Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 02 Lunedì calendario

OBAMA PROMOSSO IN FINANZA, BOCCIATO IN ECONOMIA


Wall Street ha celebrato la festa del Thanksgiving da y ai massimi, ringraziando la Federal Reserve per il suo continuo sostegno ai mercati finanziari. Tutti e tre i suoi più famosi indici sono a livelli psicologicamente importanti: il Dow Jones industrial average e lo Standard Poor’s 500 sono entrambi ai massimi, rispettivamente sopra 16.000 e 1.800 punti; e il Nasdaq ha superato quota 4.000 per la prima volta da 13 anni a questa parte.
Fattori
L’economia in lenta ripresa e gli ottimi profitti delle aziende quotate sono due fattori trainanti del rialzo della Borsa americana, che dall’inizio dell’anno è risalita di oltre il 20% (+23% il Dow, +26% l’S&P500, +33% il Nasdaq). Ma a incidere di più sulle aspettative e i comportamenti degli investitori è stata la politica della Fed, la banca centrale che cinque anni fa, proprio il giorno dopo Thanksgiving, ha annunciato l’inizio del quantitative easing (QE), cioè un inedito programma di acquisto di obbligazioni sul mercato per tenere bassi i tassi di interesse. «Era stato presentato come un aiuto a Main Street, cioè ai consumatori e ai piccoli imprenditori, invece è stata una festa per Wall Street», si è sfogato sul Wall Street Journal Andrew Huszar, il responsabile dell’attuazione della prima fase del QE: 12 mesi di acquisto di bond, fra il 2009 e il 2010, per un valore totale di 1.250 miliardi di dollari. Da allora la Fed ha accumulato nelle sue casse 4 mila miliardi di titoli obbligazionari – sia basati sui mutui sia emessi dal Tesoro Usa – e continua tuttora a comprare bond per 85 miliardi al mese. Con quale impatto sull’economia reale del Paese? Minimo, sostiene Mohammed El Erian, il responsabile degli investimenti di Pimco, famosa per il fondo obbligazionario più grande al mondo, il Pimco total return: secondo i suoi calcoli il QE avrebbe fatto aumentare il prodotto interno lordo americano solo dello 0,25%.
Altri parametri mostrano come in questi cinque anni di governo Obama le condizioni di vita degli americani non siano migliorate, nonostante gli stimoli sia della Fed sia della Casa Bianca: la disoccupazione è rimasta a livelli alti per l’America, sopra il 7%; i prezzi al consumo sono saliti del 10% e il reddito reale (al netto dell’inflazione) delle famiglie è diminuito del 5%; il numero delle persone considerate in condizioni di povertà è aumentato di 6,7 milioni. Allo stesso tempo, i bassi tassi di interesse non sono serviti a rendere il credito più accessibile all’americano medio: «Wall Street si è messa in tasca gran parte dell’eccesso di liquidità», ha scritto Huszar, rivelando che già alla fine della prima fase del QE, il 31 marzo 2010, sia lui sia altri funzionari della Fed avevano suonato il campanello d’allarme e avvertito che il programma non funzionava.
Richiami caduti nel vuoto, perché da allora in poi «l’unica ossessione che sembrano avere i leader della Fed sono le aspettative dei mercati finanziari», commenta sconsolato Huszar, che ha lasciato l’incarico alla Fed per andare a Morgan Stanley prima e poi alla Rutgers business school.
Mercati
Le aspettative finanziarie non sono andate deluse: sotto Obama e la Fed del governatore Ben Bernanke Wall Street ha goduto di uno spettacolare rally. Con rendimenti quasi nulli sugli investimenti sicuri – i titoli di Stato e le altre obbligazioni di emittenti affidabili -, l’appetito per il rischio è cresciuto a dismisura, facendo salire i prezzi delle azioni a livelli «simili a una Bolla», ha detto Larry Fink, il capo di BlackRock, la società di gestione più grande al mondo con 4.100 miliardi di dollari amministrati.
La Borsa americana è ancora lontana dalle valutazioni degli Anni Novanta, quando sotto Bill Clinton (dall’inizio 1993 all’inizio 2001) era schizzata all’insù del 226% e per fare un bilancio completo del suo rapporto con l’attuale presidente bisogna aspettare la fine del 2016. Ma finora Obama si è rivelato come uno dei presidenti più favorevoli a Wall Street: dall’inizio del 2009 il Dow Jones più che raddoppiato e il Nasdaq è quasi triplicato. Il rialzo ha beneficiato sulla carta anche i milioni di lavoratori che hanno investito in azioni i loro risparmi pensionistici, ma bisogna tener conto che molti hanno attinto ai loro fondi previdenziali per superare i momenti di difficoltà economica (nel solo 2010 uno su quattro ha liquidato una parte dei risparmi investiti). Inoltre dai precedenti massimi del 2000 a oggi i risultati di Wall Street sono negativi se si tiene conto dell’inflazione. Il New York Times ha calcolato che dal 24 marzo 2000 allo scorso 18 novembre la performance reale dell’S&P500 è stata negativa del 14%. Il Nasdaq, poi, è ancora di 1.000 punti sotto il suo massimo del 10 marzo 2000. Anche oggi è trascinato all’insù dall’exploit di aziende piccole con un seguito di fan euforici: dall’inizio dell’anno sono cresciute del 256% le azioni del produttore di automobili elettriche di lusso Tesla, del 284% quelle del distributore online di film Netflix.
Resta in sospeso la solita domanda: quando finirà la festa?