Alessandro Ferrucci, Il Fatto Quotidiano 2/12/2013, 2 dicembre 2013
ATTENTI ALL A CROSTATA FA RUGGIRE IL CONIGLIO
Roma Il piccolo segreto è chiuso dentro una crostata. Fatta in casa. Gli ascoltatori del Ruggito del Coniglio arrivano la mattina presto, alle otto, poco prima del-l’inizio della trasmissione. Non hanno sonno. Non sentono il freddo. Magari si sono alzati alle cinque, anche prima, alcuni hanno percorso chilometri e chilometri per guardare il dietro le quinte, per partecipare al programma che da diciotto anni li accompagna in auto, sui mezzi pubblici. In casa durante le pulizie. Al lavoro. Si presentano con la colazione, per tutti, bignè, marron glaces, cioccolatini, dipende dalla regione d’origine, dalle abitudini. Una donna ha una busta gigante, giallo ocra da fornaio, con dentro dei grissini. E la crostata, come in famiglia. I conduttori hanno pronto un coltello, non è una minaccia, ma durante la pausa pubblicitaria affettano, parcellizzano, prendono i tovaglioli e la servono. “Sì, lo so, è bello, ma non amo parlare di comunità come intendono all’estero, la comunity, noi siamo piuttosto una tribù”, spiega Marco Presta. Vero. Così viene ribaltato ogni antico “detto” alla base dell’esperienza più spiccia: mai guardare sotto al tappeto, mai entrare nella cucina di un ristorante, mai domandare di quali ingredienti è composto un timballo. Insomma, a volte è consigliabile accontentarsi delle apparenze. In altre occasioni il lato B può far apprezzare maggiormente l’altra faccia, può stupire, offrire delle chiavi di lettura, regalare momenti di ironia, diversa lucidità sulla realtà che ci circonda. Come avviene proprio per il Ruggito, il programma di Radio2 con picchi da un milione e oltre di radioascoltatori al giorno, trasmesso nell’orario peggiore o migliore a seconda dei risultati: il prime time, l’inizio della giornata, quando la maggior parte delle radio sono accese. Quando si deve fare la differenza, quando i duri del microfono affrontano il classico on air. A condurre, da sempre, sono Antonello Dose e Marco Presta davanti a un pubblico di 20-25 fedelissimi ascoltatori “sempre diversi. Abbiamo richieste da qui ai prossimi mesi. Tra un po’ ci chiedono la raccomandazione per saltare la lista!”, spiega Dose. Per capire quanto sia vero basta sollecitare i presenti sulla trafila: in tre hanno preso l’aereo, sono di Torino; due ragazze di Latina, qualcuno di Roma. Poi Forlì, la Toscana. Attese lunghe settimane.
Le telefonate di chi ascolta
Shhhh, silenzio, si inizia. Tema della puntata: “cosa è successo quando non hai riconosciuto una persona?”. Via alle telefonate. “Mia nonna durante un matrimonio mi chiese: ‘Ma chi è quella bella ragazza?’ È tuo nipote Simone, si è operato... ”. Risate. Stacco musicale. “Una mattina mio zio saluta in montagna due persone, le stesse ricambiano. Così le invita a pranzo a casa. Salumi, formaggi e vino. Poi quando sono andati via chiede alla moglie: ‘Ma chi sono, non lo ricordo!’”. Altre risate. Altra musica. Esattamente come le trasmissioni di un tempo, si suona dal vivo. Tastiera, batteria, basso. Chitarra acustica e voce sono affidate a Max Paiella, il celebre Minzolini-Minzo di tante serate su Rai3 ai tempi di Serena Dandini. Se Max deve interpretare un testo di padre Solomon, esce dallo studio, indossa la tunica, torna e con lo sguardo spiritato canta. Se affronta una canzone in pseudo-russo, gentile omaggio a Putin, si presenta con colbacco e cappotto e sfida la rosolia. Ma non siamo alla radio? “Sì, ma questi siparietti sono importanti per due motivi: – spiega Dose – ci consentono di immedesimarci maggiormente nella scena e creano il giusto ambiente con il pubblico presente”. Show puro. Figlio del loro passato: come è accaduto a Massimo Troisi e Lello Arena (il paragone li fa sorridere) si sono conosciuti 35 anni fa all’oratorio. Il primo palco. Poi dieci anni di recitazione, teatro sperimentale per Dose, accademia drammatica per Presta, l’incontro con Enrico Vaime, collaborazioni, scrittura e infine il microfono.
Pubblicità. “Chi ha portato la crostata?”, chiede Presta. “Io, l’ho cucinata grazie al Bimbi”. “E questi cioccolatini?” “Sono miei, comprati a Torino. “Boni! Ecco, prego, signora vuole assaggiare? Eh no, non può far vedere che sceglie, è maleducazione! Eppoi, come si diceva un tempo? Quello che tocchi mangi... ”. In alcuni casi il detto è valido anche oggi. “Battete i piedi si ricomincia” . In onda. Telefonate da casa, una, poi un’altra, un’altra ancora. I due interrogano il pubblico sulla qualunque. “Sa cosa amiamo? Conoscere, qui arrivano persone incredibili, reali spaccati della società. Non ci sono classi sociali, generazioni o credo politico. Ha visto oggi? C’era l’infermiera, l’ex manager in Russia, la ricercatrice e la casalinga. C’era la disillusa dall’amore, la donna in cerca, di amore. L’amica della disillusa. E chi chiama per proporsi come spasimante”. Riflettore su Paiella. Chiude gli occhi e diventa il sindaco di Roma Ignazio Marino: “Che famo? Bè, possiamo spianare i sette Colli e li famo diventà ciclabili”. Finta interferenza, altra trance, Marino si trasforma in Gianni Alemanno: “Sì, li ho chiamati io i gatti delle nevi, li ho accarezzati, gli ho pure dato il Whiskas”. Stacchetto. Pubblicità.
Seconda colazione. Si torna in diretta. Rullano i piedi. “La forza della radio è nella sua capacità di far sognare, di far immaginare – continua Presta – Lo vede questo oggetti qui?”. E schiaccia una carota di gomma che emette un suono simile ai giocattoli per bambini. “In televisione sarebbe ridicolo, da noi detta i tempi, una sorta di notaio”. Il notaio è la coperta di Linus per Presta, sempre con lui nelle due ore e un quarto di programma.
Un dato: se la televisione perde qualcosa in quanto a spettatori, internet non è ancora dentro tutte le abitazioni italiane, la radio al contrario regge. E alcuni giorni guadagna, con una media annua che segna un più 3,7 per cento. Secondo gli ultimi rilevamenti sono 35 milioni gli ascolti unici giornalieri, con trasmissioni cult disseminate in diverse emittenti e “share” pari a format televisivi ben più pubblicizzati, ben più costosi. “E poi è anche una grande forma di consenso, perché appunto arriva ovunque – aggiunge Dose – non è un caso se negli Stati Uniti le campagne elettorali si concludono con un discorso attraverso il più antico mezzo di comunicazione di massa”.
Una forma di comunicazione dove l’ironia, la battuta, la leggera amarezza, il paradosso vincono. Quasi tutti i maggiori successi radiofonici sono basati su questo mix, dallo Zoo di 105, a Un giorno da pecora, fino Deejay chiama Italia di Linus e Nicola Savino, dove lo stile è sì leggero, ma più vicino al talk. “Perché l’Italia è il più grande produttore mondiale di spunti comici – spiega Presta – Basta leggere i giornali, ascoltare i Tg, orecchiare il dibattito parlamentare. Siamo talmente sollecitati da poter esportare un po’ di trash, troppo materiale a disposizione”.
Tra una colazione e un’altra
Altro stacco musicale. La regia passa una telefonata, il terzo spasimante della giornata per Monica, la ragazza di Forlì single e in cerca “di un ragazzo con buone basi culturali, anche se a me mancano”. Chi interviene è perfetto: recita una poesia d’amore. Gioia collettiva. “Se accettiamo ospiti vip? Quasi mai, al massimo qualche amico, ma le ospitate le evitiamo – dicono in coro – La vedete la tv? Sono sempre le stesse persone che esprimono sempre gli stessi concetti. Oramai è diventato un lavoro per molti. Una noia mortale. Un parlarsi addosso convinti di certezze inappellabili. Per carità! Noi ci basiamo sul nostro pubblico, molto più divertente, spontaneo , vario, con i piedi per terra e meno paletti umorali. È solo grazie a loro se andiamo avanti da diciotto anni senza mai annoiarci”. Sigla finale. È il momento degli autografi, delle fotografie, delle richieste più varie, dalla vita personale a come si può fare per tornare presto in trasmissione senza seguire la trafila. Quindi una maglietta per tutti, con un bel coniglio e un rooooarrr grintosissimo stampato sopra. Si svuota lo studio, una signora torna indietro: “Scusate avete una t-shirt in più per la ragazza di mio figlio? Sapete, è timida, voleva venire anche lei, ma si è vergognata”. Sì, chieda alla ragazza fuori lo studio. “Ecco, la nuora... – sospira Presta – Noi siamo come la calvizia: ereditari. Da padre in figlio, generazioni, ed è quello che maggiormente ci emoziona”. Si spengono le luci, il gruppo inizia a lavorare per la trasmissione del-l’indomani. Non tutto può essere improvvisato, anche se siamo in famiglia. Della crostata sono rimaste sole le briciole e il coltello sporco di marmellata. Si chiude la porta. E viene alla mente una vecchia canzone di Eugenio Finardi, quando canta: Amo la radio perchè arriva dalla gente, entra nelle case e ci parla direttamente. E se una radio è libera, ma libera veramente, mi piace ancor di più perché libera la mente...