Alberto Negri, Il Sole 24 Ore 30/11/2013, 30 novembre 2013
È PARTITA IN ANTICIPO LA SFIDA TRA
SUPERPOTENZE –
Siamo di fronte a un’altra guerra fredda? Non si era ancora asciugato l’inchiostro sull’accordo di Ginevra con l’Iran che i B-52 americani sorvolavano lo spazio aereo sovrastante l’arcipelago giapponese delle isole Senkaku, come se fossero decollati non nell’era Obama ma in quella Nixon o Kennedy. Una sfida dichiarata alla decisione di Pechino che la settimana scorsa aveva proclamato questo spazio aereo una «Zona di difesa e di identificazione», ignorando del tutto la sovranità giapponese. E non è un caso che ai B-52 siano seguiti i sorvoli dei caccia nipponici e sudcoreani: la mossa di Pechino, che ieri ha fatto decollare i suoi aerei da combattimento, è ritenuta dagli alleati assai pericolosa per gli equilibri e la stabilità del Pacifico.
Gli Stati Uniti, assorbiti per un decennio dalle disastrose guerre in Iran e in Afghanistan e dalla battaglia contro la Jihad globale, non vedevano l’ora di tamponare la crisi siriana - che ha segnato il ritorno da protagonista della Russia - e avviare i negoziati sul nucleare con Teheran per congelare la situazione in Medio Oriente e riaffermare la loro autorità in Asia e nel Pacifico dove avevano lasciato il campo troppo libero al rivale cinese. Per l’effetto pendolo questo ritorno asiatico dell’America era prevedibile, soprattutto di fronte alla sfida lanciata da Pechino in un settore strategico del Mar della Cina.
L’impressione è che sia cominciato, forse prima del previsto, il campionato assoluto per il titolo di prima potenza mondiale. Una declinante superpotenza, che intendeva esportare la democrazia nel mondo, ne affronta un’altra in ascesa, travestita ancora di ideologia comunista ma in realtà espressione di un pragmatismo estremo, quasi estremista, come ha dimostrato anche l’ultimo Plenum del Comitato centrale che ha decretato la convivenza degli opposti, economia dirigista e di mercato, liberalismo ma non libertà politica. La seconda potenza economica mondiale ha davanti molti nodi da sciogliere - disuguaglianze crescente, corruzione dilagante, mancanza di giustizia sociale - ma è possibile che abbia deciso di giocarsi subito, in anticipo di un decennio, la partita da superpotenza.
L’interrogativo è se Stati Uniti e Cina entreranno in rotta di collisione ancora più aperta oppure si metteranno d’accordo con un modus vivendi accettabile per spartirsi la gestione del pianeta. Una sfida che si gioca all’incrocio strategico tra Asia e Pacifico, la più promettente ma anche la più rischiosa area di crescita e sviluppo del mondo.