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 2013  dicembre 01 Domenica calendario

L’ADDIO DI GEMINA A PIAZZA AFFARI


Gemina ha voluto chiudere sugli scudi il suo ultimo giorno di quotazione a piazza Affari, che lascia dopo 32 anni di permanenza sul listino. Il titolo ha raggiunto i massimi, a 1,82 euro, dopo il picco di 2,04 euro lambito nel febbraio 2007 quando si stavano consumando gli ultimi atti del passaggio del controllo della holding dalle mani della famiglia Romiti e degli australiani di Macquarie a una cordata di azionisti tra cui la famiglia Benetton.
Da oggi Gemina cessa anche di esistere: la holding, che dal 2000 controlla Aeroporti di Roma, viene fusa per incorporazione in Atlantia, la società autostradale il cui controllo è concentrato in Sintonia, scatola che fa capo alla famiglia di Ponzano Veneto. Non resta più nulla di quella holding che a metà degli anni ’80 costituì il fulcro della prima scalata in piazza Affari.
Nell’estate dell’85 nessuno stava dando molto peso alla crescita senza precedenti in Borsa del titolo Bi-Invest, la cassaforte della famiglia Bonomi dove erano racchiuse, oltre a palazzi e aziende storiche, una ricca partecipazione nella Fondiaria Assicurazioni e in Gemina. Il titolo continuò a crescere fino a quando non ci fu un brusco risveglio: era in corso una scalata. Il primo take over ostile della Borsa di Milano, a cui nessuno era preparato. Fu allora che il nome della Gemina – Generale Mobiliare Interessenze Azionarie – dilagò nelle cronache benché già da un anno fosse la cassaforte di controllo della Rizzoli Editore. Nata nel 1961 come holding alimentare del gruppo Montedison, solo nel 1981 - anno del debutto in Borsa - Gemina diventò “salotto buono” della finanza con l’ingresso nel capitale di Fidis (Fiat), Mediobanca, Pirelli e la Invest dei Bonomi. Prima operazione – ben prima di quella Rizzoli – fu rilevare da Iri, Eni e la Sir finanziaria la maggioranza relativa di Foro Bonaparte, il 17,11 per cento. Cosa accadde nell’estate nel 1985? Accadde che il finanziere Francesco Micheli scalò la Bi-Invest – controllata dai Bonomi con una quota di minoranza, meno del 30% - e poi cedette il controllo alla Iniziativa Meta, braccio operativo finanziario della Montedison, guidata da Mario Schimberni.
In pratica il controllato aveva scalato uno dei controllori. Nonostante le condanne dell’establishment (e dei soci di Gemina), Schimberni tirò dritto per la sua strada, chiudendo con Carlo Bonomi un accordo che prevedeva un esborso alla famiglia di 320 miliardi e che assicurava alla Montedison il pezzo pregiato, la fetta grossa di Fondiaria. Compagnia che un anno e mezzo dopo sarà scalata contro tutti i salotti, tanto da far esclamare all’avvocato Gianni Agnelli la celebre frase: “Invest humanum, Fondiaria diabolicum”, quando già aveva fatto il suo ingresso ai piani alti della finanza Raul Gardini, il “pirata”. Nel dicembre 1985 la fine della presenza di Gemina in Foro Bonaparte, con la cessione dell’intera quota per 432 miliardi. Voltata pagina la holding allargò il suo perimetro, prima nella Cartiere Burgo. E poi nell’Intercontinentale Assicurazioni, nel Nuovo Banco Ambrosiano, e in Alleanza: quote ricedute a stretto giro. Nell’88 l’ingresso nel capitale di Fila. Nel ’97 la scissione in Hdp delle attività in bonis, come Rcs, Fila, Burgo, Comit, Credito Italiano e Generali, servirono a eclissare le perdite di Gemina, finita nel mirino della Guardia di Finanza. A seguito di quell’operazione di lì a poco Cesare Romiti divenne il socio di riferimento della holding. Nel 2000, attraverso il consorzio Leonardo, Gemina rilevò con un’Opa a debito il controllo di Adr; due anni dopo il 44,74% della società venne ceduto agli australiani di Macquarie, passaggio che porterà poi alla paralisi gestionale della società. Romiti uscì nell’estate 2007, nell’ambito dell’operazione di riacquisto della quota degli australiani da parte di Gemina. Dal 2007 i Benetton, entrati nel 2005 nel capitale di Investimenti e Infrastrutture - la ex Miotir dei Romiti - iniziarono la loro lenta scalata su Gemina-Adr.