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 2013  dicembre 03 Martedì calendario

IO LI CONOSCO, GLI IMPRENDITORI CINESI SONO CRIMINALI


[Alberto Forchielli]

Alberto Forchielli conosce bene l’imprenditoria cinese, grande e piccola. Come fondatore di Mandarin Capital Partners, Forchielli è il primo straniero al quale siano mai stati affidati fondi pubblici di Pechino per centinaia di milioni di euro da investire in Europa. Questo però non gli impedisce di considerare ormai inaccettabili i metodi degli imprenditori cinesi. Le sue accuse al governo e all’ambasciata di Pechino a Roma sono precise: tollerano e coprono gli abusi.
Davvero vede punti in comune fra i colossi industriali di Pechino e l’incendio in un laboratorio in Toscana?
«Nel grande come nel piccolo l’imprenditore cinese pubblico o privato ha una mente fondamentalmente criminale, perché cresce in un ambiente privo di etica, fatto di rapporti, evasione, infrazioni. Se le leggi ci sono, non vengono applicate. L’imprenditore cinese non si muove in uno stato di diritto, fa tutto ciò che può. È un soggetto criminale».
Lei lavora in Cina dal 2006. Ha notato dei cambiamenti?
«È cambiata l’arroganza. Le Olimpiadi di Pechino, la crisi di Wall Street e quella dell’euro hanno portato l’arroganza cinese a livelli pericolosi. Non osservano le regole in patria e ormai ritengono di essere così potenti da poterle ignorare anche fuori. Applicano l’illegalità alla cinese anche in Italia. Conoscere e applicare la nostra legge a loro non interessa, né conviene».
Pensa che la strage di operai a Prato nasca per questo?
«Per un cinese che fa impresa la vita umana non ha valore, dunque non merita spendere soldi per un idrante. Ma gli abusi sono ovunque. La cinese Suntech, un tempo la più grande azienda al mondo nei pannelli solari, ora fallita, ha lasciato un disastro in Puglia. Eppure quello era un progetto firmato dai primi ministri, all’epoca Silvio Berlusconi e Wen Jiabao. Un’altra impresa cinese di Stato, quotata, che aveva firmato un accordo con un’impresa italiana, le ha poi copiato tutti i prodotti. Quando ho protestato con il governo a Pechino, mi hanno detto che non avevo prove sufficienti. Invece avevo tutto con me».
Vuole dire che le autorità cinesi coprono i comportamenti illeciti dei loro imprenditori all’estero?
«Lo fanno. Il clima di omertà è assoluto. Lo stesso ambasciatore cinese in Italia è intervenuto per impedire i controlli della Guardia di Finanza sulle tessiture di Prato. Ha insultato le nostre forze dell’ordine. Vogliono esportare qui i loro metodi, gli infortuni sul lavoro, l’evasione, l’inquinamento. È un momento di debolezza tale dell’Europa che i cinesi pensano di poterselo permettere. Non è facile resistere, ma dobbiamo scrollarci di dosso le timidezze e ritrovare dignità. L’Italia è un ottimo cliente della Cina, facciamoci sentire».
Cosa propone?
«Dobbiamo essere molto più rigidi sulle regole. E creare in Europa, nell’ambito dell’accordo bilaterale Ue-Cina che si sta negoziando, un comitato interministeriale che vagli ogni investimento cinese e straniero di rilevanza economica o tecnologica, sul modello del Cfius americano».