Vincenzo Imperitura, Il Tempo 2/12/2013, 2 dicembre 2013
LE SOCIETÀ DELLA REGIONE LAZIO CI COSTANO 280 MILIONI DI EURO
Enti pubblici, agenzie, consorzi: la galassia delle compartecipate riconducibili alla regione Lazio è immensa quanto contorta. Un pantano di enti che sopravvivono nonostante voragini di bilancio preoccupanti e che incide pesantemente sulle casse pubbliche delle Pisana dove, per non farsi mancare proprio nulla, non hanno neanche un’idea precisa di quanti siano gli enti (utili e meno utili) che affossano le finanze regionali. Di certo, per ora, rimangono gli oltre 280 milioni di euro che le finanze regionali si sobbarcano ogni anno solo relativamente alle spese del personale. «A tutt’oggi - scrivono infatti i pm contabili sulla relazione parifica del Rendiconto generale della Regione Lazio per l’esercizio finanziario 2012 - regna un’assoluta incertezza, anche da parte degli stessi organi regionali, sul numero e la natura degli enti che affiancano la Regione Lazio nell’assolvimento dei compiti istituzionali». Una situazione paradossale in cui a fare da padrone è la più assoluta confusione «aumentata dal proliferare delle norme che, negli anni, si sono susseguite in materia, rende difficoltoso alla stessa Amministrazione regionale individuare la natura giuridica dei vari soggetti (Enti Pubblici o Agenzie), che, peraltro, cambiano frequentemente la loro denominazione, generando ancora maggiore incertezza». Una incertezza preoccupante che si trascina da anni e che, come una delle conseguenze, ha portato errori importanti nei documenti contabili riguardo agli enti pubblici: «Che la gestione di tali entità, il cui finanziamento è a carico del bilancio regionale - scrivono ancora i magistrati contabili - non sia adeguatamente presidiata è testimoniato dallo stesso bilancio di previsione 2012 della Regione Lazio, cui sono allegati i bilanci di previsione di enti diversi da quelli allegati al bilancio consuntivo dello stesso anno». È il caso della «Irvit» (l’istituto regionale per le ville tuscolane) e del Parco di Vejo che non sono presenti nel rendiconto approvato dalla Giunta regionale nel 2013 e della Arsial (l’agenzia regionale per la mobilità nella regione Lazio) e dell’Asp (l’agenzia di sanità pubblica) che non figurano invece nel bilancio di previsione del 2012. Una babele di sigle impazzite che affossa i bilanci della Regione, tra spese per personale che, nella maggioranza dei casi, aumentano e produttività in caduta libera. A recitare la parte da protagonista in questo universo multiforme di sigle e ragioni sociali, sono le società direttamente partecipate dalla Regione (quelle cioè dove la Regione stessa è presente con quote, a volte minime altre per intero, del capitale sociale); un piccolo esercito di una ventina di società (tra spa e consorzi) che si occupano praticamente di tutto: dalla tutela dell’ambiente ai trasporti (stradali e aerei) fino al trattamento dei rifiuti e alla promozione turistica. Società che a volte contengono al loro interno altre quote di società controllate a loro volta e che finiscono con l’appesantire ulteriormente, l’elefantiaco mondo delle società riconducibili alla Pisana. Come la Lazio Ambiente, una società costituita a dicembre di due anni addietro e che si occupa «di intervenire nelle situazioni di crisi gestionale del servizio pubblico, in relazione alla gestione integrata dei rifiuti, al fine di garantire la continuità, la trasparenza e la corretta funzionalità del servizio stesso». Una società giovane, sul mercato da poco più di un anno e che è già costata alle disastrate casse pubbliche regionali, quasi 200 mila euro «pur non avendo sostenuto costi inerenti le imposte di esercizio». O ancora la Laziomar, istituita nel dicembre del 2010 «che ha come obiettivo di assicurare la continuità del servizio di trasporto marittimo di passeggeri e merci da e verso le isole di Ponza e Ventotene» e che segna un rosso di quasi 150 mila euro dovuto ad un aumento dei costi d’esercizio del 84% e ad un’impennata del costo del personale, balzato su a 5,7 milioni di euro (+62% rispetto all’esercizio precedente) nonostante in organico risultino cinque dipendenti in meno: «Sull’argomento - annotano amaramente i magistrati contabili - nessun commento è presente sulla nota integrativa del bilancio 2012». Ma la voragine più evidente è certamente costituita dalla Cotral (spacchettata in due tronconi, Cotral spa che si occupa di garantire una rete di trasporto capillare nel territorio della Regione Lazio e «Cotral Patrimonio» che cura la gestione e la valorizzazione del patrimonio infrastrutturale, mobiliare e immobiliare - strumentale e non strumentale - funzionale all’esercizio del trasporto pubblico regionale su gomma.) che, a fine 2012 ha presentato un buco di bilancio che pesa sui conti della Pisana per 25 milioni di euro. Appena un filino inferiore al debito maturato nell’esercizio precedente. Una storia strana quella della Cotral, una società spezzettata prima, moltiplicando così costi e poltrone, per poi essere riassemblata appena una manciata di anni più tardi in base a una legge regionale: «Non è dato comprendere la motivazione dell’originaria scissione parziale, che ha comportato una duplicazione di costi gestionali (sedi, organi sociali, ecc.), decisione rivista dall’Amministrazione a una distanza temporale assai breve e non motivata da una valutazione economico-finanziaria».