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 2013  dicembre 01 Domenica calendario

CAPOLAVORI MAI VISTI – [SE QUELLA VOLTA STANLEY KUBRICK...]


Giusto vent’anni fa, nel corso di un’intervista faticosamente conquistata, Billy Wilder mi raccontava di avere scritto una dozzina di film «senza poi concludere niente» e di avere un film praticamente pronto per essere girato, ma di non voler dire una parola di più perché «con l’aria che tira qualcuno potrebbe copiarmelo appena mi distraggo un momento ».
Anche i tredici film “possibili” di Billy Wilder stanno nascosti da qualche parte nel cielo delle cose mai realizzate assieme al Napoleone in fuga da Sant’Elena di Chaplin, a quello di Kubrick, al felliniano Mastorna, alla Hollywood di The Other Side of the Wind di Orson Welles, al Prospero di Michael Powell, alla Megalopoli di Coppola, alla Leningrado di Sergio Leone, al clown tragico di Jerry Lewis che accompagna i bambini del lager al loro destino terribile... In altre parole anche i film mai realizzati di Billy Wilder fanno parte di quel mondo invisibile, parallelo, virtuale, dove sono nascosti i film mai girati o mai finiti — ma pensati, amati, scritti, iniziati. I film che hanno cominciato a esistere e sono stati intercettati dalla malasorte, dal disamore, da un crac economico, da un incendio, da un infarto, e che è come non fossero mai esistiti. I film completati sì, ma spariti in un incidente, incappati nelle maglie della censura — o, peggio ancora, nell’autocensura dell’autore. Insomma I film che non vedremo mai, come annuncia il titolo di un libro uscito in Gran Bretagna e Francia. Dove si mostra una volta di più, tra pellicole pensate, mai girate, bruciate, scomparse, nascoste, di che materia fragile e vulnerabile siano fatti i sogni cinematografici. Vedi Napoleone, oggetto delle ambizioni e delle ossessioni sia di Charlie Chaplin che di Stanley Kubrick. Chaplin, dopo Luci della città, immagina una storia in cui l’imperatore fugge da Sant’Elena lasciandosi alle spalle un sosia che, maledizione, muore nel momento meno opportuno — un po’ la vicenda raccontata poi, nel 2001, da Alan Taylor ne Gli abiti nuovi dell’Imperatore. E convive con l’idea di un film su Napoleone per tutti gli anni Trenta, fino a che decide di occuparsi di un dittatore presente e più pericoloso. Trent’anni dopo Kubrick, come Chaplin, si dedica a un collezionismo napoleonico ossessivo, raccoglie più di cinquecento libri sull’imperatore, riempie casse su casse di memorabilia e documenti, assolda storici, immagina scene di torrido eros imperiale, annuncia che metterà in scena le battaglie napoleoniche con un numero di figuranti pari a quanti erano i soldati di Napoleone. Poi scende a più miti consigli. Anche perché ci pensa il nuovo padrone della Mgm a bloccare il suo delirio di grandezza. Per fortuna la Warner gli offre un contratto per tre film. Kubrick comincia a lavorare all’Arancia meccanica, poi a Barry Lyndon. Avremmo avuto quei due grandi film senza la scomparsa di scena dell’Imperatore?
Se la sparizione di alcuni film immaginati e iniziati ci fa solo tirare un sospiro di sollievo (come si può pensare a un sequel di Casablanca intitolato Brazzaville, con Rick agente segreto incaricato di organizzare lo sbarco alleato nel Nord Africa e Geraldine Fitzgerald nel ruolo di Ilsa? Molto meglio una storia gay con Claude Rains), se non riusciamo a soffrire perché Robert Bresson non ha potuto realizzare la sua Genesi, se resta un generico rimpianto per il mai fatto The White Hotel, tra i film “virtuali” che ci sarebbe piaciuto vedere c’è però il tormentato e mai finito Something’s Got to Give, durante il quale si consuma la tragedia di vita di Marilyn Monroe. Ecco i drammi e le follie sul set di L’enfer, l’inferno della gelosia, il film del 1964 che Henri-Georges Clouzot, in risposta alla rampante Nouvelle Vague, vuole estremo, sperimentale, innovativo. Ma il regista de Il corvo, in profonda crisi per la morte di sua moglie, dà il peggio di sé: sveglia all’alba i tecnici e gli interpreti, Romy Schneider e Serge Reggiani, per discutere i continui cambiamenti, li costringe a giornate di sedici ore, gira a vuoto, perde tempo, fa correre il povero Reggiani fino allo svenimento — e fino a fargli abbandonare il set. Quanto a lui, la tensione accumulata si traduce in un infarto che lo colpisce mentre dirige una scena lesbica tra Romy Schneider e Dany Carrel. I finanziatori americani si ritirano. Il film non sarà mai finito — ma ne darà una versione meno torrida Claude Chabrol nel 1994.
E Welles, specialista in imprese impossibili? L’elenco dei suoi film abbozzati, non finiti, persi, bruciati, rubati, occupa alcune pagine del catalogo che gli dedica il Muenchen Filmmuseum. C’è, del 1973, l’incompiuto e mitico The Other Side of the Wind, quasi due film paralleli, dove John Huston è un regista che, attratto dal protagonista del suo film, cerca almeno di sedurne l’amante — la bellissima Oja Kodar, che di Welles sarà la compagna per gli ultimi venticinque anni della sua vita. C’è The Deep, un thriller in alto mare, che sarà poi rigirato come Calma piatta con una giovanissima Nicole Kidman più o meno nuda. Ci sono i frammenti de Il mercante di Venezia sopravvissuti al furto della macchina di Welles, e di cui si può vedere sul web il mirabile discorso di Shylock.
E che dire di Napoli-New York, appena pubblicato da Marsilio, il lungo trattamento di un film che Federico Fellini e Tullio Pinelli scrissero nell’immediato dopoguerra e sull’immediato dopoguerra, protagonisti due ragazzini che emigrano in una per loro magica New York? E di Leningrad, the 900 days, il film di Leone che doveva raccontare il tragico assedio di Leningrado?
Ma in questo catalogo del possibile, il film più disturbante, più duro, più scioccante, al punto che il suo stesso autore lo ha nascosto e “rimosso”, il film che pochissimi hanno visto, con contrastanti reazioni, è The Day the Clown Cried, diretto e interpretato da Jerry Lewis, la storia di un clown che con le sue gag rallegra e accompagna i bambini ebrei destinati alle camere a gas verso la loro fine. È successo però che, una volta finito, il film è sparito: gli autori, pentiti della loro stessa audacia, lo hanno nascosto. Fantasia oscena, come pensa qualcuno? Humour perverso? Non c’è dubbio: il film non lo vedremo mai. Lewis ne conserva un Vhs, ma non vuol neanche parlarne. Chissà, se il film fosse uscito forse lo si sarebbe presto dimenticato. Così è diventato una leggenda, un film di culto dell’orrore.