a. mala., La Stampa 2/12/2013, 2 dicembre 2013
E TRA GLI ELETTI DEL MOVIMENTO CRESCE IL FASTIDIO PER IL GURU
Gli piacciono i condottieri. Li adora. Soprattutto Gengis Khan e Napoleone. Solo che quelli stavano in prima linea. Mentre lui, Gianroberto Casaleggio, preferisce l’ombra. La seconda fila. La dissolvenza. «Ci sono». «Sparisco». «Riappaio». Convinto che la distanza accresca il carisma. Dunque il potere. La forza. Ma quanta ne ha davvero, di forza, il Guru del Movimento 5 Stelle? Esisterebbe senza l’energia contagiosa, superficiale e sgangheratamente rivoluzionaria di Beppe Grillo? E quanti sono i parlamentari che hanno smesso di guardarlo come se fosse in grado di distribuire miracoli? Sarebbe bello chiederglielo, anche adesso, qui, a Genova, mentre con un plotone di guardie del corpo che spingono come dannati e guardano in cagnesco chiunque osi avvicinarsi al suo divino capello spiovente, attraversa piazza della Vittoria come se fosse un’ispezione militare, sussurrando frasi di saluto agli attivisti che provano inutilmente ad avvicinarsi. E sarebbe bello domandargli che cosa pensi della mail inviata da un «suo» deputato ai colleghi la settimana scorsa. Una lettera nata dopo uno scontro verbale con il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio proprio sul ruolo del Guru nel Movimento. Che cosa dice la mail? Testualmente. «Ora mi è definitivamente chiaro che c’è nel nostro gruppo qualcuno che è convinto di avere un rapporto, un legame e forse anche un debito di riconoscenza, nei confronti del signor Gianroberto Casaleggio. E sta cercando di legittimare questo individuo come una sorta di leader, un saggio, quasi un padre». Con disprezzo. «Questo individuo». Lo stesso a cui Grillo porge il microfono alle cinque del pomeriggio e che nei trenta secondi dedicati alla folla (mica può perdere tempo, lui) cita Marco Aurelio - «Chi non è utile per l’alveare non lo è neanche per l’ape» - e invoca «potere per il popolo». Un dio minore, un genio del male o il Creatore di ogni cosa?
Ai piedi del palco c’è il senatore Orellana, un altro che, in compagnia di venti colleghi di Palazzo Madama, ha smesso di guardare Casaleggio con complicità. E che valuta il suo fulmineo intervento con stupore, come se quell’indecifrabile cinquantanovenne lombardo avesse azionato una minuscola leva nell’universo e in quel luogo preciso, per pochi istanti, avesse costretto la natura e il tempo a procedere a rovescio. Siamo una democrazia orizzontale o verticale? Comandi tu o noi tutti? Orellana il dubbio ce l’ha. E del resto conosce bene la mail del collega della Camera. Anche la parte in cui dice: «Sono mesi che viene infilato nei discorsi il nome di Gianroberto Casaleggio e della sua azienda. Io nella mia vita non ho mai avuto rapporti con imprenditori, potenti, lobby o massoni, e non ho mai avuto bisogno di avere rapporti o di legarmi in alcun modo con il signor Casaleggio». Massoni. Lobby. Potenti. E Casaleggio. Nella stessa durissima frase. Qual è stata la reazione del gruppo? La solita. Fastidio e indifferenza. Come avrebbe detto John Fante: «era un problema degno della massima attenzione. Lo risolsero spegnendo la luce e andandosene a letto». Favoloso. A che ora è la fine del mondo?