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 2013  dicembre 02 Lunedì calendario

DEBBIE , LA STELLA INTRAMONTABILE «QUANDO LIZ MI RUBÒ IL MARITO»


LOS ANGELES — I capelli, biondi e cotonati, sono quelli di sempre, di quando Debbie Reynolds danzava con Gene Kelly in Cantando sotto la pioggia (1952) e faceva coppia con Fred Astaire in Tre piccole parole (1950), interpretando a catena commedie brillanti e musical, che hanno scritto molte pagine della storia di Hollywood.
Debbie, una delle «fidanzatine» (è nata nel 1932) più amate dal pubblico americano, lavora ancora a pieno ritmo e dichiara, spiritosa: «Credo di essere stata la sola a recitare sia con Gene, un attore dalle infinite risorse, sia con Fred, che resta la quintessenza dell’eleganza maschile».
Lei ha avuto davvero molto dalla vita e dalla carriera…
«Non demordo. Per questo, con humour, ho intitolato il mio secondo libro di ricordi e incontri Unsinkable! , Inaffondabile!».
Interpreta la madre di Liberace/Michael Douglas in «Dietro i candelabri». Douglas ha detto che le hanno scritto donne di ogni età per il suo ruolo di madre dell’artista gay Liberace.
«Verissimo e ho risposto a molte dicendo che la parola “gay”, di per se stessa discriminante, dovrebbe essere cancellata dal mondo e che i figli si accettano e si aiutano. La sessualità è un fatto privato e Liberace soffrì molto per i suoi segreti».
Lei lo conosceva bene. Chi era Liberace, al di là del sorriso e delle giacche di lustrini?
«Sono stata una delle sue migliori amiche, ne conoscevo fragilità e creatività, debolezze e solitudini, e per questo il film di Soderbergh ha avuto per me tante valenze e mi ha riportata agli anni in cui lui recitava al Las Vegas Hilton, io al Desert Inn, e il pubblico passava dal mio al suo teatro. “Libe” mi manca, come tanti amici di un tempo, Frank Sinatra, Sammy Davis jr, Clark Gable, Ava Gardner».
Conobbe anche Frances, la madre di Liberace?
«Frances aveva origini polacche, non perse mai il suo accento, accettò le scelte del figlio e posso assicurare che ai miei tempi l’omosessualità era un segreto a Hollywood. I tempi sono mutati, ma, al di là delle pubbliche battaglie dei gay per i loro diritti, anche oggi si nascondono tante cose per timore di perdere ruoli e immagine».
Era giovanissima quando dal Texas arrivò a Los Angeles e la Mgm la mise sotto contratto nella Golden Age di Hollywood…
«Il glorioso studio del leone ruggente poi mi regalò il film Voglio essere amata in un letto d’ottone da un musical di Broadway, che narrava la storia a passo di danza e musica di una sopravvissuta al naufragio del Titanic e ottenne sei nomination agli Oscar, una anche per me. Senza Hollywood tutti avremmo sognato e continueremmo a sognare di meno».
I suoi figli, Carrie Fisher e il produttore Todd Fisher, hanno seguito le sue orme, entrando nel mondo dello spettacolo…
«Carrie è una donna molto intelligente e di lei sono orgogliosa come di Todd, che si occupa anche del mio museo di memorabilia. Ho l’animo della collezionista: il mio museo è il mio gioiello senza prezzo, 5000 costumi di scena vintage, anche quello di velluto indossato da Greta Garbo in Anna Karenina, il cappello e le parrucche di Harpo Marx, la giacca da matador di Rodolfo Valentino. Lettere, cappelli, pizzi e merletti e arredi della Golden Age di Hollywood».
Hollywood non l’ha mai lasciata, Eddie Fisher invece l’abbandonò per Liz Taylor, una delle sue migliori amiche.
«Come resistere a quella che tutti consideravamo “la donna più bella del mondo”? Quando le passioni e i dolori si erano spenti, Liz ed io ci prendemmo il gusto di dileggiare in un film quelli che erano stati i nostri uomini. Una mia regola di donna e attrice? “The show always goes on”: me l’hanno insegnata Stanley Donen, Bob Fosse e il grande George Cukor, senza dimenticare la tv che tante soddisfazioni mi ha dato con serial e sit-com, tipo Will & Grace ».
Cosa pensa quando si rivede in tv con le scollature a forma di cuore seduta sul cofano di una macchina mentre Glenn Ford la bacia in «Cominciò con un bacio»?
«Quell’automobile fu usata nel 1960 per una serie tv e poi per il primo film su Batman, io sono ancora qui e mi piace essere definita dai miei nipoti e dal pubblico: “la nostra nonna showgirl”».