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 2013  dicembre 03 Martedì calendario

SVEZIA – ADDIO ALLE CARCERI I DETENUTI SI RIEDUCANO


Ma come si fa ad andare avanti con 2.500 letti liberi? Come fai a tenere aperto se fai fatica persino a coprire i turni in mensa, e non parliamo di organizzare un torneo di calcio appena decente. E allora basta, qui si chiude: sono rimasti così pochi detenuti, in Svezia, che l’amministrazione penitenziaria ha deciso di restituire allo Stato quattro edifici carcerari. Grazie tante, non servono più. Si chiamano Aby e Haja, Batshagen e Kristianstad: due li venderanno, due li destinano ad altro e si vedrà.
E dire che non hanno neanche avuto un ministro Cancellieri e uno straccio di decreto Svuota carceri: è bastata un’indicazione della Corte suprema a essere meno severi nelle pene correlate alla droga, indirizzando i condannati ai programmi di recupero invece che dietro le sbarre, ed ecco lì lo Svuota carceri alla svedese: -6% in un solo anno, nel 2012. E già stavano larghi: nel 2011, secondo il Consiglio europeo, avevano 6.977 posti e ne occupavano 6.742. Ora i detenuti condannati sono poco più di 4.500.
In Italia, intanto, dietro le sbarre è un inferno: abbiamo 205 penitenziari che possono ospitare 47.649 carcerati, e secondo i dati diffusi ieri dal garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, ci stipiamo dentro 64.084 persone. Sono 16.435... esuberi, in questa parte di mondo solo Grecia e Serbia fanno (poco) peggio. «Occorre intervenire urgentemente sui nodi strutturali che producono il sovraffollamento: riforma del codice penale e di procedura penale, gli stranieri detenuti (37%) e i reati connessi alle droghe (40%)», dice Marroni.
Ecco, appunto. Lassù al nord, dove oltretutto i reati commessi sono in crescita, il problema lo hanno risolto, nonostante siano tutt’altro che concilianti. Ve lo ricordate quel papà italiano, Giovanni Colasante, che nel 2011 finì in galera tre giorni per un “rimprovero” al figlio 12enne, uno schiaffo rifilato a Stoccolma durante le ferie? Ci vanno giù duri, con chi sbaglia, ma poi quando parlano di rieducazione ci credono davvero. E lo fanno. Per assistere i condannati in regime di prova hanno più supervisori che detenuti, 4.500 volontari che diventano amici e consiglieri e insegnano a ritrovare la carreggiata. Raramente affibbiano l’ergastolo, e mai a chi ha meno di 21 anni; ma anche quando lo fanno commutano quasi sempre la pena in una “lunga” detenzione, da 18 a 25 anni. La responsabilità penale inizia sì a 15 anni, ma fino a 18 non c’è carcere né riformatorio. E i giovani si rieducano in scuole con grandi finestre e biliardino, con tanti libri, corsi d’arte e artigianato.
È dopo la sentenza che la via svedese imbocca la discesa mentre l’Italia arranca tra sovraffollamento, suicidi e recidive. «Quest’anno e il prossimo la priorità saranno i giovani aggressori e gli adulti violenti», ha detto il governatore del carcere di massima sicurezza di Kumla, Kenneth Gustafsson, al Guardian che gli ha paragonato il disastro delle carceri inglesi, dove a 10 anni puoi finire all’ergastolo: «In Svezia ci crediamo molto, nella riabilitazione. Certo, ci sono persone che non miglioreranno mai, ma per la mia esperienza la maggior parte dei detenuti vorrebbe cambiare vita e noi abbiamo il dovere di fare il possibile perché accada». Il Detenuto in attesa di giudizio di Alberto Sordi ha 42 anni, ma sembra ieri.