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 2013  dicembre 03 Martedì calendario

PERISCOPIO


Bindi: «Renzi è figlio del ventennio berlusconiano». Naturale che scegliesse il Pd. Edelmàn. Il Fatto quotidiano.

Questa Carta, che i sacerdoti della Costituzione difendono contro i «barbari», è stata ignorata e negletta ogniqualvolta i partiti e i sindacati (i veri «poteri forti» della Repubblica) hanno preferito modificarla nei fatti per imporre le loro prassi e i loro accordi separati. Forse sarebbe già stato un progresso smettere di sostenere che la Costituzione italiana è «la più bella del mondo». Sergio Romano. Corsera.

Nel dibattito televisivo su Sky, Matteo Renzi parla a mitraglia, sincopato, gesticola, lancia slogan, usa parole concrete. Gli altri due escono dalle scuole quadri di partito. Cuperlo, professorino, Giuseppe Civati, detto Pippo, è una specie di Pierino barbuto che si concede le battute a effetto di chi non ha niente da perdere. Il Giornale.

Pippo Civati, al dibattito su Sky, mi è sembrato un battutista da bar, uno di quelli che entrano al caffè e strillano agli amici: «La sapete l’ultima? Nel partito di Berlusconi non fanno le primarie ma le ereditarie!». Giampaolo Pansa. Libero.

Massima vigilanza. Massima. Restare allertati. Sostare indignati. Nessuna smobilitazione. Niente rilassamento, come dice Madame Spinellì. Spazzolare. Disinfettare. Recidere. Urgono i meglio cerusici della democrazia. I luminari della legalità. I medici di Pinocchio. Si sa, è dacaduta la fonte prima dell’infezione (oh gioia!, oh gaudio! oh tripudio!) ma gli infetti ancora si aggirano tra di noi. Come i sorci appestati scendono dalla nave di Nosferatu. Fatto fuori il capo, è il momento dei sottoposti. La purga, lo spurgo. La fogna da prendere, la nostra prossima Cloaca d’Inverno. Neanche raccolti i tappi di spumante dell’altroieri che già un articolato e ferreo piano di azione si prospetta. Come dice la vignetta di Staino su l’Unità: «Finita l’era Berlusconi». «Ci rimane la parte più difficile: lo smaltimento delle scorie». SDM. Il Foglio.

Ci sono dei buontemponi nei media italiani che passano la vita a incensare i governi, non importa il colore, e a bastonare le opposizioni senza accorgersi che la stampa libera fa esattamente l’opposto. Dunque pensano che un giornale libero possa nascere al solo scopo di combattere B. e debba morire con B. Il Fatto, come i nostri lettori ben sanno, è sorto con una missione un po’ più ambiziosa: dare le notizie che gli altri non danno. E gli altri, seguitando a non darle, lavorano per noi, del che li ringraziamo di cuore. Marco Travaglio. Il Fatto quotidiano.

Renzi è un leader trentenne che si è rotto i coglioni della guerra civile ideologica e dei suoi vecchi apparati e macchine da guerra della sinistra perdente, un tipo da sbarco che si legittima in quanto persegue, non già la segreteria di un partito e del suo caminetto di capicorrente, fatto ampliamente strumentale, quanto invece un programma di radicale rinnovamento delle forme della politica e della comunicazione, e dei mezzi riformatori capaci di garantire al paese una effettiva ripresa. Sounds familiar? Torniamo al ’94? Ora, in questo c’è molto paradosso, ma fino a un certo punto. Giuliano Ferrara. Il Foglio.

Oggi, in Italia, se dici che bisogna rispettare le sentenze, sei un fervente antiberlusconiano. Se dici che bisogna disinteressarsi della vita sessuale di un politico, sei un insospettabile berlusconiano. Francesco Piccolo. Corsera.

C’è ancora chi riduce lo scontro titanico fra comunisti e socialisti in Italia a una questione di tradimento e di coerenza, di moralità e di immoralità, di difesa e di abbandono di irrinunciabili posizioni, con Craxi dalla parte del diavolo e Berlinguer in quella del santo, con il primo relegato nel girone infernale dei reietti e il secondo innalzato nel paradiso degli incorrotti. Marco Gervasoni, La guerra delle sinistre. Socialisti e comunisti dal ’68 a Tangentopoli. Marsilio.

Con John Fitzgerald Kennedy inizia un’era sinistra della politica, non solo americana, in cui l’immagine fa premio sulla sostanza, la parola sulla realtà. Con Kennedy si entra a vele spiegate in quella politica-spettacolo, oggi diventata norma, dove il successo di un leader dipende dalla capacità, sua e del suo staff di pubblicitari, di bene impressionare, con la complicità dei media compiacenti, l’opinione pubblica, più che ragioni di sostanza. Massimo Fini. Il Fatto.

L’Italia è troppo grande per essere salvata da fuori. Deve potercela fare da sola. Jörg Asmussen, membro tedesco della Bce, vicino a Draghi. Handelsblatt.

Il nemico dei neoconservatori non è né lo statalismo, né il socialismo, ma il liberismo. Zeev Sternhell, storico. Le Point.

Non si rafforza il paese più debole, indebolendo il paese più forte (la Germania, ndr). Draghi all’ex cancelliere tedesco, il 94enne Helmuth Schmidt. Der Spiegel.

Se la Turchia entrasse nell’Europa sarebbe una sciagura, oltre che per l’Europa, anche per la Turchia. Lo dico dopo aver visitato Istanbul dopo tanti anni. Allora comprai Il Giornale con una banconota da un milione di lire turche, oggi ho pranzato a base di ottimo borek con sei lire (2 euro). La Turchia è un paese vitale, un popolo fiero della sua identità, con un’economia reattiva, una popolazione giovane. Con un ordine, una manutenzione e un’efficienza che noi ce le sogniamo, un tram magnifico ogni minuto nel cuore della città, un metrò per l’aeroporto, altro che Roma, Napoli, Milano. Hanno i loro guai, ci sono gli integralisti, le tensioni, la crisi non li risparmia. Ma la Turchia reagisce da grande nazione. Perché dovrebbe ridursi a fanalino di coda dell’Europa, a subire i diktat contabili degli eurocratici? Un impero antico e glorioso, anche feroce, figlio di Bisanzio, perché dovrebbe scadere al rango di Terrone Cattivo d’Europa? Come mi ha detto il vispo venditore di borek: «Noi stiamo bene qui, da voi invece succedono cose turche». Marcello Veneziani. Il Giornale.

A un certo momento la signorina si stupisce: «Lei è uno scrittore? Ma come? Io credevo che lei fosse ricco». Kristopher Jansma, La robe des lèopard. Chambon èditeur.

Julie Depardieu, 40 anni, figlia di Gèrard Depardieu e attrice, si è rifatta il naso cinque volte per non assomigliare al papà. Le Monde.

Come si fa ad aprire una piccola impresa? Se ne apre una grande e si aspetta. Battuta che circolava in GB ai tempi della Thatcher. The Economist.

Destra e sinistra non sono due dottrine politiche, ma due veicoli di carriera. Roberto Gervaso. Il Messaggero.