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 2013  dicembre 03 Martedì calendario

QUELLO SPORT DEI NONNI CHE UNISCE L’ITALIA


Tamburello fa rima con mattarello doveva pensare il reverendo parroco di Castellaro, un paesino nel Mantovano, anno di grazia 1856. Quei giovani giocavano sulla piazza pubblica, davanti alla chiesa, e disturbavano il Culto ed anche le sacre funzioni vespertine, creavano disordini e chiasso: il gioco andava vietato, con le buone o con le cattive scriveva il Reverendo alle pubbliche autorità. Ma l’Autorità rispose,invero, che era un peccato distogliere da un innocente passatempo gioventù che altrimenti avrebbe passato «le ultime ore dei dì festivi nell’osteria, nelle vendite di liquori od in altri giochi meno onesti». E tamburello fu. Che, per la verità, allora si chiamava palla con il tamburino.
Il tamburello sembra un gioco dei nostri nonni, magari della nostra infanzia, comunque il divertimento di una vita meno complicata e pretenziosa. Avrà cambiato le regole, ma non la sostanza: si gioca con una pallina, inizialmente di cuoio e ripiena di crine di cavallo e terra, ed un attrezzo rotondo su telaio di legno che, nei tempi, è stato ricoperto di pelle di vitello o maiale,di mulo o di bufalo, fino alla consacrazione della pelle di cavallo con l’uso delle palle di gomma. Una quarantina di anni fa si è passati ai materiali sintetici. Sport di nicchia, non certo miliardario come il tennis, nemmeno nobilitato dalla politica come il ping pong, ma un angolo di virtù vecchia Italia. E oggi uno sport che sventola nel mondo. Anche con qualche particolarità da far invidia ad altre discipline. Basta dare un’occhiata alle nazioni iscritte al primo campionato del mondo indoor, primogenitura che spetterà alla magnifica provincia mantovana (Castel Goffredo, Casalmoro, Guidizzolo, Asola) che, insieme ad Asti, Verona, Trento,ma anche Firenze, Genova, Alessandria e Torino, ha gestito la gran parte della storia scudettata nostrana a partire dal 1896.
Sedici nazioni presenti, c’è la Spagna ma pure bandiera e indipendenza sportiva della Catalogna che ha tradizione più antica. La federazione di Catalogna ha, infatti, preceduto la nascita della federazione spagnola e ha voluto mantenere l’unicità. C’è la Scozia, distinta dal Regno Unito. Giocano a tamburello anche in Senegal, presente solo con la squadra femminile. San Marino invece porta soltanto i maschi.
Indoor perché il tamburello dei giorni nostri si divide in quattro specialità: open, indoor, muro e tambeach. Il più classico è quello open, il più spettacolare, raccontano, quello indoor con la palla che schizza a 250 km orari, tuffi e reattività sotto rete, in media una partita dura un’ora e mezza.In Italia abbiamo 13.825 tesserati, 308 società, l’ultimo tricolore è finito a Callianetto (provincia di Asti), che ne ha collezionati 10 di fila prima di perdere quello del centenario ( 2012) della federazione andato a Medole ( Mantova).
Ma se ancor oggi il tamburello è uno sport che a scuola fa successo nell’ora di ginnastica, basta sfogliare foto e libri d’epoca per ritrovarlo nell’Italia dei buoni ricordi: Pietro Mascagni pensava alla musica, ma nella sua villa di Livorno non passava giornata senza il suo tamburello. E ne faceva le spese la figlia. Il magnifico Adolfo Consolini è stato il campione d’oro del lancio del disco all’Olimpiade di Londra 1948, ma da ragazzino gli servì il gioco del tamburello per recuperare il braccio destro quando cadde da cavallo e se lo ruppe. Aldo Ballarin, terzino destro del Grande Torino e della Nazionale, in estate insegnava il tamburello sulle spiagge di Chioggia. Alfredo Foni allenò l’Inter vincitrice degli scudetti 1953-1954 a suon di tamburello. Capitava che il tecnico allenasse la squadra con l’attrezzo per ore, anche quattro giorni alla settimana. E da marzo in poi il mondo del calcio nerazzurro si capovolgeva: una sola seduta settimanale di pallone e il resto tamburello. Serviva per mantenere proprio la forma fisica. Fra i più bravi appunto Foni, il portiere Ghezzi e il centrocampista Maino Neri. Damiano Tommasi, il rappresentante sindacale dei giocatori, ne ha sempre coltivato la passione. Non c’è piccolo mondo antico che non conosca l’arte di una pallina e di un “tamburino”.
Oggi il Roberto Baggio azzurro si chiama Manuel Festi. Beatrice Zeni è la reginetta delle ragazze: a 15 anni già campionessa scudettata. Azzurri che ci fanno ripercorrere la penisola: dalla Calabria alla Sardegna, dal Friuli alla Lombardia. Tutti in campo da venerdì a domenica. L’Italia maschile esordirà contro l’India, quella femminile contro il Senegal. E certi che quel reverendo parroco non aveva capito niente.