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 2013  dicembre 03 Martedì calendario

CALLAS, IL MITO COMPIE 90 ANNI E NON SVELA IL SUO MISTERO


Ieri Maria Kalogeropoulou in arte Callas avrebbe compiuto 90 anni, concesso e non dato (è tutt’altro che certo) che fosse davvero venuta al mondo il 2 dicembre e davvero nel 1923. In ogni caso, la sua data di nascita «ufficiale» era questa e infatti ieri l’hanno celebrata in tutto il mondo gli innumerevoli «vedovi Callas». E anche Google, che le ha dedicato il «doodle», una versione ad hoc del logo del motore di ricerca più popolare del mondo.
Ora, della Callas è stato detto e scritto talmente tanto che tutto sembra pleonastico. Diamo per detto tutto l’aspetto gossipparo, il rapporto con la madre tremenda, il matrimonio con Meneghini, la storia con l’orrido Onassis, gli amori impossibili per due uomini che non amavano le donne come Visconti e Pasolini, il dimagrimento record, la morte giovane che forse è stata un suicidio e tutto quello che ha fatto, fa e probabilmente farà il business dei biografi in salsa rosa e la delizia dei loro lettori.
Diamo anche per detti gli aspetti artistici, la rivoluzione-Callas, l’invenzione di un «soprano drammatico di agilità» che in realtà non è mai esistito, la re-invenzione di personaggi noti e sbiaditi che improvvisamente con lei riprendevano una vita che sembrava arrivare direttamente da un passato mitico. E diamo per detto, ovviamente, il posto che questa signora occupa e occuperà nella storia dell’opera, che nel Novecento si divide, davvero, in un evo a.C. e in uno d.C., ante Callas e dopo Callas.
La domanda, la vera domanda, quella che aspetta ancora risposta, o meglio ne ha una diversa a seconda delle sensibilità, dei gusti e delle epoche, com’è inevitabile e anche giusto per ogni fenomeno artistico, è: perché questa cantante d’opera è diventata un mito? Perché conosce la Callas anche chi della «lirica» non sa nulla o pensa che consista nei concerti dei Tre Tenori o in quelli di Bocelli? Perché dici Callas e queste due strane sillabe le hanno sentite tutti, compreso chi in un teatro d’opera non è mai entrato e mai entrerà? Perché i cantanti lirici si dividono in due categorie, lei e tutti gli altri? Insomma, perché la Callas è la Callas?
La grandezza artistica spiega molto ma non tutto. La voce non era «bella» in senso classico (ma cos’è, poi, una voce bella?), in ogni caso molto meno di quella, per citarne una non a caso, di Renata Tebaldi. La tecnica era eccellente e, almeno negli anni d’oro, le permetteva di fare con la voce quello che voleva. Ma, anche qui, prendete una delle sue hit, la cavatina di «Norma». Come «Casta diva», quello di una Joan Sutherland è certo più facile, più fluido, se volete meglio cantato (e nella tonalità originaria, in sol, mentre la Maria lo faceva in fa come da tradizione) e con questo non cambierei una sola nota della «Norma» della Callas con una della Sutherland, «Casta diva» compresa.
La Callas era una grande attrice, certo, ma quante cantanti-attrici ci sono state prima e dopo? Chi ha visto in teatro ai tempi nostri, che so?, Natalie Dessay o Waltraud Meier sa che ci sono primedonne che si muovono in scena come le grandi attrici di Hollywood e talvolta meglio. La Callas era una grande musicista? Certo, e se ascoltate i suoi dischi con lo spartito restate sorpresi di quanto precisa e scrupolosa sia, fino alla minuzia. Ma, anche qui, ormai all’opera gli analfabeti musicali si tollerano solo se si chiamano Caruso o Pavarotti, e sicuramente oggi i cantanti sono più preparati che un tempo.
E allora? Allora ognuno ha la sua idea per spiegare l’unicità del fenomeno Callas e nessuna è davvero convincente. Per quello che vale, ecco la mia: la Callas è stata la Callas grazie a qualcosa che non si può definire, ma che ti accorgi subito se c’è. Ce l’hai o non ce l’hai. Si chiama personalità (adesso nei talent show la chiamano «X Factor»). Bene: nel suo caso, era così grande da arrivare al genio. La Callas non era solo bravissima. Lo era in un modo specialissimo che è suo e solo suo. Ascoltate un suo disco: apre bocca, dice una frase, magari facilissima, magari cui non avete mai fatto caso, ed è subito Callas. È subito magia, fascino, charme. È lei e solo lei. È quell’«infinitamente piccolo» che Stendhal individuava come caratteristica del genio.
Ed è talmente forte che, sublime paradosso per qualcuno che si esprimeva prima di tutto con il suono, funziona anche in fotografia e fa di questa donna non bella la più bella delle donne. Guardate le sue foto nel secondo atto di «Traviata», alla Scala nel ‘55 con Visconti e le scene della de Nobili, guardate la posa, l’espressione del viso, guardate come mette le mani, enormi, grifagne, bellissime. Incredibile, non c’è nemmeno bisogno di ascoltare: basta guardare per capire chi è Violetta e perché, se ce la racconta lei, la sua storia ci fa aggrovigliare le budella, come a Julia Roberts in «Pretty Woman».
L’opera è il più clamoroso catalizzatore di emozioni inventato dall’uomo. Ma per portarle al parossismo ci vuole il genio, di chi le opere le crea e di chi le ri-crea. La Callas era un genio. E tutto il resto, temo, è solo chiacchiera.