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 2013  novembre 30 Sabato calendario

ESPERANZA DE VIOLAR


Ieri il Fatto ha raccontato la storia del detenuto Federico Perna, 34 anni, tossicodipendente e malato, morto a Poggioreale dopo che gli avevano negato il ricovero. Una storia spaventosa quanto le foto del cadavere diffuse dai familiari, che riporta d’attualità lo scandalo Cancellieri-Ligresti: né Federico né i suoi avevano il numero di cellulare della ministra della Giustizia. Abbiamo atteso per tutto il giorno il pigolio dei garantisti a intermittenza, quelli che chiamano Amnesty International appena un politico o un banchiere viene arrestato o intercettato. Invano. Hanno altro da fare: la cosiddetta “riforma della giustizia”, che in realtà è la solita riforma dei giudici. Dicono che ora B. è fuori dal Senato, quindi “finalmente” si può farla senza il sospetto di favorirlo. Ora, a parte il fatto che B. è decaduto e non deceduto, dunque ogni intervento pro-imputati & condannati favorirebbe anche lui, sfugge la logica del ragionamento: è come ammettere che le “riforme” invocate e tentate per vent’anni da B. erano giuste, ma venivano osteggiate solo perché le proponeva lui. L’idea geniale l’ha rilanciata il saggio quirinalizio Luciano Violante, molto preoccupato – almeno quanto il suo sponsor – per lo sfilarsi di Forzitalia dal tavolo della controriforma ammazza-Costituzione, che non ha più la maggioranza dei due terzi per sottrarla al referendum popolare. Ecco dunque la captatio benevolentiae per gl’italoforzuti e il contentino agli Alfanidi per farli apparire un po’ meno traditori. Violante riesuma la porcata bicamerale contro l’“ipocrisia” dell’azione penale obbligatoria che impone ai pm di indagare su ogni notizia di reato: “i procuratori generali, coinvolto Parlamento e Csm, indichino le priorità penali da perseguire”. Il noto participio presente vorrebbe che un centinaio di anziani magistrati, d’intesa con i politici, decidano quali reati punire e quali lasciare impuniti. Indovinate un po’ quali saranno. Siccome poi qualche giornale racconta ancora le inchieste sul potere, soprattutto le telefonate dei politici con fior di delinquenti (“il tema è enorme e comporta conseguenze dirette sulla stabilità e la credibilità del potere politico”), urge bavaglio: “La separazione delle carriere andrebbe fatta tra magistrati e giornalisti”, specie “di giudiziaria”. Così la gente non saprà più nulla. Di separare le carriere dei ladri da quelle dei politici, manco a parlarne. Il vero guaio – dice il “saggio”– è che certi “magistrati sono divenuti depositari di responsabilità tipicamente politiche” perché “la politica ha delegato alla magistratura tre questioni ‘politiche’: terrorismo, mafia e corruzione”. Chissà mai di che devono occuparsi le toghe se i processi a terroristi, mafiosi, corrotti e corruttori deve farli la politica. Ma forse abbiamo capito: di rubagalline. Se no – lacrima Violante – partono “ondate moralistiche a gettone”, tipo quelle sulla Cancellieri (per un’innocente “espressione sbagliata al telefono”, povera donna). Ma anche su B., che “la sinistra ha scioccamente inseguito sul suo terreno accontentandosi della modesta identità antiberlusconiana”, ma “neanche la Resistenza fu antimussoliniana: si era antifascisti e tanto bastava”. Infatti Mussolini venne fucilato e appeso per i piedi in piazzale Loreto: ma non per antimussolinismo, semmai per simpatia.
Non bastando Violante, ecco il violantino Roberto Speranza, inopinatamente capogruppo del Pd alla Camera. Ha inventato una strada davvero ingegnosa per uscire dal berlusconismo: fare tutto quel che B. non è riuscito a fare, possibilmente per evitare che altri politici facciano la sua fine. Siamo – rivela Speranza al Corriere – “in una nuova fase”, grazie ad “Alfano e gli altri ministri”: archiviata l’èra dell’“impunità per Berlusconi”, ora privilegiano “l’interesse dell’Italia”. Deve averglielo detto Alfano, autore delle ultime tre leggi incostituzionali per l’impunità di B. (“lodo”, “legittimo impedimento”, bavaglio-intercettazioni). Quindi c’è da credergli.
“Non abbiamo paura, siamo pronti”. A fare che? A completare l’opera lasciata incompiuta da B., cioè a manomettere la custodia cautelare, la responsabilità civile dei magistrati, l’azione penale e perfino l’ergastolo. Anzitutto, trilla il fringuello, occorre una legge che “limiti l’abuso della custodia cautelare”: ma gli abusi sono già vietati (altrimenti non sarebbero abusi). Se un giudice arresta qualcuno senza i requisiti previsti dalla legge (gravi indizi di colpevolezza e pericoli di fuga, inquinamento delle prove e reiterazione del reato), dev’essere denunciato e punito. Se Speranza sa qualcosa, faccia i nomi e chiami la Cancellieri, se non trova occupato. Altrimenti taccia. Lui però gli abusi li deduce dalle statistiche: “In Italia 4 detenuti su 10 in attesa di giudizio,inGranBretagnasolo1,6”.Forsenon sa che in Gran Bretagna è in attesa di giudizio solo chi attende la prima sentenza, mentre da noi lo è anche il condannato in primo grado e in appello che attende la Cassazione. Non solo: “Tre su 4 vengono assolti, è inaccettabile”. Ma il dato è farlocco: non si riferisce agli arrestati, ma agli indagati che, alla fine della gimkana, non vengono condannati. Sul totale degli indagati, gli assolti, i prosciolti e gli archiviati (cioè gli innocenti) sono circa un terzo, un dato assolutamente fisiologico; poi ci sono i prescritti, gli indultati, i condonati e gli amnistiati (i colpevoli impuniti), che sono un altro terzo. Ma forse il garantista Speranza troverebbe più accettabile se tutti gli indagati venissero condannati, come nelle dittature, magari facendo scrivere le sentenze direttamente ai pm.
In attesa dell’epocale riforma, il nostro eroe invoca “una Corte disciplinare formata non esclusivamente da magistrati” per i processi disciplinari alle toghe: forse non sa che già oggi il Csm e la sua sezione disciplinare sono misti, fra magistrati e politici. Solo che i magistrati sono maggioranza, mentre il duo Violante-Speranza sogna una Corte dominata da politici: per intimidire i magistrati ancor meglio di oggi. Poi c’è l’ideona sull’azione penale: “Dobbiamo rendere più chiari i presupposti di intervento dei giudici (che poi sarebbero i pm, ndr): dev’essere chiaro che si agisce quando c’è una notizia di reato”. Perché, oggi le indagini da che cosa partono, se non dai reati? Chicca finale: “Voglio ricordare una mia battaglia personale: l’abolizione dell’ergastolo” A parte il fatto che di fatto l’ergastolo non esiste più, se non per i terroristi e i mafiosi irriducibili, siamo spiacenti di deluderlo, ma c’è chi in tempi non sospetti è arrivato prima di lui: Totò Riina, nel papello. C’è pure il caso che gli chieda il copyright.