Paolo Siepi, ItaliaOggi 30/11/2013, 30 novembre 2013
PERISCOPIO
L’arte della tassazione consiste nello spennare l’oca in modo da ottenere il massimo delle penne con il minimo dello sforzo. Jean Baptiste Colbert, nel XVII secolo. The Economist.
Presidente Letta, la smetta di cercare «copertura finanziarie» (fiscali) ai provvedimenti di governo; dica piuttosto al parlamento che, se non si riducono le dimensioni dello stato, lei non ce la fa a governare e molla tutto. Piero Ostellino. Corsera.
Durante l’elezione per il capo dello stato, il presidente Berlusconi ha avuto la cortesia di chiamarmi al telefono per spiegarmi le ragioni per le quali non riteneva possibile la convergenza sul mio nome. «La maggior parte dei nostri elettori non capirebbe, perché la considerano uno dei nostri avversari più pericolosi». «La ringrazio», ho risposto, «e se volesse fare un’intervista per spiegare questo concetto anche a qualche elettore di sinistra...». Giuseppe Salvaggiulo, Il Peggiore: Ascesa e caduta di Massimo D’Alema e della sinistra italiana. Chiarelettere.
Noi, con le parole, facciamo ciò che vogliono. Alessandro Bergonzoni. il venerdì.
Non esiste il programma economico del vincitore Matteo Renzi, il quale si è affidato al guru Yoram Gutgeld per redigere un lungo elenco di luoghi comuni vagamente blairiani, temperati da una più compassionevole visione della povertà. E il non avere un programma costituisce, s’intende, una fortuna e un vantaggio per Renzi. Curzio Maltese. il venerdì.
L’Italia sta vivendo una cromoterapia a rovescio che corrisponde al tricolore della nostra bandiera. Il Nord è al verde, cioè è ormai privo di liquidità. Il Centro va in bianco, nel senso che ha esaurito la mamma dei ministeri romani. Il Sud è in profondo rosso, come i bilanci e la casse che colano a picco, l’emergenza che suona l’allarme e la benzina che sta per finire. Marcello Veneziani. Il Giornale.
Giorgio De Chirico: Arraffaello Sazio. Marcello Marchesi, Il Dottor Divago. Bompiani.
La conclusione dell’ultima lettera di Vincent Van Gogh al fratello Theo del 29 luglio 1980, è la sintesi della sua vita e la spiegazione della sua morte. «Ebbene, nel mio lavoro ci rischio la vita, e la mia ragione vi si è consumata a metà». Non termina la lettera, se la mette in tasca. In un’altra tasca mette la pistola, poi scende nei campi e si spara a un fianco, puntando verso il cuore. Nell’agonia, a chi gli chiede perché spiega gentilmente: «Mi scocciavo, e allora mi sono ucciso». Mi scocciavo. Ma nessuna lingua può tradurre bene il verbo che usò in francese: «Je m’ammerdais». Per questo si sparò in una buca di letame. Giordano Bruno Guerri. Il Giornale.
Per quanto riguarda la falsificazione di diplomi e lauree, rivolgersi a mio cognato. È in grado di riprodurre qualsiasi titolo di studio di qualsiasi ateneo del pianeta. Anche qui i dati sono discordanti: l’Onu dice che ci sono in giro poche lauree false. A noi risulta che il 95% dei diplomi di laurea appesi ai muri siano falsi. C’è anche capitato un vero laureato a Cambridge che ha voluto farsi stampare una laurea falsa uguale a quella conseguita regolarmente. Chissà perchè. Forse per averne due. Maurizio Milani, Uomini che piangono per niente. Rizzoli.
Nativo genio, affinato da buona pratica dell’arte e dalle stretture del bisogno di guadagnar tempo, di accorciare le lunghe catene dei soriti procedurali, occhio orecchio e naso, al servizio di un po’ di sale in zucca aiutato da qualche pagnottella col rosbiffe, lo avevano reso maestro nel delineare in pochi tratti, due o tre botte secche secche piene di boni risultati, i più aggrovigliati alberi genealogici del repertorio: coi più edificanti dettagli. Per quello ch’era donne, poi, e sfrutattori de donne, amore, amanti, matrimoni veri, matrimoni finti, corni e controcorni, nun c’era che lui, se po’ dì. Certi fregnoni de bigami e de poligami co tutte le sue beghe e ribeghe, co tutti li pasticci de li relativi pupi che un po’ li voleveno un po’ non li voleveno, be’ lui, in quella fanga, ce schizzava dentr’e fora come un autista de piazza. Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. Garzanti, 1957.
La donna cercava di allentare l’assedio dei due gatti lanciando il più lontano possibile le pelli di salame e gli ossi di pollo che raccoglieva in fondo al piatto prima di immergerlo nell’acqua grigia ed untuosa. Velocissimi, i due animali s’ingozzavano e tornavano a investirla, timorosi di cedere al rivale qualche prelibata occasione, Renzo e Silvia, sedute su due sgabelli, asciugavano i piatti e scommettevano, a ogni lancio, quale dei due gatti sarebbe arrivato per primo. Le possibilità era ben bilanciate perchè se Epifània era più agile a raggiungere la preda, Calamaio, vecchio ed esperto, sembrava più fornito di intuito nel piazzarsi secondo i tiri che la serva faceva a casaccio. Lavato l’ultimo piatto, Marietta impugnò la scopa e spazzò fuori con garbo inesorabile le due bestie. «Sciò, andee al voster travaj», sciò, andate al vostro lavoro. Luigi Santucci, Il Velocifero. Mandadori.1963.
In un libro ho trovato dei versi che sembravano scritti apposta per me: «Par delicatesse /j’ai perdu ma vie». Per delicatezza, cioè per troppa discrezione, per timore di abusare, di offendere o anche solo di sorprendere le persone che mi avevano concesso amicizia e condidenza, avevo sprecato la mia vita. Piero Chiara, Il cappotto di astrakan. Mondadori. 1978.
Ci sono le ragazze di paese a servizio in casa, bambinaie che spesso cambiano, come cambiano nel tempo gli occhi con cui Sergio le guarda. Angelica, la prima, è morta sotto il bombardamento e a lei, diciassettenne veneta, «serva d’una famiglia senza pane», Zincone ha dedicato queste memorie (Tempo di guerra, Rizzoli) perchè «la mia patria è l’infanzia, e tu ci sei». Il Foglio.
A diecimila chilometri da Roma si capisce la stupidità del razzismo, l’imbecillità delle nostre vite egoiste. Basta lo sguardo di un leone per annichilire le nostre presunzioni di potenza umana. E basta la stretta di mano di un zulu, tranquilla, rilassata, per ricordarci che Dio ci ha voluto uguali, a via Condotti come a Kruger Park. Enrico Vanzina, Commedia all’italiana. Newton Compton.
La dittatura si curava proprio come se fossimo l’insalatina bianca: tenendoci all’oscuro e riempiendoci di merda. Luca Scarlini, Alfabeto Poli. Einaudi.
Sulla mia tomba leggerete: «Non ci sono per nessuno». Roberto Gervaso. il Messaggero.