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 2013  novembre 30 Sabato calendario

GERMANIA «DENUNCIATA» PER IL PEDAGGIO

XENOFOBO –

Berlino Quando, mercoledì scorso, hanno presentato alla stampa l’intesa che darà vita al prossimo governo di grande coalizione, la cancelliera An­gela Merkel ( Cdu), il leader dei socialdemocratici Sigmar Ga­briel) e il governatore cristia­nosociale della Baviera Herst Seehofer hanno dispensato sorrisi di soddisfazione a 360 gradi. Accordo trovato e pro­gramma di governo dettaglia­to in 190 pagine già distribuito ai giornalisti. Manca solo la li­sta dei ministri. Per quella biso­gner­à aspettare la seconda me­tà di dicembre, dopo il referen­dum fra i tesserati Spd chiama­ti a sancire l’alleanza con Frau Merkel.
Il programma da solo, però, basta già a procurare i primi grattacapi alla cancelliera. L’accordo prevede l’imposi­zione di un pedaggio autostra­dale (Pkw-Maut) per i cittadi­ni stranieri. È la fine cioè del mito delle autostrade teutoniche belle e gratui­te. Il Pkw-Maut non è fa­rina del sacco della naviga­ta Frau Me­rkel, tuttavia, così come ha accettato il reddito minimo per legge richiesto dall’Spd, la leader democristiana ha an­che detto sì all’alleato Seeho­fer, che del pedaggio «xenofo­bo » ha fatto un cavallo di batta­glia elettorale. Cavallo vincen­te, visto che lo scorso settem­bre la Csu in Baviera è tornata a governare da sola con il 50 per cento dei consensi.
La Germania, così attenta al benessere dei suoi concittadi­ni, non può però mostrarsi in­differente a quello dei suoi vici­ni. Il pedaggio per gli stranieri «rappresenterebbe una viola­zione delle normative dell’Ue e noi la combatteremo con for­za », ha messo in guardia la mi­nistra austriaca dei Trasporti, Doris Bures, secondo cui Vien­na è già pronta a ricorrere alla Corte di Giustizia dell’Ue. Le ha fatto eco la ministra olande­se delle Infrastrutture, Mela­nie Schultz, secondo cui il go­verno di Amsterdam chiederà alla Commissione Ue di valuta­re la compatibilità del Pkw-Maut con il Trattato di Lisbo­na. Ma Berlino ha già trovato il trucco: il pedaggio sarà pagato da tutti, ma chi paga le tasse in Germania avrà uno sconto sul bollo auto.
Anche il referendum inter­no alla Spd, al quale sono chia­mat­i a partecipare 476mila tes­serati, non manca di creare im­barazzi a Merkel. Nessuno sembra in grado di rispondere al quesito sollevato sulle pagi­ne del quotidiano economico Handelsblatt dal costituziona­lista Christoph Degenhart: per­ché i 100 o 200mila «compa­gni » che parteciperanno alla consultazione devono avere l’ultima parola su un governo appoggiato sulla carta già dall’80% dei deputati? Secon­do Degenhart il referendum è semplicemente contrario alla Costituzione, perché la Ger­mania è una Repubblica parla­mentare. La stessa domanda è stata rivolta in diretta tv al lea­der dell’Spd dalla conduttrice del telegiornale di Zdf, Mariet­ta Slomka. «È una sciocchezza che non merita una risposta», ha reagito visibilmente irrita­to Herr Gabriel: «Non è colpa mia se negli altri partiti non si pratica tanta democrazia inter­na ».
La verità è che il referendum sull’accordo di governo è una prima assoluta anche per l’Spd. Dopo la sconfitta subita a settembre (Cdu-Csu 41,5%, Spd 25,7%), i socialdemocrati­ci sembrano aver perso la bus­sola. Prima hanno dovuto dige­rire le dimissioni dello sconfit­to Peer Steinbrück; quindi si sono impegnati a fondo nel ne­goziato per la Grosse Koali­tion; poi, dieci giorni fa, hanno aperto a future alleanze con la sinistra socialcomunista (Die Linke) finora tenuta a distan­za. Infine, da tre giorni la diri­genz­a è impegnata in una cam­pagna per convincere i tessera­ti a votare «sì». Dopo aver strat­tonato il partito prima a destra e poi a sinistra, è comprensibi­le che anche il placido Sigmar Gabriel sia un po’ nervoso.