Carlo Antini, Il Tempo 3/12/2013, 3 dicembre 2013
IL GRIDO DI VENDITTI «LA POLITICA NON SERVE»
Di politica ne ha vista tanta. Troppa. Forse è per questo che oggi Antonello Venditti è disilluso, ironicamente distaccato dal teatrino che è sotto i nostri occhi tutti i giorni. Venditti è tranchant, presenta la nuova tournée che partirà il 3 febbraio da Bologna e non salva nessuno. Tantomeno il Pd.
Antonello Venditti, nel suo prossimo giro di concerti suonerà le canzoni degli anni ’70 e ’80. Cos’è? Nostalgia canaglia?
In quegli anni si è formato il mio carattere e la mia personalità. Quel periodo mi ha dato l’idea della vita ed è diventato il nostro futuro. Al centro c’erano i diritti, la figura della donna come femmina e madre. Oggi serve ridare senso alle cose che non ci sono più. Bisogna rinforzare i vincoli culturali che danno forza a una nazione.
Crede che l’Italia sia un Paese debole?
Il problema è che bisogna cementificare di nuovo il Paese. Siamo sconnessi. L’Italia non va a tre velocità ma a cento velocità. Basti pensare che non c’è un treno veloce che raggiunga Reggio Calabria o la Sicilia. L’Italia va data in mano a coloro che la conoscono veramente.
Ha un coniglio dal cilindro da svelarci?
Non parlo di una persona in particolare ma la politica è tutta da rifare. Bisogna ripartire da noi stessi e dai nostri bisogni. La politica è un gioco scorretto che non mi appassiona più. Non ha più abbonati e gioca in uno stadio che non è più il Parlamento, non è più il territorio, non è più nulla. Il gioco va riscritto completamente.
Lei parla da uomo ferito. Chi l’ha delusa di più?
Non ho nessuna dolenza. Anzi me la rido con un sorrisetto ironico. Vado oltre. La dolenza sarebbe dare legittimità a quello che accade. Io, invece, sono fuori da ogni logica che mi costringe al pensiero della politica.
Qual è il peggior difetto della politica?
Dare risposte inadeguate a domande che non ci sono. Parlare della «loro» politica fa un favore solo a chi strumentalizza le mie parole.
In questo quadro apocalittico non si salva neppure il suo Pd?
Non penso che un partito possa essere interpretato da un unico leader. Serve un’idea complessiva. Tutto quanto è diventato di bassissimo livello. Già quindici anni fa eravamo di fronte alla quarta scelta di politici. Ormai siamo arrivati alla ventesima scelta.
Tra qualche giorno ci saranno le primarie del Pd. Lei da che parte sta?
Non mi appassiono più a questo o quel personaggio. Non mi interessa se ci sarà Civati o meno. Le primarie sono in ritardo con le domande e con le risposte. Siamo in ritardo su tutto. La politica è troppo lontana dalla realtà e apparentemente non c’è rimedio. È l’idea della democrazia che va ristrutturata. Le primarie del Pd sono soltanto un pezzettino di un grande problema che si chiama Italia.
Alle precedenti primarie, però, ha votato Renzi. Perché l’ha fatto?
L’ho votato con grande fatica. La sua funzione era quella di non far presentare Berlusconi alle elezioni. Questo non è accaduto e l’Italia è andata da un’altra parte. E ciò si è verificato solo perché Renzi non ha vinto le primarie.
Meno male che ci sono le canzoni. In questo «70-80: ritorno al futuro» che scaletta presenterà in versione acustica?
Ci saranno un po’ tutti i grandi successi di quegli anni, con molte canzoni che non ho mai eseguito dal vivo.
Ci anticipa qualche titolo?
Ci saranno «Sora Rosa», «Lilly», «Lo stambecco ferito», «Mio padre ha un buco in gola», «Compagno di scuola», «Bomba o non bomba», «Le cose della vita» e «Giulia».
E «Grazie Roma» no?
Sì..sì. Anche quella.
Poi si siede al pianoforte e fa venire i brividi intonando «Ci vorrebbe un amico».
Carlo Antini