Matteo Aglio, La Stampa 1/12/2013, 1 dicembre 2013
IN MOTO PER SIC, MUORE COME LUI
Il Sic Supermoto Day avrebbe dovuto essere un fine settimana di festa, motori, rumore ed allegria. Il kartodromo Il Sagittario di Latina si è invece trasformato nel luogo della tragedia, quando nel primo pomeriggio, durante un turno di prove libere, Doriano Romboni ha perso il controllo della sua moto e scivolando si è trovato davanti alle ruote di Gianluca Vizziello, che non ha potuto evitarlo.
Max Biaggi, uno dei primi ad arrivare sul luogo dell’incidente, ha subito capito la gravità della situazione. «Non respirava, non si muoveva. È pazzesco, siamo qui per ricordare un pilota ed è successo questo incidente», le sue prime parole.
Non sono serviti i tentativi dei medici di rianimarlo in pista, neppure il volo all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina, l’operazione per ridurre l’ematoma alla testa. Romboni è morto come il pilota per cui stava correndo, Marco Simoncelli, anche lui perse la vita in Malesia, il 23 ottobre di due anni fa investito dalle moto di Rossi ed Edwards dopo una banale scivolata.
Maledizione è la prima parola che affiora alla mente, un’esclamazione mista a paura, per il peggiore degli eventi che si ripete macabramente uguale a se stesso. «La dinamica è stata simile a quella dell’incidente di Oscar McIntyre», ha ricordato Biaggi, riferendosi al diciassettenne che perse la vita a febbraio a Phillip Island, investito anche lui dopo avere perso il controllo della moto. Ad Andrea Antonelli, a Mosca lo scorso luglio, toccò la stessa sorte nella gara del mondiale Supersport. Quattro destini, accomunati dalla stessa fine. Ieri il fato ha scelto però di giocare ancora più sporco, mettendo la parola fine all’esistenza di Romboni proprio in una manifestazione dedicata a Simoncelli. La ripetizione della tragedia, in un modo così crudamente simile, ha il gusto di un’ironia macabra che nessuno vorrebbe mai assaporare.
Ne ha fatto le spese uno dei piloti più amati dal paddock, protagonista di mille battaglie negli Anni 90 contro Biaggi e Capirossi. Portacolori dell’Aprilia in 500 e poi protagonista anche in Superbike. Rambo, come veniva soprannominato, era rimasto legato alla pista come tecnico della Federazione Italiana. Nella prossima stagione sarebbe dovuto tornare nel mondiale come responsabile del Team Italia, la squadra nata per fare crescere le promesse del motociclismo italiano. «Hai saputo farmi capire come si doveva correre col cuore», gli ha scritto Marco Melandri. Giacomo Agostini, che è stato suo team manager nel 1995 in 250, lo ricorda come «una persona meravigliosa, con cui era bello condividere ogni momento, sia dentro che fuori dai circuiti. Ed era un pilota molto forte, avevamo anche vinto una gran premio insieme». La notizia lo ha lasciato senza parole: «Mi sembra incredibile che sia morto così, in una gara per ricordare Marco Simoncelli».
Col il solito entusiasmo aveva partecipato anche a quella che sarebbe stata la sua ultima gara, un’occasione per rimettersi il casco e ricordare un amico. Ne ha condiviso, purtroppo, anche il destino.