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 2013  dicembre 01 Domenica calendario

L’ODISSEA DI VINICIO CAPOSSELA


Vinicio Capossela, il più poetico, il più schivo e il meno commerciale tra i cantautori italiani, ha da sempre una grande passione per la Grecia. Il suo ultimo album ha come titolo Rebetiko, un genere musicale che si suona nelle taverne, e martedì 3 dicembre molti cinema italiani (la lista è su www.nexodigital.it) daranno in diretta con l’Anteo di Milano il film Indebito realizzato con Andrea Segre per raccontare con rabbia e con partecipazione la crisi greca. Una specie di prova generale – secondo Capossela – dell’attacco che la speculazione finanziaria si prepara a lanciare in tutto il mondo contro i valori "che non si comprano".
Qual è il libro della sua vita?
L’Odissea. Mi accompagna fin da piccolo, anche grazie allo sceneggiato Rai del ’69. È la storia dell’uomo, in un mondo in cui tutto era espressione della divinità e le cose avevano un ordine sicuro. Ma siccome l’Odissea la conoscono tutti, e dall’ordine siamo passati al disordine, qui voglio parlare di un autore che ha provato a scriverne il seguito in 33.333 versi, e il cui nome è Nikos Kazantzakis. Un gigante, autore anche di Zorba il greco, una trama che poi è diventata più nota per il film che per il romanzo. Un’opera nella quale la presenza della morte coesiste con la più vulcanica espressione della vita. Un libro profondamente filosofico, e insieme avvincente. Per certi versi può essere paragonato a On the road di Kerouac.
Lei si riconosce in questo personaggio vitale ma disordinato e dissipatore che è diventato una specie di emblema della Grecia?
Zorba può sembrare folkloristico, ma non lo è. È un mistico, ma anche un assetato di vita. E arriva alla più alta realizzazione dello scopo dell’esistere, che è la mancanza di scopo. Ma io mi riconosco di più in Basil, che lo guarda vivere come si guarda un fuoco d’artificio, e cerca di scriverne. Il che è già un tentativo di riportare a ordine il disordine.
In che circostanza ha letto Zorba?
La traduzione italiana è disponibile solo da poco, grazie all’editore Crocetti. Mi ha accompagnato durante le riprese di Indebito, nel 2012, e mi ha consentito di conoscere più a fondo l’anima cretese.
Dietro la sua scelta c’è anche la componente musicale della storia, che rese famoso il Sirtaki?
In effetti Zorba è un libro molto musicale. Il suo momento culminante è la danza come superamento della parola. Zorba suona il salterio, lo strumento che può essere usato solo quando si ha la disposizione dell’anima. E nelle pagine ci sono molti versi delle madinades, la poesia pastorale in forma di recitativo che è una tradizione di Creta.
Ci sono altri libri in grado di ispirare la sua musica?
Ho provato a ricavare canzoni da diversi libri. Per esempio Lord Jim di Conrad, o La ballata del vecchio marinaio di Coleridge, o Moby Dick di Melville, una specie di grande musical pieno di inni e di canzoni marinaresche. Anche dall’Odissea, che è anche una testimonianza della potenza del canto. Ulisse ottiene il ritorno perchè sa raccontare la sua storia con l’abilità di un aedo.
Che rapporto ha con i libri?
La mia casa, come la mia biblioteca, sono un arenile dove si stratificano i relitti dei viaggi e i residui della vita. I libri sono quelli che più faticano a ordinarsi. Si perdono, riaffiorano come pesci per poi di nuovo inabissarsi. Per me l’unico modo di entrare profondamente in un libro è averlo come compagno in viaggio. Trascorrerci a letto le ore, come una voluttà, un’interruzione del compatto tempo dell’Utile. È il mistero che i libri, come i sogni, sanno regalarci.