Raffaela Carretta, Io Donna 30/11/2013, 30 novembre 2013
MICHELA CESCON: “BASTA CON GLI AMORI DRAMMATICI: ORA MI SPOSO”
Ci sono Angelica, Violetta e Giovanni, sorridenti. Poi c’è un paesaggio lunare, indefinibile. «Scatto poche foto e - tranne quelle dei miei figli - le cancello dopo tre giorni. Ma quei posti lungo il Po me li porto ancora dentro». Michela Cescon “sfoglia” sul telefonino le immagini del set di Racconti d’amore, primo film di finzione di Elisabetta Sgarbi. Abituata a impersonare donne forti (da Licia Pinelli in Romanzo di una strage a Nilde Iotti nel monologo Leonilde), stavolta non fa eccezione: è una partigiana che si innamora di un compagno (Andrea Renzi). «Mi sono buttata in quella nebbia totalmente. In genere vado sul set, ci sto dentro, torno e stacco subito».
Stacca subito? Ma se è diventata famosa con un ruolo che l ’ha segnata a lungo... Per Primo amore dimagrì 15 chili.
16. Da principio ne pesavo 59, sei settimane dopo 43. Era un film giusto per me in quel periodo, nel 2004, e ho accettato la sfida di Matteo Garrone. Oggi lo avvertirei: ok, perdo un po’ di peso, il resto lo affidiamo al trucco! Quando diventi mamma la quotidianità prende forza e il lavoro diventa Mestiere, benché con la M maiuscola. Sceglievo parti che disturbassero, in cui il corpo fosse segnato dal percorso artistico, adesso mi piace altro. Motivo della svolta? L’incontro col padre dei miei figli (il giornalista Stefano Barigelli, ndr). Era da poco uscito Primo amore, arrivavano proposte importanti, Toni Servillo mi aveva appena accolto nella sua famiglia artistica... Ho scelto l’amore. Dopo quattro mesi sono rimasta incinta, ho avuto tre figli in quattro anni e mezzo. Le gravidanze mi hanno rimesso a posto fisicamente, avevo faticato ad abbandonare quella magrezza.
Qualche rimpianto, per caso?
No. Fra l’altro, essere stanziale ha contribuito ad aprirmi la strada della produzione. Nel 2009 ho fondato la Zachar, debuttando con un impegno enorme: The Coast of Utopia, eravamo in 68. Da vera guerriera che cerca le sfide. Non per dirmi brava ma...
Però è brava: investì il primo stipendio per comprare i diritti della pièce di un ’inglese sconosciuta su un gay e una lesbica che si amano. Non è da tutti.
Il mio percorso è stato voluto e sudato. Pure al cinema cerco parti diverse: in un mondo dove tutti si pompano per restare sempre uguali, accetto che in viso si leggano il mio crescere, le mie malinconie. Ho un modello, Eleonora Duse. Andava sul palco senza trucco, a 35 anni si lasciò i capelli grigi. Era avanti sui tempi, anticonformista. Passavo interi pomeriggi sulla sua tomba, ad Asolo. Portavo un libro e stavo lì.
L’avranno trovata strana.
Non c’era mai nessuno. E comunque a essere giudicata strana ero abituata. Quando ho comunicato ai miei e ai miei 18 fratelli che avrei fatto l’attrice...
Di-ciot-to fratelli?
Sì, li chiamo così. Sono i ragazzini cresciuti con me a Treviso in una specie di comune, d’ispirazione cattolica. Lo “zoccolo duro” abita ancora lì, l’esperimento ha funzionato.
Non la approvarono, diceva.
Posso capirli. Il teatro non era parte della nostra realtà e io che improvvisamente - dopo un bruttissimo incidente in moto, il giorno dell’esame iniziale ad Architettura - mi mettevo in testa di recitare, nel curriculum solo un corsettino seguito per hobby... Mia madre pensò: “Questa è impazzita!”.
Invece che cosa era successo?
In quei mesi di immobilità inconsciamente qualcosa aveva lavorato. Se tornassi indietro, non cambierei nulla. Devo a quell’incidente - anche se ha lasciato una brutta cicatrice, anche se quando piove fa male - la “svegliata”. Mi sono trasferita a Torino per studiare al Teatro Stabile e, dopo due anni e mezzo, la ragazzina che parlava veneto ha debuttato come protagonista in uno spettacolo di Luca Ronconi.
Un’eccezione. Non lavora mai con i mostri sacri.
Rifiuto le cose che non mi interessano. Dopo Ronconi mi sono messa a lavorare con Valter Malosti, con cui ho avuto una storia d’amore: per otto anni ci siamo autoprodotti.
Il teatro come missione?
Il palcoscenico in effetti (ride) ha parecchio di religioso: c’è il rituale, c’è una liturgia. Sin da piccola sentivo che nella vita mi sarei buttata su qualcosa di totalizzante, però credevo di tipo spirituale. Mi avevano colpito molto comunità come i Piccoli Fratelli di Spello... Ho affrontato la scena con lo stesso atteggiamento. Per fortuna ora il senso di “missione” si è addolcito.
Dove la spingerà, prossimamente?
A giugno tornerò in palcoscenico. E nel frattempo magari mi sposo.
E lo dice così?
È da un po’ che rimandiamo. Ma ci tengo tantissimo. È più pratico, con tre figli. E soprattutto divertente.