da quanti si stanno facendo un po’ di pubblicità, da qualche personalità politica, dal nostro sindaco, da alcuni aspiranti candidati a prossime elezioni, da quelli del Centro di accoglienza, da alcuni sponsor della Guardia costiera che merita rispetto ma senza nasconderne insufficienze e ritardi».
Insiste lei con Marcello Nizza, anche lui a Catania, e con gli altri amici di quella drammatica alba: «Un’inchiesta sui morti che hanno fatto morire non la faranno mai. Ma si potrà dire o no la verità se una motovedetta, invece dei 17 minuti ufficialmente strombazzati, ne impiega 47 per raggiungerci dal porto all’Isola dei Conigli? Io so che col mini-fuoribordo di mia sorella bastano cinque minuti».
Dura, determinata, amareggiata dopo la pausa tedesca, contrattacca, leggendo le ultime ricostruzioni su un’altra tragedia finita male: «Si è ripetuto lo stesso copione l’11 ottobre, con duecento migranti morti a causa dei ritardi. Al di là di ogni retorica, sprechiamo soldi e non riusciamo a impedire che questi disperati affoghino nel Mediterraneo. Basta con la retorica. Che male c’è a dire che la macchina non funziona come vorremmo? È il quesito posto a Berlino, mentre da Lampedusa a Roma noi siamo nessuno».
Ha raccolto le copie dei giornali, si è documentata e i conti non le tornano: «Quando abbiamo sentito che da Bruxelles piovevano 30 milioni di euro all’Italia ho capito che Lampedusa è il cuore di un business. Un affare. Ho scoperto che in sei anni dalla Ue sono arrivati 580 milioni di euro all’Italia per l’emergenza extracomunitari. Posso dichiararmi sorpresa? Ho il diritto di interrogarmi, visto che ho contribuito a salvare 47 disperati? No, non punto il dito contro la Guardia costiera, ma contro un sistema nel quale vedo bene immersi tanti maneggioni e opportunisti».
Felice Cavallaro