D Repubblica 30/11/2013, 30 novembre 2013
SEGRETARI
& SEGRETI –
A volte coordinare un’agenda può dare un potere immenso. Se gli appuntamenti, le priorità, i consigli e i promemoria discreti sono destinati a quattro personalità che di fatto, reggono il mondo: il Presidente Usa Barack Obama, il Presidente russo Vladimir Putin, la Cancelliera tedesca (o d’Europa) Angela Merkel, Papa Francesco. Ecco chi sono i più vicini a chi decide i destini di questo decennio.
LA DONNA OMBRA VENUTA DA CHICAGO
È la donna ombra del Commander in Chief, la depositaria dei segreti dell’uomo più potente del mondo. Non certo segreti di Stato, ma quei piccoli dettagli nella vita (lavorativa) di ogni giorno che farebbero felici giornalisti, biografi e gossippari in cerca di notizie della Casa Bianca. Anita Decker Breckenridge dal giugno 2011 è il personal aide di Barack Obama (in tempi meno politicamente corretti si sarebbe detto semplicemente segretaria), la donna che, dal suo tavolo nell’anticamera dello Studio Ovale, regola incontri, colloqui e telefonate del presidente degli Usa. Ha seguito Obama fin dall’estate del 2004, quando l’allora sconosciuto senatore dell’Illinois la chiamò al suo fianco. Erano passati pochi giorni dal “Key Note” pronunciato alla Convention democratica di Boston, il discorso che fu il primo e decisivo passo di Obama verso la Casa Bianca.
Di lei il pubblico non conosce quasi nulla. Tanto è loquace e alla mano con uomini e donne dello staff del presidente, tanto è schiva e riservata con i giornalisti. In tre anni ha parlato con il contagocce, la frase piú lunga gliela ha strappata il New York Times: «Lealtà e fiducia sono sopra ogni cosa. Obama è un uomo che ha sempre dato valore alle amicizie di vecchia data». L’unico momento di celebrità lo ha avuto quando i media hanno rivelato (e la destra ha cavalcato il piccolo “scandalo”) che nel 2011 aveva pagato in tasse «un po’ di più» del suo capo-presidente. 34 anni, pagina su Facebook (dove non rivela niente), fa parte del circolo esclusivo di “chicagoans” che circondano il presidente. Da Kenilworth, il paesotto (15 chilometri a nord di Chicago) dove è cresciuta, ne ha fatta di strada. Laureata in Scienze Politiche all’University of Arizona, con la politica ha avuto a che fare fin dalla High School (era stagista del potente senatore Dick Durbin). Ora a Washington la chiamano scherzosamente la Gatekeeper (portinaia) del presidente. Nessun pettegolezzo sulla sua vita privata. Quando ha sposato (nel 2010) Russell Breckenridge in Wisconsin, l’unica rivelazione del giornale locale fu che il vestito da sposa era di Oscar de la Renta.
Alberto Flores D’Arcais
LA SQUADRA SPECIALE
Non cercate il segretario di Putin. Non esiste. Non c’è una sola persona che conosca esattamente tutti i suoi spostamenti o le sue incursioni nella vita privata. Sulla linea della tradizione di Stalin, Krusciov, Breznev, nessuno sa esattamente chi curi l’agenda del numero uno del Cremlino. Tutto quanto è affidato a uno staff dell’Fsb, i servizi segreti eredi del famigerato Kgb di cui Vladimir Putin fece parte in gioventù. Una squadra che cambia spesso per una voluta turnazione che non lasci trapelare niente che non si sia deciso prima di rendere pubblico. C’è chi si occupa di programmare i suoi spostamenti in elicottero ma non sa quasi mai dove e perché. Lo stesso vale per autisti, piloti, cuochi, fotografi ufficiali, cerimonieri, incaricati con breve anticipo da anonimi e sempre diversi centralinisti dell’Ufficio di Presidenza. Il più longevo dei collaboratori rimane Dmitrj Peskhov che lo segue da anni con l’incarico ufficiale di segretario per i rapporti con la stampa. Ha 46 anni, parla un perfetto inglese oltre al turco e al tedesco. Fa da portavoce ma anche da accompagnatore e, dicono, pure da consigliere politico. È certamente il più informato sugli spostamenti ufficiali e sugli appuntamenti fissi come l’allenamento quotidiano di judo o le partitelle settimanale di hockey su ghiaccio. Stando a contatto continuo con il leader conosce bene anche tutti quelli che gli girano attorno e pare avesse un buon rapporto di amicizia con la moglie e con le figlie di Putin, almeno prima del divorzio. Qualche volta, la domenica mattina, lo segue nelle sue apparizioni in qualche chiesa di campagna per farsi inquadrare assorto in preghiera da una troupe della tv di Stato, avvertita per tempo. Ma ogni cosa sembra, o deve sembrare, assolutamente estemporanea, decisa all’ultimo momento da un leader che è sempre troppo occupato dalle emergenze e dagli imprevedibili sviluppi della cura dello Stato, per permettersi il lusso di programmarsi la giornata. Se provate a chiedere il perché, la risposta è : «È tutto vero, decide da solo ogni cosa. E poi, ai russi piace così».
Nicola Lombardozzi
DA BENEDETTO A FRANCESCO
Non è semplice passare da un Pontefice all’altro. Nemmeno per l’assistente del Papa, il custode di tutti (o quasi) i segreti vaticani. Eppure, le dimissioni di Benedetto XVI, tra i loro molti effetti dirompenti hanno prodotto anche questa novità. E monsignor Alfred Xuereb, fino a quel momento inquadrato come secondo segretario di Joseph Ratzinger, quasi all’improvviso si è trovato a gestire in prima persona il nuovo vescovo di Roma, vista anche la promozione a prefetto della Casa Pontificia di monsignor Gänswein, padre Georg, lo storico segretario particolare del Pontefice tedesco. Don Alfred, come lo chiamano in Vaticano, può forse non avere lo stesso glamour e la stessa prestanza del suo predecessore. Ma Papa Francesco sta mostrando di apprezzare l’affidabilità del suo collaboratore, sia nelle questioni di semplice segreteria che nelle più impegnative funzioni di raccordo fra impegni pastorali e istituzionali. Xuereb, 55 anni, maltese di Gozo, compiuti studi di filosofia e teologia, è sacerdote dal 1984. Cinque anni dopo, conseguito presso la Pontificia facoltà teologica Teresianum il dottorato con una tesi legata agli insegnamenti del Concilio Vaticano II, e svolto servizio pastorale nel suo Paese, è tornato a Roma.. Prima segretario del rettore della Pontificia Università Lateranense, poi in Segreteria di Stato, lavora dal 2000 alla Prefettura della Casa pontificia. Tre anni più tardi Giovanni Paolo II gli conferisce il titolo di prelato d’onore di Sua Santità. Diventa secondo segretario di Benedetto nel settembre 2007. La nomina a segretario particolare di Jorge Mario Bergoglio arriva a sorpresa dopo l’elezione di Francesco. Cosa dice don Alfred del Papa che sta incantando fedeli e non credenti? «Lo sto amando come può amarlo un figlio. Non conoscevo Benedetto e lo ho amato come un padre, più di un padre. Non conoscevo Papa Francesco e lo sto amando come un figlio». L’uomo che ha fatto da segretario a due Papi non ama parlare troppo del suo lavoro. Ma c’è una qualche continuità fra gli ultimi due Pontificati? «Non limiterei il nesso solo a questi due ultimi Papi», è la risposta del prelato maltese. «È una continuità che c’è da sempre. Una Storia, perché, appunto, fatta di Pontificati diversi ma connessi l’un l’altro».
Marco Ansaldo
A GUARDIA DELLA CANCELLIERA
Al volante di una Volkswagen Golf nera, arriva silenziosa ogni mattina poco prima delle 8 al portone con protezioni antiterrorismo, saluta con un cenno della mano gli agenti di guardia, parcheggia e vola con l’ascensore al 7°piano, nel suo ufficio accanto a quello della “Chefin” Angela Merkel. Classe 1963, nata a Osnabrueck in Bassa Sassonia, dottorati di letteratura tedesca a Muenster e inglese a Cambrige, Beate Baumann è da oltre vent’anni la ‘Buerochefin’ della donna più potente d’Europa. Consigliera, non segretaria. Del suo privato si sa poco o nulla, ma certo è che Beate è al fianco di “Angie’” dal lontano ’92, quando l’allora giovanissima leader Cdu dell’est fu cooptata da Helmut Kohl nel governo federale, prima come ministro per la condizione femminile, poi da titolare dell’ambiente. Da allora, la signora Baumann, che il quotidiano liberalconservatore Die Welt definisce «il potente fantasma al fianco di Merkel», non ha mai cambiato incarico. Ha seguito “Angie” nel vertice del partito, poi nel gruppo parlamentare. Soprattutto, fu con lei nel giorno decisivo del 2000 in cui, mentre la Cdu era prostrata dallo scandalo dei fondi neri del padre della riunificazione Helmut Kohl, lei con un articolo sulla Frankfurter Allgemeine si decise a tradire il padrino o padre-padrone. Da allora le due donne sono inseparabili. E dal 2005, quando Merkel divenne cancelliera, Beate Baumann è al suo fianco nella “lavatrice”, come gli ironici berlinesi chiamano il bianco edificio della cancelleria a un passo dalla Porta di Brandeburgo): in ogni riunione di governo, vertice europeo o con Obama, con Putin o col presidente cinese. Non si fa mai intervistare, è inarrivabile per la stampa. Fonti della cancelleria raccontano che Baumann è la sola persona di cui Merkel si fidi ciecamente, e anche l’unica da cui accetta critiche e persino rimbrotti alla presenza del team di governo. La potente consigliera decide ogni sfumatura di contenuto e tono nei discorsi e nelle scelte di “Angie”. Solo una volta il duo ha mostrato un limite, di conoscenza dell’economia: quando all’inizio dell’eurocrisi e del dramma greco, la cancelliera ebbe bisogno di tempo, forse troppo, prima di scegliere la linea da adottare. Ma sbagliando s’impara, anche in due al vertice della prima potenza europea.
Andrea Tarquini