Silvia Pieraccini, Il Sole 24 Ore 3/12/2013, 3 dicembre 2013
PROPRIETÀ E GESTORE FANTASMA
Dopo l’incendio nel capannone-dormitorio cinese (sette morti e due feriti gravi, tutti lavoratori cinesi che dormivano su un soppalco abusivo), il "caso Prato" approda a Roma con un risalto mai visto prima. È il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a scrivere al presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, per sollecitare «un insieme di interventi concertati a livello nazionale, regionale e locale» per far emergere «da una condizione di insostenibile illegalità e sfruttamento realtà produttive e occupazioni che possono contribuire allo sviluppo economico e italiano». Napolitano precisa che i necessari interventi sulle aziende cinesi – che, in meno di vent’anni, hanno dato vita a Prato a un distretto etnico dell’abbigliamento low cost da due miliardi di euro, fondato sull’illegalità economica e lavorativa (50% di sommerso), e sostanzialmente parallelo allo storico distretto tessile – dovranno avvenire «senza porle irrimediabilmente in crisi».
Il presidente della Repubblica esprime poi la partecipazione al lutto della comunità cinese, cosa che ieri hanno fatto le istituzioni e le categorie economiche e sociali a tutti i livelli, e pone l’accento sulla «violazione delle leggi italiane e dei diritti fondamentali dei lavoratori».
Ed è proprio la violazione dei diritti umani nella "civile" Toscana solitamente votata alla tutela del territorio, del paesaggio e del buon vivere – e l’incapacità di arginarla – che è finita al centro dell’attenzione internazionale. Il presidente Rossi – che proprio il 30 novembre, in occasione della Festa della Toscana, aveva parlato di «una regione sempre presente e pronta a dare una mano agli ultimi» – ieri ha allargato le braccia. E ha parlato di «emergenza umanitaria» in una «enclave fuori legge», chiamando in causa il Governo cinese, da sempre restìo a collaborare, e quello italiano, in vista di una lettera che scriverà al premier Enrico Letta per sollecitare interventi legislativi.
Nel frattempo la Procura ha aperto un’inchiesta con le ipotesi di reato di omicidio colposo plurimo e incendio colposo, omissione di norme di sicurezza e sfruttamento di mano d’opera clandestina. Le difficoltà dell’indagine sono anche legate al fatto che al momento non si sa con certezza chi siano il titolare e il gestore. Spesso le aziende risultano in mano a prestanome. Dalla procura, però, si fa sapere che forse già oggi potrebbero essere indagate due o tre persone, i reali gestori della ditta.
Prato si divide tra chi cerca di usare il momento di grande rilievo mediatico per colpire il sistema organizzato di illegalità cinese, e chi si preoccupa della tutela delle imprese sane, italiane e cinesi, e dell’immagine del territorio. Domani sarà il giorno del lutto cittadino indetto, per la prima volta nella storia della città, sal sindaco Roberto Cenni insieme con una seduta straordinaria del Consiglio comunale. Le bandiere saranno a mezz’asta in tutti gli edifici pubblici, la campana civica di Palazzo Pretorio suonerà a lutto all’inizio del consiglio straordinario e alle 12 nelle scuole e negli uffici pubblici sarà osservato un minuto di silenzio. Il Comune invita i commercianti e i cittadini a esporre su negozi e abitazioni dei drappi neri.
Il sindaco, il primo di centrodestra nella storia di Prato, ha poi ricordato i numeri dei controlli alle aziende cinesi eseguiti dalla polizia durante il suo mandato, che scadrà in primavera: 1.200 aziende controllate, più di 600 immobili sequestrati, 26mila macchine per cucire sequestrate per un totale di 1,5 milioni di euro incassati nei casi di dissequestro (contro i 220mila euro dei 20 anni precedenti), più di 1.600 sanzioni amministrative per violazioni di vario tipo all’interno dei capannoni. Dall’ambasciata cinese è arrivato il dolore per le vittime e i feriti dell’incendio, ma non l’atteso impegno a debellare l’illegalità: «Collaboreremo con la parte italiana per aiutare la popolazione cinese all’estero – afferma un comunicato dell’ambasciata – ad accrescere il senso di prevenzione per garantire la sicurezza personale e negli edifici e costruire insieme ambienti abitativi sani». E il presidente di Confindustria Toscana, Pierfrancesco Pacini, ha ricordato la concorrenza sleale «contro cui da sempre ci battiamo» fatta dalle aziende cinesi, invitando a garantire «quelle condizioni di legalità e sicurezza che restituiscano il giusto valore alla vita e al lavoro».