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 2013  dicembre 02 Lunedì calendario

I DIRITTI DEGLI AUTORI E L’ILLEGALITÀ


Gentile Direttore,
prendo spunto dalle polemiche strumentali (ma desidero anche ringraziare chi mi ha fatto pervenire, a titolo personale, messaggi di condivisione e di sostegno) che hanno suscitato le mie dichiarazioni sul Teatro Valle (questione minore, di cui non mi voglio più occupare perché il rischio è quello di qualificare i miei interlocutori, o peggio far loro una gratuita promozione che non meritano) per provare ad aprire un serio, sereno dibattito sulla tutela dei diritti degli autori e più in generale sulla tutela dell’industria culturale del nostro Paese. L’industria culturale è una delle pochissime industrie realmente italiane del nostro Paese; chi crea e produce contenuti dà, direttamente o indirettamente, lavoro ad oltre 1,5 milioni di persone e rappresenta il 5% del Pil nazionale. Eppure i diritti di chi crea opere dell’ingegno e di chi investe nella loro produzione sono aggrediti e calpestati quotidianamente, a volte nella generale indifferenza. Le grandi e miliardarie lobby multinazionali degli Isp (Internet Service Provider), anziché tutelare i produttori di contenuti, si arricchiscono con la pubblicità dei siti pirata, non pagano le tasse nel nostro Paese, non producono lavoro e conducono, paradossalmente sostenute da Confindustria Digitale, campagne informative di stampo populistico contro l’«equo» compenso per copia privata, rappresentato come una tassa e non come un compenso (che nel nostro Paese, è molto inferiore alla Francia e alla Germania) dovuto ai creatori delle opere dell’ingegno e non considerando che senza quelle opere i loro sofisticati strumenti tecnologici sarebbero dei pezzi di latta senza un’anima. Molti rappresentanti delle istituzioni si ricordano solo della libertà degli utenti (che non sarebbe minimamente intaccata) ma non di tutelare i nostri diritti e la nostra libertà creativa. Tra alcuni anni, se non si pone rimedio, assisteremo ad un nuovo mecenatismo fatto da questi «Signori» e solo chi sarà nelle loro grazie potrà lavorare e creare contenuti che spesso non saranno frutto di libertà di pensiero ma dovranno essere necessariamente al servizio delle loro politiche commerciali. Chi conosce la mia storia personale sa che ho riflettuto molto prima di accettare l’onere e l’onore di presiedere la Società Italiana degli Autori e degli Editori. Da questo incarico ho tutto da perdere e nulla da guadagnare sia per età anagrafica sia perché ho avuto la fortuna di fare una carriera che mi ha portato fama e, non voglio nasconderlo (perché pago le tasse), anche agiatezza economica. Ho accettato di fare il presidente della Siae perché credo che alla mia età, e avendo avuto la mia fortuna professionale, si abbia il dovere di restituire qualcosa agli altri; mi riferisco soprattutto ai miei colleghi meno fortunati e a quelli più giovani a cui vorrei trasferire la necessità di fare questo lavoro non per raggiungere la fama e il danaro ma perché si senta che quello è lo scopo della propria vita. Se si lavora con passione spesso arrivano anche la fama e il danaro che non possono e non devono essere tuttavia lo scopo primario che deve guidare un autore ed un artista in generale. Anche noi siamo dei lavoratori, ma soprattutto siamo lavoratori che non riescono a far sentire forte e chiara la loro voce, che non possono e non vogliono più essere figli di un dio minore. Vogliamo, possiamo e dobbiamo reagire e combattere per cambiare regole e acquisire un giusta dignità. Noi, evidentemente siamo contro l’illegalità, e riteniamo giusto in un Paese civile rispettare le regole anche se non ci piacciono ma siamo pronti a lottare per cambiarle e questa è quella che consideriamo un’azione civile. La nostra, caro Direttore, è una battaglia di dignità, di civiltà e di libertà, battaglia non più rinviabile.


Gino Paoli
presidente Siae