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 2013  dicembre 02 Lunedì calendario

PERCHE’ IL DIAVOLO TORNA A FAR PAURA


ROMA Nell’attesa c’è chi sgrana il rosario. Chi, in ginocchio, tiene le mani sul viso dialogando in solitudine con Dio. E chi, invece, parla sottovoce col vicino: «Gesù, Gesù...», sussurra ogni tanto. Se le due file di panche di legno duro al lato sinistro dell’altare potessero parlare, chissà quali segreti svelerebbero. Quanti dolori saprebbero raccontare. Nell’“ospedale da campo” che è la Chiesa di papa Francesco, la parrocchia della Traspontina in via della Conciliazione a Roma, a un passo dal Vaticano, sembra esserne il pronto soccorso. Ogni mattina cinquanta, sessanta persone attendono il proprio turno sedute compostamente. Hanno ferite spirituali che – ne sono convinte – soltanto padre Vincenzo può curare. «In verità non sono io la medicina – spiega Vincenzo Taraborelli, 76 anni, prete carmelitano – è Cristo il guaritore. Io sono solo un sacerdote, a cui il cardinale Camillo Ruini affidò anni fa il ministero di esorcista». Come padre Vincenzo ce ne sono altri. Un numero in discreta ma costante ascesa. Da non molto la diocesi di Milano ha nominato sette nuovi esorcisti, uno per ogni settore. E in curia è stato creato un centralino dedicato. Nel 2010 toccò alla diocesi di Napoli nominarne tre nuovi. Mentre, appena la scorsa estate, è stato il cardinale Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, a sceglierne otto nuovi fra il proprio clero «al fine di soddisfare le numerose richieste ricevute perché si dia maggiore attenzione alle presunte azioni demoniache». Ci sono casi «che vanno oltre gli psichiatri, che appaiono impotenti, e che suppongono una perturbazione nella vita delle persone», ha detto il cardinale. E ancora: «Questi casi si verificano e succedono con una frequenza appariscente».
E così in altre diocesi. Per esempio a Cagliari dove, secondo quanto ha scritto recentemente L’Unione sarda, tre sacerdoti sono stati mandati a scuola di esorcismo a Roma: perché in città, ha scritto il quotidiano, è in aumento il numero delle persone possedute dal demonio. Un “mestiere” antico, quello dell’esorcista, caduto nel dimenticatoio nei secoli bui della caccia alle streghe quando i posseduti, o presunti tali, venivano messi al rogo, ma tornato in voga negli ultimi decenni. «Le possessioni diaboliche sono in aumento per colpa del ricorso frequente all’occultismo», ha detto recentemente il presidente dell’Associazione internazionale esorcisti, padre Francesco Bamonte. E ancora: «A oggi gli esorcisti nelle diocesi sono ancora pochi, e quelli che ci sono non sempre riescono a smaltire l’enorme richiesta di aiuto».
Nella sagrestia della Traspontina, un piccolo quadro appeso al muro e firmato dal cardinale Ruini spiega che il mandato affidato a padre Vincenzo è nel nome di «Gesù, che ha nutrito una particolare predilezione per gli ammalati e i sofferenti, liberandoli dalle malattie dello Spirito del male che spesso li possiede». Sono, dunque, persone vessate e possedute dal diavolo a venire da lei? «Non tutte. La maggior parte è gente normale, che molto però soffre in famiglia, al lavoro, persone ferite nel campo di battaglia che è divenuta l’esistenza dei più. I preti oggi sono troppo indaffarati nei propri servizi e non hanno tempo per accogliere, ascoltare, pregare. Così queste persone vengono da me. Bussano alla mia porta chiedendo una benedizione, un aiuto per la propria sofferenza. E io, fortunatamente, non avendo altri impegni a parte il ministero di esorcista, riesco ad accogliere tutti. E così accade in tante altre diocesi. È per questo, a mio avviso, che negli ultimi anni il numero di esorcisti è aumentato». Credono che lei abbia un potere di guarigione? «Alcuni sì. Ma io vado subito al nocciolo della questione: invito a pregare, a convertirsi, facendo ben capire che gli esorcisti non hanno poteri taumaturgici. Sono preti come tutti gli altri il cui primo compito è riportare esistenze magari distrutte verso la conversione, che inizia sempre con preghiera e digiuno». Niente esorcismi stile William Blatty e il suo The exorcist, dunque? «A volte sì. Ma sono casi rari, rarissimi. Oggi l’esorcista fa molto altro: sta fermo in chiesa, in sagrestia, e qui accoglie, invita alla preghiera, benedice. E nei casi dove una patologia è evidente invita ad andare da un medico. Anche questa è carità. Facciamo ciò che, purtroppo, molti preti oggi non fanno più. Ma credo che grazie a Francesco, al suo esempio, — ogni mercoledì trascorre ore ad accogliere i fedeli quasi uno a uno durante le udienze generali — molti sacerdoti capiranno che debbono cambiare rotta, passare dai mille servizi alla semplice accoglienza».
La Chiesa non sempre ama parlare degli esorcismi. Vede in giro una curiosità morbosa sul tema, e insieme il rischio che tutto scada in taumaturgia, come se bastasse una benedizione di un prete esorcista per cambiare le carte in tavola di esistenze difficili. Eppure, nello stesso tempo, è consapevole che gli esorcisti servono. Perché a Milano, come a Napoli o a Madrid, e come un accade un po’ ovunque, un fenomeno si ripete senza sosta. È ciò che capitava già quaranta anni fa alla chiesa della Scala Santa a Roma quando lì operava l’esorcista Candido Amantini, il sacerdote passionista per il quale è stata da poco aperta la causa di beatificazione e canonizzazione: la gente accorreva a frotte. Voleva estirpare il male dalla propria vita. E all’esorcista toccava pregare, ma insieme ricordare che il male non si estirpa magicamente, bensì anzitutto con preghiera e volontà di vivere alla sequela dei comandamenti. Così oggi, in tutta Italia, gli esorcisti — circa 250— questo fanno: accolgono e abbracciano senza cedere a magia o taumaturgia.
Dopo aver costruito una carriera da Oscar su Georgetown, l’ateneo dei suoi anni universitari, William Blatty vuole salvargli l’anima. L’autore di The exorcist ha scritto a Francesco chiedendo di cacciare l’università di Washington dalla Chiesa e dall’ordine gesuita se non farà una decisa marcia indietro da posizioni «pro aborto» e dunque «non cattoliche». Ma non sembra essere nelle corde di questo Papa prestarsi a condanne simili. È ancora oggi il tempo degli esorcisti, insomma, purché si attengano, con riservatezza e serietà, ai propri compiti. Non a caso Giandomenico Mucci, gesuita, membro della redazione de La Civiltà Cattolica, esperto di cultura contemporanea e spiritualità, dice che «vanno stigmatizzate le paccottiglie di certa stampa dove si parla di interventi diabolici veri o presunti tali, perché confondono». Di quali scritti parla esattamente? «Mi riferisco alle pubblicazioni cattoliche che abbondano di racconti di possessioni diaboliche. A mio vedere, è una patologia parallela all’altra, presente spesso nelle stesse pubblicazioni, che propone racconti, chissà quanto veri, di apparizioni, miracoli, locuzioni soprannaturali. Io credo che il Nemico esiste e opera, quasi sempre occultamente e dunque più pericolosamente, nelle anime, nelle culture, nelle società umane e credo che il Signore entra in rapporto diretto, in molti modi, con eccezionali creature di ragione, come la Chiesa e la storia della mistica cristiana testimoniano e garantiscono. Penso però che l’insistenza su entrambe le patologie alimenta indebitamente il gusto o dell’orrido o del taumaturgico e rende così un pessimo servizio alla fede della Chiesa, sia perché devia l’interesse dei lettori più semplici e meno formati da ciò che è essenziale (i comandamenti, le beatitudini, al Pasqua, le virtù teologali e morali) e sia perché espone all’irrisione dei laicisti la nobile autentica dottrina della Chiesa ».
Don Gianni Sini vive della regione più magica d’Italia, la Sardegna. E spiega che non sono poche le persone, soprattutto dell’entroterra, che si affidano a maghi, satanisti, santoni. Fu il Concilio plenario sardo nel 2001 a lanciare l’allarme: «Le pratiche superstiziose più frequenti sono: il ricorso e il culto al demonio, lo spiritismo con cui si pretende di evocare i morti, la divinazione, il rivolgersi a maghi e fattucchieri per fare o far sciogliere le fatture o per ottenere fortuna, il sacrilegio, la simonia e simili». Eppure, anche per don Sini, nonostante l’emergere nell’isola di una forte diffusione di credenze e di pratiche superstiziose, padre Mucci ha ragione. Dice: «Da me vengono spesso persone che pensano con la benedizione dell’esorcista di poter risolvere i problemi della propria vita. Il figlio va male a scuola? Con una benedizione lo facciamo studiare. Vedono negli esorcisti una sorta di ultima spiaggia, alla fine chiedendo loro le medesime cose che vengono chieste ai maghi. Spesso cedendo a quello che l’etnologia definisce come feticismo, una forma di religiosità primitiva che prevede l’adorazione di feticci, ovvero di oggetti — spesso manufatti antropomorfi o zoomorfi — ritenuti dotati di poteri magici. Me li portano questi manufatti, pensando che una mia preghiera possa renderli utili, possa concedere loro dei poteri. Io ascolto, consolo, prego e soprattutto richiamo alla normalità, alla necessità di abbandonare queste pratiche taumaturgiche e iniziare una normale vita di fede. Poi, certo, su cento persone che ricevo ce n’è una che può avere bisogno di me in quanto esorcista. Ma, ripeto, sono casi rari». Per questi casi come si comporta? «Secondo il mandato che mi è stato dato dal vescovo, in un luogo appropriato, svolgo il rito dell’esorcismo, chiedendo a Dio la grazia della liberazione».