Gianandrea Gaiani, Libero 30/11/2013, 30 novembre 2013
ERRORI (NOSTRI) E ABUSI (INDIANI) I 658 GIORNI D’INFERNO DEI MARÒ
Sono già 658 i giorni dell’odissea indiana per Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. Una vicenda lastricata di errori da parte italiana e soprusi da parte indiana.
12 febbraio 2012 – La nave Enrica Lexie con a bordo un team di sei fucilieri di Marina denuncia un tentato attacco pirata respinto dai militari sparando in acqua. Le autorità indiane chiedono alla nave di sostare a Kochi per identificare gli aggressori ma si tratta di una trappola. Sul peschereccio Saint Antony ci sono due pescatori morti e gli indiani accusano i marò italiani. Mentre l’India fa conoscere al mondo la «sua verità» definendo assassini gli «italian marines», Roma tace. Un primo errore di comunicazione di portata strategica che l’Italia pagherà quando cercherà il supporto internazionale sulla vicenda.
19 febbraio - La polizia del Kerala arresta Latorre e Girone sequestrando le armi in dotazione ai marò che il 5 marzo verranno trasferiti nel carcere di Trivandrum dove resteranno fino a fine maggio. Le prove contro di loro non reggono come dimostrano anche le testimonianze dei pescatori del Saint Antony, cambiate tre volte in pochi giorni. L’autopsia sui cadaveri effettuata dal professor Sasikala riferisce di proiettili che hanno le caratteristiche dei 7,62 russi utilizzati dalla guardia costiera dello Sri Lanka. La polizia del Kerala, dopo aver sparato con i fucili requisiti agli italiani, attribuisce a queste armi i decessi ma senza dimostrare di averli rinvenuti nei corpi dei due pescatori. Il professor Sasikala si rifiuterà in seguito di parlare con la stampa mentre il peschereccio, che riportava fori di proiettile sparati in linea orizzontale (non obliqua come avrebbero dovuto essere se esplosi dalle alte murate di una petroliera), viene fatto affondare e poi recuperare dal proprietario cancellando così ogni possibile rilievo. Il governo Monti continua a mantenere rapporti normali con Delhi e a partecipare a fiere ed eventi internazionali. Benché il rapporto dei due marò confermi che hanno sparato solo in acqua a prua di una barca che non era il Saint Antony,Roma paga indennizzi (definiti atti di buona volontà) alle famiglie dei due pescatori e al proprietario del peschereccio.
18 maggio – Le autorità del Kerala accusano ufficialmente Latorre e Girone di omicidio volontario. Per protesta Roma richiama temporaneamente l’ambasciato - re Giacomo Sanfelice.
30 maggio – Latorre e Girone ottengono la libertà su cauzione in attesa del processo a Kollam si trasferiscono in un albergo. In giugno l’Italia presenta ricorso alla corte Suprema di Nuova Delhi perché l’incidente è avvenuto in acque internazionali, a oltre 20 miglia dalle coste indiane. Per il diritto internazionale solo l’Italia può processare i due marò che peraltro godono come tutti i militari dell’immunità funzionale in base alla quale è il loro Stato di appartenenza responsabile delle loro azoni in servizio. L’India però si attribuisce arbitrariamente il diritto di applicare la sua giurisdizione in tutta l’area economica esclusiva che si estende fino a 200 miglia dalla costa.
22 dicembre – Latorre e Girone rientrano in Italia fino al 3 gennaio, accolti come eroi e salutati dal Presidente della Repubblica, per un permesso natalizio garantito da una cauzione di 800 mila euro. I marò vengono interrogati dalla Procura di Roma che chiede invano gli atti all’India.
18 gennaio –Dopo sette mesi di rinvii la Corte Suprema stabilisce che il tribunale del Kerala non è competente per giudicare i due marò che devono rispondere di un reato federale presso un «tribunale speciale» di Nuova Delhi. Aberrazione giuridica che Roma accetta nonostante avesse sempre sostenuto che l’unica giurisdizione sul caso è quella italiana.
11 marzo - Il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, annuncia che i marò, di nuovo in Italia in permesso elettorale, non torneranno in India. Una decisione assunta di fronte al mancato rispetto del diritto internazionale da parte dell’India che il governo Monti si rimangia dieci giorni dopo rimediando una figuraccia internazionale senza precedenti e rispedendo i marò a Delhi.
23 marzo – Staffan De Mistura rivela che in cambio del rientro in India dei marò, Delhi si è impegnata a scongiurare ogni ipotesi di pena di morte in un processo che continua a slittare dopo l’incarico alla polizia anticrimine (NIA) di concludere le indagini. Il neo premier Enrico Letta definisce la vicenda una priorità ma accetta che sia un tribunale speciale indiano a giudicare i due contando poi di riportarli in Italia in base al recente accordo di estradizione.
27 giugno - Il ministro degli Esteri, Emma Bonino, annuncia l’avvio del processo in luglio e il possibile rientro in Italia di Latorre e Girone per Natale. Ma i tempi indiani si allungano (e niente licenza: i famigliari andranno a Delhi).
Novembre – La polizia indiana interroga via videoconferenza gli altri marò del team imbarcato sulla Enrica Lexie. La NIA conclude le indagini formulando un’accusa che non esclude (riferiscono i media indiani) la pena di morte. Il governo indiano smentisce.